UNO CON LA CANOTTIERA


UNO CON LA CANOTTIERA

Uno con la canottiera – metaforica – è innanzitutto uno che in piena estate, a 35 gradi, indossa la canottiera – vera – sotto la camicia, “perché assorbe il sudore  e non mi prendo un accidente con certi spifferi”.

Una variante estrema di questa categoria  è costituita da quelli che mettono la canottiera sotto la t-shirt.

Uno con la canottiera ha il copri cellulare di finta pelle con gancio alla cintura, il pomeriggio arriva a casa e si mette in pigiama, conserva il suo vecchio cellulare e-tacs perché sono sempre quelli che funzionano meglio. Usa le mentine per profumare l’alito, il borotalco e il colluttorio.

Talvolta ha un preservativo nascosto nel portafoglio, non lo usa mai e però prima o poi la moglie lo scopre e gli fa il culo.

Uno con la canottiera dice frasi come:

pestare una cacca porta fortuna;

oggigiorno è impossibile trovare un parcheggio in centro;

oggigiorno i ragazzi non hanno interessi a parte la discoteca e i videogiochi;

io non ho niente contro gli omosessuali/gay/ i ricchioni/ i froci/ i finocchi, basta che a me li lasciano stare:

se uno è omosessuale /gay / ricchione/ frocio/ finocchio son fatti suoi ma non può mica fare il maestro;

condoglianze vivissime;

destra e sinistra sono tutti la stessa cosa, sono tutti ladri;

io lo capisco in anticipo quando cambia il tempo: mi fa male il gomito/ il ginocchio/ la caviglia/ il callo;

sbagliando si impara;

a buon rendere;

io non parlo da dietro, le cose le dico in faccia;

sbaglia chi lavora;

peggio che andar di notte;

bisogna alzarsi da tavola con un po’ di appetito;

finché c’è vita c’è speranza;

mi sembra ieri;

devo decidere a imparare internet/ andare in palestra/ mettermi a dieta/ rimettere a posto la bicicletta/ smettere di fumare eccetera  eccetera eccetera.

Ovviamente uno con la canottiera dice che non ci sono più le stagioni intermedie e che il caldo / il freddo secco non è un problema, è il caldo / il freddo umido che è insopportabile.

Le imprecazioni dell’uomo con la canottiera:

porco zio;

porca pupazza;

porca madosca;

porca troia;

 porca paletta;

perdindirindina;

non rompere le palle;

mannaggia a li pescetti;

non mi prendere per i fondelli;

vaffangagno:; vaffatica; vaffaincapo”

(Brano tratto da “Testimone inconsapevole” di Gianrico Carofiglio.

 

FRANCOBOLLO DEDICATO A BERLUSCONI?


BERLUSCONI E  GLI DEDICANO UN FRANCOBOLLO

Senza scrupoli, tutto pur  di fare soldi, anche e soprattutto la politica perché gli ha dato potere.

Ma chi era veramente? 

Personalmente non ho mai dimenticato questo episodio e fu uno dei miei primi articoli sul blog:

“Io non apprezzo Berlusconi, non lo stimo, non condivido nulla né della sua vita, né della sua politica di governo.  Nutro un disprezzo profondo verso di lui. La sua persona mi procura un disagio fisico. L’origine di tutto questo risale agli anni 1970-1980 e fu il modo con cui venne in possesso della villa “San Martino” di Arcore.

Per capire il personaggio, un breve accenno alle modalità “politiche” di fare soldi, ovvero la  parte finanziaria del grande maestro, quella che forse è comune anche ad altri imprenditori, più o meno furbi o spregiudicati.

** Fare il costruttore senza soldi, ma con i soldi della Banca Rasini di Milano, diretta da suo padre.

** Costruire case e palazzi fuori dai piani regolatori, più alti tanto che si costringe persino l’autorità preposta a deviare le vie aeree, deviate anche per valorizzare le nuove costruzioni di Segrate (Milano2).

** Usufruire di una piccola banca, quella di piazza Mercanti a Milano che diventa una fonte “miracolosa” di soldi. In relazione a questo fatto, in quegli anni, la Lega tuonò, dai suoi giornali, le famose 11 domande, che dovevano chiarire i rapporti tra Berlusconi e la mafia, sospettata, forse a ragione, di essere l’origine nascosta dei soldi misteriosi che crescevano a vista d’occhio in quella micro banca milanese. A queste domande, naturalmente Berlusconi non ha mai risposto.

** Creare un labirinto di società, intricate l’una nell’altra con a capo persone tipo casalinghe, zie e zii, cugini vari, svizzeri e svizzere di sua conoscenza, per cui qualsiasi ricostruzione sulla loro origine, di quanto valessero, dove fossero collocate, divenne problematica. Un intrigata faccenda, quelle delle società a scatole comunicanti, che neppure il Pubblico Ministero, Antonio Di Pietro, è riuscito  a ricostruire completamente, anche se ha capito benissimo che servivano a moltiplicare i soldi, in modo miracoloso. Soldi, a valanghe, della cui provenienza, nulla è dato a sapere. Mistero dei misteri.

E fin qui, si parla di soldi, il piatto dolce di Berlusconi imprenditore, che intanto, con i favoritismi,  le corruzioni e gli scambi di mazzette, fra lui, Craxi e Mammì, è diventato anche proprietario di tre reti televisive.

Ma l’episodio che, secondo me, ha svelato il vero modo di agire di questo uomo, la sua assenza di moralità, la sua spregiudicatezza e la sua cattiveria, è stato “l’acquisto” della villa San Martino di Arcore. Un acquisto che è rimasto un giallo irrisolto e soprattutto una ingiustizia feroce.

La villa di Arcore è un ex convento rinascimentale, per secoli appartenuto alla famiglia Casati Stampa Soncino. Una villa con 145 stanze, arredi antichissimi, collezioni pregiate di quadri e libri, ettari di parco pieno di fiori ed alberi molto rari.

Il marchese Casati, Camillo, il 30 agosto 1970, uccide la moglie, Anna Fallarino, sorpresa con l’amante e poi si toglie la vita.

Passata la curiosità dell’omicidio-suicidio del marchese e della moglie, il patrimonio passa alla figlia Annamaria Casati Stampa di 19 anni, minorenne. In quegli anni la maggiore età si acquistava a 21 anni.

La ragazza si trova un’eredità di due miliardi e 403 milioni, che al netto delle tasse diventano 1 miliardo e 965 milioni di lire. Annamaria decide di lasciare l’Italia e lo scandalo della morte dei suoi genitori e va a vivere in Brasile. Il 27 settembre 1972 affida i suoi beni, senza limitazioni di mandato,  ad un avvocato, di nome Bergamasco, suo ex tutore che, nel frattempo, era diventato un ministro del governo Andreotti. Tra i vice di questo avvocato diventato ministro, c’è Cesare Previti e a lui, Annamaria, nell’autunno del 1973, affida l’incarico di vendere Villa San Martino, “con espressa esclusione degli arredi, della pinacoteca, della biblioteca e delle circostanti proprietà terriere”.

L’acquirente si materializza nella persona di Silvio Berlusconi, che ha appena costruito Milano2 e vuole smettere i panni del palazzinaro per indossare quelli di “Sua Residenza” ed è in cerca di una dimora “adeguata” per rappresentare se stesso nella elite della imprenditoria.

Il mediatore di questa compra-vendita è Cesare Previti, figlio di Umberto che negli stessi anni in cui Berlusconi costruisce il suo labirinto societario, compare in quel “busillis” di Berlusconi.

Pochi mesi dopo il prezzo che Silvio Berlusconi riesce a “pattuire” con Previti per la villa San Martino è di 500 milioni di lire.  Cioè riesce a comprare una villa di quel tipo, settecentesca,  del valore di 1 miliardo e 965 milioni di lire, pagandola un quarto del valore. 

Notare che con questi soldi 500 milioni, include anche la pinacoteca, il parco, gli arredi e la biblioteca, espressamente esclusi, su richiesta della venditrice, ma lui prende tutto lo stesso, se ne frega delle volontà della venditrice. Un uomo già straricco, ruba e truffa una ragazza, complice ovviamente il fido Previti.

Gli scrittori Guarino e Ruggeri, hanno scritto un libro a tal proposito intitolato “Inchiesta del signor tv” (Editore Kaos), nel quale indagano a fondo su quella vendita, che io chiamo furto vero e proprio. Come al solito sono stati querelati da Berlusconi per diffamazione, ma nel 2000, hanno vinto la causa: nessuna diffamazione era stata scritta, solo verità supportate da centinaia di documenti.

500 milioni di lire sono nulla, per una villa settecentesca di 3500 metri quadri  con tutti gli annessi. L’acquirente ha commesso un vero e proprio “raggiro” nel confronti della ragazza, ancora sconvolta, presumo, dalla morte violenta dei suoi genitori.

Ma i raggiri nei confronti di Annamaria, non si limitano a pagare la villa e tutto il contorno un quarto di quello che vale, infatti Berlusconi, mette in atto altri raggiri.

*** Il primo raggiro: Berlusconi dilaziona il pagamento di questa cifra ridicola, fino al 1980 (l’atto di cessione è del 2 ottobre 1980), ma, quel che è peggio, Annamaria continua a pagare le tasse.

*** Il secondo raggiro si attua il 4 maggio 1979, quando nasce l’immobiliare Idra, una spa nella già affollata galassia societaria di Berlusconi, società che ancora oggi gestisce almeno 12 tra le dimore berlusconiane, tra cui Villa Certosa, Arcore e Macherio. Nel consiglio di amministrazione della società Idra siedono i Previti, padre e figlio, la società riesce ad ottenere dalle banche due superfinanziamenti sulla villa di Arcore, appena pagata solo mezzo miliardo di lire: e sono 7 miliardi di lire, subito rigirati alla Cantieri riuniti (altra società berlusconiana), più altri 680 milioni di lire.

 E’ stato compiuto un delitto perfetto, ben remunerato.

 Arcore è poi diventata quello che sappiamo: il rifugio di Berlusconi, la cabina di regia del governo, una dimora vincolata dal segreto di Stato, un mausoleo che custodisce grandi segreti.

Siamo nel 1980, l’anno del terremoto in Irpinia, della strage di Bologna, delle partite di calcio truccate e della “Milano da bere”. Si apre la stagione dell’edonismo, della crescita del debito pubblico, dell’era craxiana e della apertura, a scatola chiusa, delle televisioni private a Berlusconi, alla sua visibilità e quindi alla sua voglia di potere politico, che da oltre 15 anni sta imperando.

Comunque sia quell’episodio di furberia, di tradimento di una ragazza che meritava il suo patrimonio, e averglielo rubato letteralmente, mi ha fatto schifo, letteralmente schifo e da allora Berlusconi potrà anche vivere centinaia di anni, diventare papa, o fare tutto quello che vuole, ma per me rimarrà un uomo privo di scrupoli, privo di coscienza, con la moralità ed il  comportamento etico sotto le suole delle scarpe. Un uomo che, tra l’altro, ha messo sotto la suola delle scarpe anche la donna che è diventata una merce da comprare e da vendere, al pari delle sue società finanziarie.

E’ questa la moralità che lui dice, ora, di avere introdotto nella politica italiana? Povero Paese, Povera Italia.

Infine, nel 2008, il comune di Arcore ha concesso a Berlusconi, l’ampliamento della villa San Martino. Un intero paese al servizio di un uomo. Rinnovamenti, ampliamenti, miglioramenti, cambiamenti costosi, effettuati in una dimora “coperta da segreto di Stato” e quindi tutte spese a carico del “solito” contribuente, vale a dire: a carico nostro”.

(Fonti: “Inchiesta sul signor tv” di Guarino e Ruggieri, ed. Kaos; Quotidiani: Corriere della Sera e l’Unità)

SANTA DE CHÉ?


SANTA DE CHÉ?

Tutti i politici a cui Santanché ha chiesto di dimettersi

27 marzo 2024

La ministra del Turismo è indagata per truffa aggravata ma ha già detto che non si dimetterà, per ora. Negli anni l’esponente di Fratelli d’Italia ha invitato molti altri colleghi a dare le dimissioni

 

di Carlo Canega

In questi giorni il Partito Democratico e il Movimento 5 Stelle, tra gli altri, sono tornati a chiedere le dimissioni di Daniela Santanchè. Il 22 marzo la Procura di Milano ha comunicato alla ministra del Turismo che sono state concluse le indagini in cui Santanchè è indagata per truffa ai danni dell’Inps. Già l’anno scorso l’esponente di Fratelli d’Italia era andata in Parlamento per chiarire la sua posizione sulle presunte irregolarità commesse da alcune società a lei collegate durante la pandemia di Covid-19. Dopo la notifica della procura, Santanchè ha detto in una nota che farà «una seria e cosciente valutazione di questa vicenda» solo dopo la decisione del giudice per l’udienza preliminare (Gup), che dovrà decidere se mandare la ministra a processo.

Al di là delle valutazioni politiche sulla condotta di Santanché, e al di là del fatto che in base alla Costituzione la ministra non è considerata colpevole fino a condanna definitiva, è interessante notare che in questi anni l’esponente di Fratelli d’Italia ha chiesto a molti politici di dimettersi, anche se non indagati. Basta fare una breve ricerca sul suo profilo Twitter (ora X), o tra le interviste rilasciate ai giornali, per individuare questo tratto distintivo della comunicazione politica di Santanchè.

Da Lamorgese a Bonafede

Per esempio durante il governo Draghi, rimasto in carica dal 13 febbraio 2021 al 22 ottobre 2022, Santanchè – che all’epoca era all’opposizione – ha chiesto più volte le dimissioni di due ministri: il ministro della Salute Roberto Speranza e la ministra degli Interni Luciana Lamorgese. Le dimissioni di Speranza sono state chieste per l’uso delle mascherine a scuola, per la gestione della pandemia  per la proroga dello stato d’emergenza e per la chiusura degli impianti  sciistici. Santanchè ha chiesto a Lamorgese di dimettersi perché, a detta sua, ad agosto 2021 l’allora ministra dell’Interno aveva permesso di organizzare un rave party in provincia di Viterbo. Anche Giuseppe Conte, quando era presidente del Consiglio, è stato più volte oggetto di richieste di dimissioni da parte di Santanchè, soprattutto durante la crisi di governo di gennaio 2021, che ha poi portato alla formazione del governo Draghi.

Nel 2021 l’esponente di Fratelli d’Italia ha invitato a dimettersi l’allora vicesegretario del PD Giuseppe Provenzano, che a ottobre di quell’anno aveva scritto su Twitter che Fratelli d’Italia si poneva «fuori dall’arco democratico e repubblicano». «È Provenzano a essere fuori dall’arco costituzionale per le sue gravissime dichiarazioni. Non c’è nulla di più antidemocratico che eliminare il primo partito d’Italia. Adesso l’unica cosa che può fare è dimettersi!», aveva scritto in risposta Santanchè. A marzo 2021 l’attuale ministra del Turismo ha invitato a dimettersi l’allora presidente della Commissione parlamentare Antimafia Nicola Morra (Movimento 5 Stelle), per aver contestato l’operato di un centro vaccinale a Cosenza, dove era entrato accompagnato dalla sua scorta.

Prima ancora, Santanchè aveva chiesto le dimissioni della ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina, per l’acquisto dei banchi a rotelle, e del presidente dell’Inps Pasquale Tridico, colpevole a detta sua dei malfunzionamento del sito dell’Inps durante il lockdown e accusato di essersi «triplicato» lo stipendio. In realtà questo aumento era stato deciso dal primo governo Conte, sostenuto da Lega e Movimento 5 Stelle. Ad agosto 2020 Santanchè aveva scritto che si sarebbero dovuti dimettere anche Manlio Di Stefano (Movimento 5 Stelle), sottosegretario agli Esteri, e Carlo Borghetti (PD), vicepresidente del Consiglio regionale della Lombardia. Il primo aveva confuso in un tweet il Libano con la Libia, il secondo  aveva messo un mi piace a un post su Facebook in cui si diceva che Meloni stava diventando «calva».

Altri ex ministri oggetto delle richieste di dimissioni di Santanchè sono stati Alfonso Bonafede e Lorenzo Fioramonti, entrambi del Movimento 5 Stelle. A maggio 2020 l’esponente di Fratelli d’Italia  aveva accusato l’allora ministro della Giustizia Bonafede di aver fatto uscire dal carcere «mafiosi e boss», giudicato un «atto gravissimo». In realtà, come abbiamo spiegato in passato, le cose non stavano così. A ottobre 2019 Fioramonti er stato criticato da Santanchè perché erano stati trovati alcuni suoi commenti su Facebook, scritti prima che Fioramonti diventasse ministro dell’Istruzione, in cui veniva insultata l’esponente di Fratelli d’Italia. Un paio di mesi dopo Fioramonti si è dimesso, ma per un altro motivo: aveva accusato il secondo governo Conte, di cui faceva parte, di investire troppo poco in istruzione.

Leggi anche: Dal 2001 si sono dimessi oltre 30 ministri.

Il caso di Josefa Idem

Andando ancora indietro nel tempo, richieste di dimissioni sono state rivolte da Santanchè verso vari ministri dei governi Gentiloni, Renzi, Letta e Monti. Solo per citare due esempi: «Oggi aspetto le dimissioni del ministro Terzi», si legge in un tweet di marzo 2013 (curiosità: Giulio Terzi di Sant’Agata era il ministro degli Esteri del governo Monti e alle elezioni politiche del 2022 è stato eletto senatore con Fratelli d’Italia). «Cosa aspetta Maria Elena Boschi a dimettersi?»,  si legge in un tweet di dicembre 2017.

Nel 2013 un caso che fece molto discutere riguardò l’allora ministra delle Pari opportunità, dello Sport e delle Politiche giovanili, ed ex campionessa olimpica, Josefa Idem. Dopo alcuni articoli di giornale, Idem ammise di non aver pagato l’ICI – un’imposta sugli immobili – su un palazzo di sua proprietà. «Intanto perché s’è dimostrata anche molto arrogante, e l’arroganza non premia mai. Certamente non è una ladra. E del resto non penso che quello che ha fatto, se l’ha fatto, sia una mancanza pazzesca. Il problema è un altro», aveva dichiarato il 24 giugno 2013 Santanchè in un’intervista a la Repubblica, giustificando la sua richiesta di dimissioni. «Il fatto che lei si sia presentata con l’immagine di una paladina della morale, dell’etica, della correttezza. Ebbene, quelle cose che ha fatto, pur essendo per me peccato veniale, sono del tutto incompatibili con l’immagine che aveva voluto dare di sé, ovvero di campionessa integerrima. È per questo, ribadisco, che Letta farebbe bene a sostituirla». Quello stesso giorno Idem  si è poi dimessa effettivamente, sanando alcune settimane dopo la sua posizione con il fisco.

Va sottolineato comunque che Santanchè non ha sempre chiesto le dimissioni dei suoi avversari politici. A luglio 2019 il sindaco di Milano Beppe Sala è stato condannato in primo grado per «falso materiale e ideologico» per una cosa avvenuta nel 2015, quando era il commissario per l’Expo. Nel 2021 il reato è andato prescritto. Alla notizia della prima condanna di Sala, Santanchè aveva scritto su Twitter: «Non chiederò oggi le dimissioni di Beppe Sala: garantisti lo si è sempre. Io combatto la sua politica: in prima linea al carrozzone del Pride, totalmente assente sulla sicurezza dei milanesi, specie in periferia. La sinistra giustizialista invece dovrebbe chiederle, per coerenza».

 

Insomma lei è lei, detta Santanché, nata Guarnero, come il marchese del grillo, e noi non siamo un cazzo.

 

 

IL VOTO DEI GIOVANI


IL VOTO DEI GIOVANI

Alle elezioni amministrative di domenica, l’autocrazia o democrazia illiberale di Recep Tayyip Erdoğan s’è presa una bella botta, e la scrittrice Elif Shafak, sul Corriere della Sera, individua le cause nell’andamento dell’economia (l’inflazione è al 67 per cento) e concede meriti ai giovani.

Lo conferma Mariano Giustino (Radio radicale) da Istanbul: un milione e centomila diciottenni sono andati per la prima volta a votare e l’impressione è che siano andati numerosi, per indicare un’alternativa a Erdoğan e riprendersi la speranza della democrazia. È incredibile, mi dice Giustino, visto quello che succede qua.

I dissidenti finiscono in carcere, la sproporzione di mezzi economici arricchisce la propaganda di Erdoğan e impoverisce quella delle opposizioni, i giornali stanno tutti col governo, eppure la dittatura non è ancora compiuta e nel varco rimasto aperto, si infilano in tanti, soprattutto i ragazzi.

Per i loro coetanei iraniani il varco è ormai meno di un pertugio, e alle elezioni del primo marzo non sono andati a votare, per non riconoscere legittimità all’esercizio plebiscitario di un regime teocratico che imprigiona, tortura e spesso ammazza i ragazzi, esausti della legge di Dio e delle sue imposizioni patibolari.

Poi ci sono i ragazzi italiani. Meno della metà degli under trenta va a votare, e non ci va perché non interessa, non sembra importante, ma c’è un fatto importante e cioè  la libertà, come la salute, si trascurano quando ci sono, e ce ne si preoccupa soltanto quando si fanno precarie, e spesso è troppo tardi.

Non è una colpa, è una maledizione.

 

E COSÌ TUTTO TORNA


E COSÌ TUTTO TORNA

Le contestazioni di queste settimane, in nome della pace, dello stop alla guerra, della fine del genocidio, non possono essere rubricate alla sola voce antisemitismo.

Non solo o non tanto perché nessuno grida ancora al complotto giudo-demo-pluto-eccetera, ma perché striscioni e manifestazioni hanno dentro più cose, e non se ne capisce a fondo la natura se la si riconduce solamente all’avversione nei confronti degli ebrei e dell’«entità sionista».

Che c’è, purtroppo, e si fa sentire, ma collegata a una certa interpretazione della storia e dell’Occidente, che è il primo bersaglio delle proteste in corso.

Che cosa ci fa Israele in Medio Oriente?

Cosa c’entra con i paesi arabi e musulmani uno Stato voluto dagli europei e dagli americani per risarcire gli ebrei del crimine della Shoah?

Come si può tollerare, in un mondo decolonizzato, questo resto di una logica coloniale imposta dall’Occidente al resto del mondo?

Come si può giustificare un avamposto degli Stati Uniti in quell’area, se non in nome del petrolio e di inconfessabili interessi economici?

Gratta gratta, sotto la geopolitica c’è l’economia, ed economia significa capitalismo, e capitalismo significa egemonia americana e strapotere finanziario, politico, militare.

La storia che raccontano quelli che stanno con la Palestina libera dal fiume al mare (cioè: senza Israele di mezzo) è fatta così, molto all’ingrosso ma ben inscritta in umori e passioni radicate e in un patchwork ideologico che non sarà una ricognizione storiografica meno semplicistica, o meno dozzinale, a mandare in pezzi.

Israele è la potenza occupante: questo è il punto, dicono.

Dopodiché, come accade purtroppo a tutti i capri espiatori, Israele diventa disinvoltamente pars pro toto, e il tutto che rappresenta, violente o nolente, è l’Occidente con i suoi torti.

Questa chiave di lettura si vede benissimo nel differente trattamento che viene riservato alla guerra in Ucraina.

Cosa c’è di occidentale, lì: la Nato?

Ed è dunque alla Nato e ai paesi Nato che si addossano le vere responsabilità (ha provocato la Russia accerchiandola, e ora non smette di alimentare il conflitto sulla pelle degli ucraini), ma anche al più cieco odiatore dell’Occidente che sposa senza difficoltà questa versione dei fatti, per la gioia di Peskov e della propaganda putiniana, riuscirà difficile esprimere solidarietà al popolo russo per le bombe che piovono pur sempre sul suolo ucraino.

Nel conflitto medio-orientale non c’è da avere di questi imbarazzi: la guerra è a Gaza e le vittime sono i civili palestinesi. E quella che Israele chiama la sua sicurezza è solo il suo sopruso. Non è pensato, in genere, come un sopruso, esistenziale, ontologico, razziale, ma è descritto come la prepotenza di un paese militarmente più forte, appoggiato, sostenuto, foraggiato dall’Occidente capitalistico.

 E così tutto torna.

SERVE UN DISEGNINO?


SERVE UN DISEGNINO?

Ora c’è un orco aggressore, Putin.

Comanda da molto tempo una grande potenza nucleare cui la guerra fredda non basta più, è pronta ad espandersi, determinata, e lo fa senza ritegno, da anni, sfruttando la sonnacchiosa ignavia dei Paesi occidentali.

E forse proprio per questa ignavia l’orco si è fatto sempre più baldanzoso e ora procede a colpi di “operazioni militari speciali”, ovvero aggressioni ed invasioni di Paesi confinanti.

Da oltre due anni il mondo è costretto a sopportare un’azione aggressiva di espansione militare che non può essere camuffata da altro e di giorno in giorno si fanno sempre più nette le affinità con quello che avvenne in Europa nel 1938, quando Hitler, “il grande dittatore”, pretese di appropriarsi dei famosi Sudeti, ovvero un pezzo della Cecoslovacchia, né più né meno come fossero la Crimea o il Donbass oggi.

Le potenze occidentali nicchiarono, si ritrassero, nessuno voleva prendere di petto il minaccioso tiranno tedesco.

Non ravvisate le mostruose analogie?

Certo, tutti speriamo in un epilogo diverso, ma dimenticare questo passato recente è da pazzi incoscienti.

E allora, occorre che Europa si svegli seriamente e cerchi di prendere l’iniziativa, ben sapendo che senza fare nulla la conclusione è facilmente prevedibile.

Certo, fa impressione dover parlare di guerra 80 anni dopo. 

 E’ davvero un brutto discorso.

Fortunatamente, per ora è solo un discorso ma, se non vogliamo che la situazione precipiti, cerchiamo di convincerci che, se Putin vince e occupa l’Ucraina, non è solo l’Ucraina ad essere sconfitta, ma tutta l’Europa ed il mondo occidentale.

Come allora, sugli Stati Uniti non è detto che si possa contare, dovesse vincere l’altro orco Trump. Allora entrarono in guerra solo nel 1942, dopo Pearl Harbor: l’Inghilterra sostenne praticamente da sola il peso della resistenza per quasi due anni, mentre Hitler dilagava.

Oggi non sarà più come allora, ma sarà meglio tenere ben a mente che la democrazia, bene prezioso, certamente non si esporta; la democrazia si conquista, e dopo bisogna difenderla, ché democrazia e pace non sono affatto garantite per sempre.

La Storia può precipitare nel baratro in men che non si dica. Cerchiamo almeno di non dimenticare.

E’ tutto chiaro o serve un disegnino?

 

BANDIERA BIANCA


BANDIERA BIANCA

[Un articolo che molti avranno letto, ma che vale la pena tenere nel blog, a futura memoria]

Un’intervista televisiva a Papa Francesco che ben si può giudicare esplosiva, registrata a Casa Santa Marta in Vaticano il 2 febbraio 2024 e che sarà mandata in onda dalla televisione della Svizzera italiana il 20 marzo prossimo, è stata anticipata nel pomeriggio di sabato 9 marzo. Ci si può chiedere il perché di questi tempi lunghissimi. Tanto più su un tema di battente attualità, qual è la guerra. Esattamente un anno fa la TSI aveva realizzato una prima intervista (condotta da Paolo Rodari), ma il lancio aveva preceduto solo di un paio di giorni la messa in onda.

Un’altra domanda da porsi è su quanti, dentro e fuori del Vaticano, fossero a conoscenza del contenuto delle dichiarazioni del Pontefice, che non hanno fatto certamente il giro del mondo per l’ennesimo invito al negoziato sulla guerra in Ucraina, ma solo per l’invito a Kiev ad alzare bandiera bianca. Un‘affermazione talmente dirompente, si direbbe oltre qualsiasi aspettativa russa (ultra petita, in linguaggio giuridico, è quando la condanna è superiore alla richiesta dell’accusa) da aver spinto persino il portavoce del Ministero degli Esteri russo Maria Zakharova a “declassarlo” a un invito all’Occidente, non a Kiev.

La terza domanda è chi abbia gestito un timing così problematico, che ha poco a che fare con il giornalismo. Quando hai un’intervista o una notizia del genere non la pubblichi con mesi di ritardo. A meno che non si attenda il momento giusto da altri punti di vista o essa si inscriva nella pressione mediatica e diplomatica che sta accerchiando Kiev. E da questa prospettiva è certamente adesso il momento giusto: in coincidenza con la campagna europea di Vladimir Putin che procede a ritmi accelerati, mentre Donald Trump, ormai sicuro della nomination repubblicana, si dice pronto a ottenere la pace in Ucraina in pochi minuti, alle condizioni di Mosca è il sottinteso.

Ucraini “sconvolti” per le parole del Papa. “Nessuno chiese di negoziare con Hitler”

di  Huffpost

Il “lancio” è stato deciso dalla emittente svizzera, ha spiegato il portavoce della Sala Stampa Vaticana, Matteo Bruni. Le pubbliche relazioni della emittente hanno fatto sapere che l’intervista era stata concordata con il Vaticano all’interno di un programma “culturale”, il magazine Cliché, le cui trasmissioni sono iniziate il 6 marzo. Fatto sta che poco dopo il lancio, che in ogni caso viene sempre concordato con il Vaticano, il testo integrale della stessa intervista è stato pubblicato sul sito Vatican News, questo sotto il controllo del Prefetto del Dicastero della Comunicazione Paolo Ruffini e di Andrea Tornielli. Lo stesso Bruni ha fatto una dichiarazione di messa a punto nella serata, ma soltanto ai giornalisti che l’hanno richiesta. Non c’è stato nessun comunicato ufficiale in senso proprio, insomma.

La responsabile comunicazione dell’emittente, Doris Longoni, ha smentito che ci siano “fuorionda dell’intervista” realizzata dal conduttore della trasmissione, Lorenzo Buccella, specializzato come critico cinematografico, capo del team editoriale del Premio Pardo del Festival di Locarno, in passato corrispondente da Roma e Vaticano per quattro anni, precisando a Huffpost che ci sono stati degli “off the record“ ma niente filmati girati fuorionda. Restano tutte le altre domande.

Bandiera bianca. Il Papa dà il colpo di grazia alla martoriata Ucraina

https://www.huffingtonpost.it/blog/2024/03/10/news/sul_pontefice_sventola_bandiera_bianca_in_attesa_dei_fuorionda-15340270/?ref=fbph&fbclid=IwAR1vQzzbroL7gXOLijzBCdPzrqRa-Pg3Hw3jgEdm2MgEo3VRQzkPmX8D-kA

Nota:

15 marzo 1939. Le truppe del Terzo Reich occupano l’intera Cecoslovacchia ed entrano a Praga, fendendo la folla dei praghesi che piangono e agitano i pugni per protesta contro le democrazie occidentali che li hanno abbandonati, col Trattato di Monaco, per inseguire il miraggio di una pace effimera quanto truffaldina. Seguiranno infatti, in pochi mesi, le invasioni naziste della Polonia, della Danimarca, della Norvegia, dell’Olanda, del Belgio e della Francia.
In 85 anni abbiamo dimenticato tutto e non abbiamo imparato niente.

A COSA SERVE LA POESIA


A COSA SERVE LA POESIA

Vi faccio un esempio.

Prendete una coppia che va abbastanza bene: due o tre lustri di convivenza casa figli interessi comuni.

I coniugi però, non essendo né sordi né orbi, né privi di altri sensi, naturalmente non immuni dal notare che il mondo è pieno di persone attraenti dell’altro sesso di cui alcune, per circostanze favorevoli, sarebbero passibili di un incontro a letto. 

Sorge allora un problema che propone tre soluzioni. 

La prima è la tradizionale repressione, non concupire eccetera, non appropriarti dell’altrui proprietà, per cui il coniuge viene equiparato a un comò Luigi XVI o a un televisore a colori o a un qualsiasi oggetto di un certo valore che non sarebbe corretto rubare. 

La seconda soluzione è l’adulterio: altrettanto tradizionale che crea una quantità di complicazioni, la lealtà (glielo dico o non glielo dico?), lo squallore di motel occasionali, la necessità di costruire marchingegni di copertura che non eliminano la paura di fastidiose spiegazioni. 

La terza soluzione è senza dubbio la più pratica: si prendono i turbamenti e i sentimenti, le emozioni e le tentazioni, si mescolano bene,  si amalgama l’immagine con un brodo di fantasia e ci si fa su una poesia che si mastica e si sublima, fino a corretta stesura sulla macchina da scrivere e infine si manda giù, si digerisce con un po’ di amaro d’erbe naturali e poi non ci si pensa più. 

Joyce Lussu

LA VIOLENZA TRAVOLGE LA POLITICA


LA VIOLENZA TRAVOLGE LA POLITICA

A Meloni basterebbe finirla con le balle e lavorare per il popolo!

Altrimenti è istigare il popolo! È andarsele a cercare!

Poi arriva “la violenza che travolge la politica” e serve Mattarella per calmare gli animi.  

C’è sempre un limite da rispettare. Sia da una parte che dall’ altra.

E in democrazia si chiama rispetto, sia istituzionale che popolare.

Altrimenti si arriva alla rivoluzione o al fascismo! 

Che è quello che cerchi di attuare! Vero Giorgia?

Il Presidente Mattarella, come sempre, richiama la politica al decoro e al rispetto.

Ha ragione.

Soprattutto per il fatto che sarebbe il caso di non perdere tempo in accuse e controaccuse.

Bisognerebbe occuparsi di cose molto più concrete che possano migliorare le condizioni di vita in Italia e affrontare nel modo migliore le crisi internazionali.

Se Meloni è stata offesa nel suo ruolo di Presidente del Consiglio, ha la mia solidarietà.

Per il resto non condivido nulla della sua politica.

Come sempre il Presidente Mattarella dice cose sacrosante, che non si possono non condividere.

La grande amarezza consiste nel fatto che ormai sono quasi un’utopia, in questo mondo sempre più in decadenza.

Nessuna violenza è giustificata o tollerata.

Quindi è giusto chiedere scusa quando si sbaglia o quando si esagera con atti vandalici.

Però Mattarella ha la funzione di sorveglianza e di coordinamento.

Di fronte a episodi di violenza o di tumulti di piazze, un Presidente della Repubblica ha anche il compito di chiedersi il perché certi fenomeni violenti accadono, ha il compito di rimuovere possibilmente le cause confrontandosi con tutte le forze politiche che ci governano.

Insomma un Mattarella meno nascosto e più visibile e attento alle lamentele dei cittadini.

 

 

“È ORA DI SVEGLIARSI”


“È ORA DI SVEGLIARSI”

A maggior ragione dopo i riferimenti all’Italia di Vladimir Putin, ritengo importante portare all’attenzione alcuni estratti dell’intervento pronunciato dall’ammiraglio Carlo Dragone, capo di Stato Maggiore della Difesa, pochi giorni fa. 

 Riassumerei il tutto questo titolo: “È ora di svegliarsi”.

Ecco le sue parole:

 “La difesa della libertà è doverosa, necessaria, e riguarda tutti. Da Kviv, dove sono stato recentemente in visita, la realtà che abbiamo finora vissuto, il mondo che abbiamo finora conosciuto, si percepiscono sotto una luce del tutto inedita e densa di interrogativi.

C’è un Paese che combatte per la sua. e anche per la nostra, libertà di poter scegliere il proprio futuro.

 L’aria che si respira in Ucraina o in Stati vicini come la Moldavia è resa soffocante, non solo dalla pressione militare russa, che non risparmia i centri abitati e le infrastrutture civili, ma da una narrativa fuorviante e incalzante a tutti i livelli, il cui obiettivo è di condizionare il libero arbitrio e quindi le libertà democratiche che ne discendono e che nessuno vuole vedersi negate.

La difesa della loro e della nostra libertà non è assolutamente un concetto retorico, ma una discriminante prioritaria del nostro sostegno incondizionato all’Ucraina.

Due visioni antitetiche della realtà e del mondo si contrappongono.

 E noi non possiamo permetterci tentennamenti o distinguo.

Ne va del nostro modello di vita, dei nostri valori.

 Stiamo assistendo proprio in questi giorni all’intensificarsi di una strategia di disinformazione russa che vede impegnato in prima fila lo stesso Putin. Con l’obiettivo di disorientare le nostre opinioni pubbliche attraverso la diffusione di una narrativa fallace i cui cardini sono principalmente tre:

– l’immagine di una Russia desiderosa di pace;

– il quadro di una guerra ormai inutile e il cui esito a vantaggio di Mosca non è più in discussione;

– la percezione di un Occidente ormai stanco di sostenere un conflitto di attrito costoso e senza speranze di successo.

L’obiettivo di Mosca è di approfittare della finestra di opportunità apertasi con l’imminente stagione di consultazioni elettorali che interesseranno anche altri Paesi atlantici dell’Occidente.

Ben diversa è però la realtà dei fatti.

La Russia che sperava in una “guerra lampo” si trova invece impegnata in un conflitto di attrito a lunga durata, accusando ingenti perdite, di uomini e di mezzi. Nessun obiettivo militare primario di Mosca può dirsi raggiunto. Per fare un esempio: la flotta russa del Mar Nero, che continua a subire danni importanti, ha notevolmente ridotto il suo raggio operativo.

E infine: il supporto dell’economia allo sforzo bellico non sarà sostenibile a lungo alla luce di sanzioni sempre più stringenti e di un impegno finanziario per la difesa nazionale salito a circa il 6,2% del PIL, che è pari a 1/3 dell’intera spesa pubblica.

Dobbiamo guardare alla geopolitica di domani con grande realismo.

La NATO è il vero scudo di cui disponiamo per difendere la libertà e la democrazia.

Il Segretario generale della NATO ha recentemente dichiarato che il confronto con la Russia avrà una portata decennale.

Da Tel Aviv, dove sono stato nelle scorse settimane e ho toccato con mano la drammaticità di una crisi che è interesse di tutti risolvere il più rapidamente possibile, si comprendono chiaramente le implicazioni della citata frase d Stoltenberg: la guerra in Ucraina potrebbe anche finire molto prima, ma in realtà gli effetti innescati da tale conflitto si sono propagati a livello globale, accelerando dinamiche e tensioni già preesistenti, come l’attuale crisi in Medio Oriente, e che richiederanno molto tempo per riassorbirsi”.

C’è bisogno di informazione indipendente.