Alle elezioni amministrative di domenica, l’autocrazia o democrazia illiberale di Recep Tayyip Erdoğan s’è presa una bella botta, e la scrittrice Elif Shafak, sul Corriere della Sera, individua le cause nell’andamento dell’economia (l’inflazione è al 67 per cento) e concede meriti ai giovani.
Lo conferma Mariano Giustino (Radio radicale) da Istanbul: un milione e centomila diciottenni sono andati per la prima volta a votare e l’impressione è che siano andati numerosi, per indicare un’alternativa a Erdoğan e riprendersi la speranza della democrazia. È incredibile, mi dice Giustino, visto quello che succede qua.
I dissidenti finiscono in carcere, la sproporzione di mezzi economici arricchisce la propaganda di Erdoğan e impoverisce quella delle opposizioni, i giornali stanno tutti col governo, eppure la dittatura non è ancora compiuta e nel varco rimasto aperto, si infilano in tanti, soprattutto i ragazzi.
Per i loro coetanei iraniani il varco è ormai meno di un pertugio, e alle elezioni del primo marzo non sono andati a votare, per non riconoscere legittimità all’esercizio plebiscitario di un regime teocratico che imprigiona, tortura e spesso ammazza i ragazzi, esausti della legge di Dio e delle sue imposizioni patibolari.
Poi ci sono i ragazzi italiani. Meno della metà degli under trenta va a votare, e non ci va perché non interessa, non sembra importante, ma c’è un fatto importante e cioè la libertà, come la salute, si trascurano quando ci sono, e ce ne si preoccupa soltanto quando si fanno precarie, e spesso è troppo tardi.
Non è una colpa, è una maledizione.