A COSA SERVE LA POESIA


A COSA SERVE LA POESIA

Vi faccio un esempio.

Prendete una coppia che va abbastanza bene: due o tre lustri di convivenza casa figli interessi comuni.

I coniugi però, non essendo né sordi né orbi, né privi di altri sensi, naturalmente non immuni dal notare che il mondo è pieno di persone attraenti dell’altro sesso di cui alcune, per circostanze favorevoli, sarebbero passibili di un incontro a letto. 

Sorge allora un problema che propone tre soluzioni. 

La prima è la tradizionale repressione, non concupire eccetera, non appropriarti dell’altrui proprietà, per cui il coniuge viene equiparato a un comò Luigi XVI o a un televisore a colori o a un qualsiasi oggetto di un certo valore che non sarebbe corretto rubare. 

La seconda soluzione è l’adulterio: altrettanto tradizionale che crea una quantità di complicazioni, la lealtà (glielo dico o non glielo dico?), lo squallore di motel occasionali, la necessità di costruire marchingegni di copertura che non eliminano la paura di fastidiose spiegazioni. 

La terza soluzione è senza dubbio la più pratica: si prendono i turbamenti e i sentimenti, le emozioni e le tentazioni, si mescolano bene,  si amalgama l’immagine con un brodo di fantasia e ci si fa su una poesia che si mastica e si sublima, fino a corretta stesura sulla macchina da scrivere e infine si manda giù, si digerisce con un po’ di amaro d’erbe naturali e poi non ci si pensa più. 

Joyce Lussu

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