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SERVE UN DISEGNINO?


SERVE UN DISEGNINO?

Ora c’è un orco aggressore, Putin.

Comanda da molto tempo una grande potenza nucleare cui la guerra fredda non basta più, è pronta ad espandersi, determinata, e lo fa senza ritegno, da anni, sfruttando la sonnacchiosa ignavia dei Paesi occidentali.

E forse proprio per questa ignavia l’orco si è fatto sempre più baldanzoso e ora procede a colpi di “operazioni militari speciali”, ovvero aggressioni ed invasioni di Paesi confinanti.

Da oltre due anni il mondo è costretto a sopportare un’azione aggressiva di espansione militare che non può essere camuffata da altro e di giorno in giorno si fanno sempre più nette le affinità con quello che avvenne in Europa nel 1938, quando Hitler, “il grande dittatore”, pretese di appropriarsi dei famosi Sudeti, ovvero un pezzo della Cecoslovacchia, né più né meno come fossero la Crimea o il Donbass oggi.

Le potenze occidentali nicchiarono, si ritrassero, nessuno voleva prendere di petto il minaccioso tiranno tedesco.

Non ravvisate le mostruose analogie?

Certo, tutti speriamo in un epilogo diverso, ma dimenticare questo passato recente è da pazzi incoscienti.

E allora, occorre che Europa si svegli seriamente e cerchi di prendere l’iniziativa, ben sapendo che senza fare nulla la conclusione è facilmente prevedibile.

Certo, fa impressione dover parlare di guerra 80 anni dopo. 

 E’ davvero un brutto discorso.

Fortunatamente, per ora è solo un discorso ma, se non vogliamo che la situazione precipiti, cerchiamo di convincerci che, se Putin vince e occupa l’Ucraina, non è solo l’Ucraina ad essere sconfitta, ma tutta l’Europa ed il mondo occidentale.

Come allora, sugli Stati Uniti non è detto che si possa contare, dovesse vincere l’altro orco Trump. Allora entrarono in guerra solo nel 1942, dopo Pearl Harbor: l’Inghilterra sostenne praticamente da sola il peso della resistenza per quasi due anni, mentre Hitler dilagava.

Oggi non sarà più come allora, ma sarà meglio tenere ben a mente che la democrazia, bene prezioso, certamente non si esporta; la democrazia si conquista, e dopo bisogna difenderla, ché democrazia e pace non sono affatto garantite per sempre.

La Storia può precipitare nel baratro in men che non si dica. Cerchiamo almeno di non dimenticare.

E’ tutto chiaro o serve un disegnino?

 

DALLA PARTE SBAGLIATA DELLA STORIA


DALLA PARTE SBAGLIATA DELLA STORIA

Il nostro Matteo Salvini, fedele fino all’ultimo al suo capo ideale Trump, ha annunciato tutto conento, di essersi iscritto a Parler, il nuovo social network di sovranisti e suprematisti, in cui l’ormai quasi ex Presidente Usa, ha messo le tende dopo essere stato bannato da Twitter.

Neanche il tempo di dirlo, che poche ore dopo Parler finisce offline, chiuso, inaccessibile, cancellato contemporaneamente dagli store di tutti i colossi, da Amazon a Google, passando per Apple.

Il motivo è semplice. “Per via della sua incapacità di moderare i messaggi che incitano alla violenza”.

Non solo Salvini non ha mai preso realmente le distanze dai deliri trumpiani e dai fatti del Campidoglio, ma, alla prima occasione, è salito pure sul carro dello sconfitto.

Tanto per ribadire a tutti che lui, la Lega, questa caricatura di destra che abbiamo in Italia, sono sempre e orgogliosamente dalla parte sbagliata della Storia.

In fondo una storia molto triste.

 

MALEDETTA CONSAPEVOLEZZA


MALEDETTA CONSAPEVOLEZZA

A volte penso che sarebbe bello, essere uno di quelli convinti che il Covid sia un raffreddore e che non esista nessuna pandemia.

Nessuna preoccupazione di infettare chi ti sta accanto: figli, fratelli, mamme, papà e nonni, nessuna paura di dover morire soffocato, in un reparto di ospedale, lontano da casa, senza neanche la possibilità di salutare per l’ultima volta chi ti vuole bene.

A volte penso che magari sarebbe bello pensare che c’è tutto un mondo nascosto di cattivi che vogliono governare il mondo, cattivi che si creano le loro belle organizzazioni segrete e gli danno nomi come “NWO”, “Dominion”, “Illuminati”, perché hanno visto i film di 007 e sono rimasti affascinati da quei nomi, così amabilmente malvagi, tipo “Spectre”.

Penso che dev’essere bello credere che Trump sia (o sia stato) un eroico condottiero del bene e non uno psicopatico miliardario, affetto da narcisismo patologico.

Dev’essere bello, vivere in una realtà dove il bene combatte contro il male e “il bene” è rappresentato dai peggiori criminali del pianeta: Trump, Bolsonaro, Orban e via dicendo.

Dev’essere incredibilmente rilassante, oggi, credere che il problema del nostro paese, siano quei pochi disperati che arrivano mezzi morti (quando arrivano) a Lampedusa.

Vivere nella testa di queste persone dev’essere la pace dei sensi.

Auto-convincersi di una realtà parallela in cui, un giorno sì e un giorno no, arrestano i cattivissimi Soros (l’ebreo maledetto responsabile di tutto il male), e Hillary Clinton, incriminano Bill Gates, danno ragione ai deliri di Trump che vaneggia, sin da prima delle elezioni, parlando di brogli che nessuno ha mai visto.

E poi, quando finalmente cacceranno a calci nel culo Trump dalla Casa Bianca, a gennaio, sarà bellissimo pensare che, in realtà, si tratterà dell’ennesimo “piano segreto” del buffone in questione.

Così come dev’essere bello pensare, dall’altra parte, che Silvio Berlusconi abbia offerto aiuto al governo perché è diventato “responsabile” e non perché ha scambiato i suoi voti con la protezione di Mediaset dalla scalata ostile del gruppo Vivendi. E anche perché, in segreto, pensa di poter stare a quel tavolo di comando, dove sopra potrebbero esserci i miliardi promessi dall’Europa. Vuole essere della partita, è tanto ovvio che molti pensano che sia diventando un responsabile politico e non la solita persona che bada ai suoi affari e basta.

Dev’essere bello convincersi di avere sempre ragione, di stare sempre dalla parte dei giusti, immaginare di vivere in un mondo sicuro, regolato da un ordine razionale che prevede buoni da una parte e cattivi dall’altra.

Poi magari ti ammali di Covid e muori, ma fino a quel momento te la sei goduta.

Ti sei sentito molto furbo e informato, uno che ragiona con la sua testa.

Certo, dev’essere meno bello se ti infetti e ammazzi tua moglie, i tuoi genitori, se fai finire in terapia intensiva i tuoi figli.

Ma di sicuro puoi trovare una giustificazione anche in quel caso.

Magari puoi dare la colpa al 5G di Bill Gates.

Come diceva Alan Moore, i complotti sono rassicuranti, mentre la verità è che, questo mondo, è alla deriva e che nessuno ne detiene il controllo.

E fa molta più paura.

Mi fate salire una rabbia infinita, amici complottisti, una rabbia che è anche difficile spiegare a parole, perché siete vittime e al tempo stesso carnefici.

Ma in fondo vi invidio anche un po’, di quell’invidia che si prova per il gatto di casa, che non ha altro a cui pensare oltre che a dormire, mangiare e giocare.

Senza nessuna paura del presente e del futuro, senza nessuna angoscia della morte, fino al momento in cui non se la trova davanti.

Dev’essere bello, poter barattare qualche istante, in cui realizzi di essere stato un povero stronzo (se mai dovesse succedere), con una vita sempre troppo complessa e angosciante.

Non vorrei essere voi, mai, ma una punta di invidia ce l’ho.

Lo ammetto.

Maledetta consapevolezza.

(Da un amico)

OK, KAMALA


OK, KAMALA

Kamala Harris è già nella storia, quella che conta.

È la prima vicepresidente degli Stati Uniti, donna e per giunta di colore.

Mi è piaciuto molto il suo discorso dopo la vittoria e quel suo richiamo di speranza “alle bambine”.

C’è l’idea di un paese dove l’ascensore sociale funziona, tutti possono riuscire nella vita.

Ecco parte del suo discorso:

Anche se sono la prima a ricoprire questa carica, non sarò l’ultima. Ogni bambina, ragazza che stasera ci guarda vede che questo è un paese pieno di possibilità. Il nostro paese vi manda un messaggio: sognate con grande ambizione, guidate con cognizione, guardatevi in un modo in cui gli altri potrebbero non vedervi. Noi saremo lì con voi.

Mi rivolgo ai cittadini americani, a prescindere dal loro voto: io lotterò per essere per Joe quello che lui è stato per Obama, leale, preparato, pensando sempre a voi. Ora comincia il lavoro duro, necessario, essenziale per salvare le vite e combattere l’epidemia, ricostruire l’economia, eliminare il razzismo sistemico, affrontare la crisi climatica e far guarire l’anima di questa nazione. La strada non è facile, ma l’America è pronta. E lo siamo io e Joe. Abbiamo eletto un presidente che rappresenta il meglio di noi, che il mondo rispetterà e che i figli ammireranno, un comandante che rispetta i soldati e ci terrà al sicuro, un presidente per tutti agli americani“.

Accusata, quando ricopriva il ruolo di procuratrice distrettuale di San Francisco, di essere troppo dura nel contrastare i reati, e morbida nei confronti della brutalità della polizia di Los Angeles, si è guadagnata l’appellativo di cop (poliziotta) e super cop. Harris è sposata con Douglas Emhoff (avvocato ebreo, padre di due figli), il primo ad assumere la qualifica di “second gentleman” degli USA, in quanto marito della prima vicepresidente donna statunitense.

Sinceramente avrei preferito che il Presidente fosse lei, Kamala, e non Biden.

Ma forse ha aperto una strada nuova.

LA REPRESSIONE, L’ARMA DELLA DESTRA


LA REPRESSIONE, L’ARMA DELLA DESTRA

Per anni abbiamo lasciato che la destra di tutto il mondo, quella che, fino ad allora, la globalizzazione l’aveva cavalcata un po’ ovunque, identificasse il movimento No Global con un gruppo di spaccavetrine.

Abbiamo lasciato che si spacciassero i problemi derivati dalla globalizzazione e dal mercato senza regole, per problemi dovuti alla circolazione degli esseri umani.

Abbiamo lasciato che si confondessero protezionismi, chiusure e sovranismi per armi di difesa contro un nemico immaginario.

Abbiamo pensato che i poveracci che spesso scappavano dai loro paesi per gli effetti di un mercato globale deregolamentato che avevamo voluto noi, fossero il più grande problema da risolvere.

Abbiamo avuto paura che questi disgraziati ci invadessero ed alterassero la nostra “etnia”.

La reazione alle paure, un po’ dappertutto, sono i sovranismi.

Sono quelli che hanno proposto ricette di chiusura, di ritorno al passato, di finti recuperi di finte tradizioni, di minchiate teologiche più simili al voodoo che all’idea di una religione praticata in uno stato laico.

La reazione è il ritorno dell’Inghilterra al suo splendido isolamento dovuto, in gran parte, anche lì, alle false notizie sovraniste.

È il protezionismo da operetta di Trump.

È la fascinazione per i leader muscolari come Putin, uno che fa arrestare o ammazzare gli avversari politici, ma non è un problema.

È Orban con i suoi muri.

È Erdogan con la sua guerra.

Ed è pure Salvini con le sue nutelle, le sue cialtronate, il suo programma di odio costante, il suo voler evidentemente uscire dall’UE, ma per ora non si può dire.

I grandi cambiamenti, gli sconvolgimenti sociali, portano quasi sempre a grandi momenti di risacca.

Funziona come con le onde: non abbiamo governato la mareggiata e ora ci ritroviamo con il mare che arretra e ci vuole riportare, idealmente, almeno a 30 anni fa.

Ma senza agire sulle cause, ovviamente.

È un ritorno al passato semplicemente cosmetico.

Nessuno mette in discussione davvero il paradigma liberista, si discute solo degli effetti.

Così, il nemico diventa il degrado, i nemici diventano i poveri, non la povertà.

E quella stessa gente che schiuma rabbia e digrigna i denti perché incontra sui marciapiedi poveracci alla fame, cambia marciapiede, si lamenta del degrado e chiede più sicurezza.

Repressione. Decreti sicurezza.

La ricetta della destra da sempre. Decreti sicurezza, armi per tutti.

Si può essere vicini ai poveri italiani, eppure lamentarsi perché producono degrado ed insicurezza allo stesso tempo, basta confondere continuamente i piani della narrazione.

Come si può lamentarsi del cappio europeo e poi legarsene al collo un altro peggiore sottobanco: gli Usa per gli inglesi, Putin per i leghisti.

Forse la sinistra di mio nonno l’aveva capito bene, ma la sinistra di oggi, no, non ha afferrato neanche lontanamente tutta questa reazione destrorsa. Pensa solo a com’era bello cento anni fa.

SE ESISTESSE DAVVERO L’EUROPA


SE ESISTESSE DAVVERO L’EUROPA

Se l’Europa esistesse sul serio, il guerrafondaio Erdogan non ci manderebbe a quel paese, quando protestiamo per la sua aggressione “di pace” alla Siria e al popolo curdo.

Oppure, lo farebbe, ma sapendo di rischiare grosso, come certamente fa con gli Stati Uniti che l’hanno subito buttata sul pratico: lo rovineremo economicamente.

Se ci fosse l’Europa, Erdogan non si permetterebbe di dire che se non lo lasciamo in pace, lui ci scarica addosso 3,6 milioni di profughi, terroristi dell’Isis compresi, molti dei quali effettivamente di origine e passaporto europeo, dunque autorizzati a girare tranquillamente tra le nostre libere frontiere.

Non gli bastano i 6 miliardi che ha già avuto?

Vuole che mettiamo fiori sui suoi cannoni, e magari un’altra manciata di euro?

Se ci fosse l’Europa non sarebbe stata presa a pesci in faccia dal Parlamento di Strasburgo la candidata francese (dopo quelli rumeno e ungherese), a un super portafoglio nella Commissione, per un giochetto di ripicche politiche.

Con il risultato che Bruxelles ha un governo scadente e scaduto, e difficilmente riuscirà a metterne in piedi uno nuovo da qui a fine mese, confermando la effettiva rivoluzione uscita dalle ultime elezioni, come si è visto subito dalla accozzaglia di voti servita per nominare la algida Ursula.

Insomma, nessun dubbio: in un mondo di giganti che fanno a sportellate con dazi e guerre locali, non possiamo permetterci una Europa così nana.

Senza una politica estera, senza una politica fiscale comune, senza un esercito.

Concentrata sul calibro degli zucchini e sugli aiuti di Stato (sui nostri, ovviamente, non su quelli di Francia e Germania), ma impotente di fronte alle sfide vere di questo albore di terzo millennio.

Non c’è da gioirne, ovviamente. Anzi.

C’è da essere molto preoccupati.

E realisti.

Fuori dalla retorica europeista o nazionalista.

Perché gli Stati da soli non bastano, e questa Unione zoppa neppure.

È vero: di Europa ce ne vuole. In fretta. Possibilmente diversa e migliore.

E noi, che di questa Europa facciamo parte, che facciamo?

Abbiamo un Ministro degli Esteri che, invece di stare attaccato al telefono con i leader di mezzo mondo per evitare il peggio, scende in strada a festeggiare il taglio di un po’ di parlamentari. L’unica mossa: convocare l’Ambasciatore turco in Italia alla Farnesina. Grande sforzo!

Abbiamo un presidente del Consiglio, Conte Bis, che protesta solo per la minaccia della Turchia di inviarci i profughi siriani.

Dei curdi non c’è menzione. Del genocidio di un popolo non si parla.

È questa la posizione del governo giallorosso?

Sarebbe vergognoso. Con una guerra-carneficina di grandi proporzioni, alle porte.

L’Europa non prospetta alcuna soluzione.

Non decide. Attenti a vedere la pagliuzza e non la trave.

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Putin: rischio di fuga per i miliziani Isis

In seguito all’operazione militare della Turchia nel nordest della Siria vi è il rischio che i miliziani dell’Isis lì detenuti “possano fuggire. Non sono sicuro che Ankara possa prendere il controllo della situazione”, interviene Vladimir Putin nel corso del summit dei capi della CSI ad Ashgabat.
“I combattenti dell’Isis sono concentrati in alcune zone della Siria settentrionale, sono stati sorvegliati dalla milizia curda fino a poco tempo fa. Ora l’esercito turco sta entrando nell’area e i curdi stanno lasciando questi campi. Loro (i prigionieri) possono fuggire”, ha aggiunto, sottolineando: “Non sono sicuro che l’esercito turco possa rapidamente assumere il controllo della situazione”.
Secondo l’intelligence dello Stato Maggiore russo ci sono centinaia di combattenti terroristi in quelle aree, “migliaia di loro, se parliamo di paesi della CSI – ha detto – Dobbiamo capire e come mobilitare i nostri servizi di sicurezza per contenere questa nuova minaccia emergente”. (Da Quotidiano.net)

IN CANADA, CHE BELLO!


 IN CANADA, CHE BELLO!

In sintesi, al G7 arriva Trump, altro prodotto avariato di una società sbandata che ha perso qualsiasi dignità e coscienza personale, e pensa di imporre ai partner europei il ritorno di Putin, non perché lo ami, tutt’altro.

Piuttosto perché è il grimaldello che distruggerebbe l’UE e permetterebbe agli USA di dominare economicamente sul Mondo, quando e come decidono loro.

Il neo PdC, nostro, privo di qualsiasi esperienza in merito, e pure di qualsiasi furbizia che almeno gli avrebbe suggerito di tacere, risponde entusiasta: siiiiiii, che bello!

Naturalmente, non se lo fila nessuno, tranne Trump che avrà pensato: che era un pollo lo si capiva, ma fino a questo punto mai.

In serata Macron, Merkel e Trudeau dicono un no netto al ritorno della Russia nel G8. Prima si ritiri dalla Crimea, garantisca processi democratici nel suo Paese, e poi, forse, se ne parlerà.

E’ un calcio sui denti a Trump, ma anche all’Italia, che sottoscrive senza fiatare il documento, preparato dai suddetti Macron, Merkel e Trudeau, smentendo tutto ciò che aveva affermato due ore prima.

Però dobbiamo sentirci rassicurati dalla presenza del consigliere Casalino, quello che, in mutande, si lamenta della puzza dei poveri, siamo sicuri che non  lascierà mai solo il neo PdC italiano, e gli dirà come comportarsi, lui che è un esperto di immagini del Grande Fratello uno!

Intanto, il compare di merende LeFelp, qui in Italia, dopo aver rotto i rapporti diplomatici con la Tunisia, l’unico Paese, e sottolineo l’unico, che rispetta gli accordi di rimpatrio degli immigrati irregolari, per portare avanti l’opera megacalattica due soldi messa in scena per la goduria del popolo, li rompe anche con Malta.

Il terzo compare, intubato nel suo completino, se non spara una cazzata ogni mezz’ora sembra star male, dichiara che non siamo in Europa con il cappello in mano.

Visto l’andazzo, più modestamente, mi accontento se ci lasciano almeno le mutande.

 

PROTEZIONISMO E GLOBALIZZAZIONE


PROTEZIONISMO E GLOBALIZZAZIONE

La nostra vita è segnata, in questi momenti, da incertezza politica, economica e sociale. La paure aumentano e dentro di noi sentiamo la necessità di avere protezione. Ma appena qualcuno ci prova, anche con proposte concrete, subito si alza il coro delle anime belle che lo accusano di egoismo.

Due esempi:

È accaduto a Minniti che ha tentato di porre un freno all’immigrazione. È diventato un persecutore di poveri disgraziati.

È accaduto a Trump, per le sue politiche fiscali e dazi doganali. Il coro dice: «Dagli a Trump il protezionista».

Ma siamo sicuri di dover dare loro torto?

E non è protezionistica la pretesa tedesca di violare i limiti europei al commercio estero facendo così l’interesse delle proprie aziende e penalizzando quelle dei partner?

E non era forse protezionismo quello della Francia che, inneggiando al “patriottismo economico”, si attribuì il potere di bloccare le acquisizioni straniere?

Per carità, tutti sono criticabili, ma il moralismo non aiuta a nessuno, anzi l’alternativa al protezionismo non è il moralismo: sono le regole.

Quelle regole che nessuno pensò di imporre alla Cina quando Clinton gli spalancò le porte dell’Organizzazione mondiale del commercio (Wto).  In questo modo la Cina ha sottratto il cambio della propria moneta alle valutazioni dei mercati e, negando i diritti dei lavoratori,  fa una concorrenza sleale all’Occidente. Concorrenza sleale che ha messo in crisi anche nostre attività economiche. Del resto basta dare un’occhiata all’interscambio: per l’Italia la bilancia con la Cina segna un meno 18 miliardi di euro all’anno.

Allora diamoci una mossa. O si ha la forza di resuscitare un G8 che dia regole eque e certe a una globalizzazione sfrenata, oppure ciascuno è libero per sé. Le regole in vigore oggi sono continuamente violate da un Paese totalitario che pratica il mercato libero a senso unico.

Questo argomento è stato affrontato in campagna elettorale? No, nemmeno un cenno, tantomeno dai cosiddetti salvatori del popolo, i pentastellati del cavolo, o dal cavalcatori della paura, insomma da quellli che gridano più di tutti. No di Europa non si parla, interessano solo le tasse, e i migranti e le loro poltrone. Ma che le fabbriche chiudano o delocalizzino, no, non interessa a nessuno.

PER ME È ARABO


PER ME È ARABO

È un episodio vero accaduto un anno fa.

Se sentite qualcuno esclamare «Per me è arabo!» mentre guarda un’espressione matematica, sappiate che, di questi tempi, il senso della frase potrebbe andare al di là del semplice «Non ci capisco una fava!», e rivelare invece diffidenza o addirittura timore, paura.

Volo interno negli U.S., da Philadelphia a Syracuse, 45 minuti in tutto. Una ragazza sui 30 guarda con perplessità il suo vicino di posto che continua a tracciare misteriosi tratti sul suo tablet. Prova ad attaccare discorso: «Abita a Syracuse?» La risposta è laconica: «No», e il tizio ritorna rapidamente al suo tablet.

La ragazza si agita, annota qualcosa su un foglietto di carta, chiama l’hostess e le chiede di consegnare il suo messaggio al comandante.

Ancora qualche minuto e l’aereo spegne i motori. Subito dopo i passeggeri vengono invitati a scendere dall’aereo.
A terra il tizio del tablet, capelli ricci, carnagione mediterranea, viene avvicinato da un agente FBI che comincia a fargli qualche domanda. Alla fine arriva quella cruciale: «Abbiamo ragione di sospettare che lei sia un terrorista. Può spiegarci cosa stava scrivendo sul tablet?»
«Un’equazione differenziale».

Già, perché il tizio misterioso è Guido Menzio, laurea con lode in Economia a Torino, insegnante alla University of Pennsylvania, in mezzo diversi premi: Kravis Award for Outstanding Undergraduate Teaching nel 2007, Carlo Alberto Medal for Best Italian Economist Under 40 nel 2015.
E sul tablet stava rivedendo il modello di price-setting che avrebbe presentato nel suo intervento alla Queen’s University di Ontario, non il modo per far saltare in aria l’aereo.

I passeggeri risalgono sull’aereo. Solo la ragazza, non ancora convinta, chiede di salire sul volo successivo. Alla fine, con quasi due ore di ritardo, l’aereo decolla.
Trump’s America is already here. It’s not yet in power though. Personally, I will fight back, ha scritto Menzio sulla sua pagina Facebook.
L’America di Trump, mix di ignoranza e razzismo è già qui.

Tranquillo, è in buona compagnia. Vogliamo parlare dei muri che si sono costruiti in Europa? O rimanere in casa nostra e parlare delle esternazioni salviniane e grilline?

(Nell’immagine: Guido Menzio)

AMERICA, AMERICA…


donaldotrumpAMERICA, AMERICA

Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha attaccato su twitter una catena di distribuzione che si è permessa di ritirare la collezione creata da sua figlia.

Il tenore del tweet farebbe anche sorridere, venendo da uno degli uomini più potenti del mondo («Mia figlia Ivanka ha ricevuto un trattamento così ingiusto…»).

Ma questo è solo l’ultimissimo e forse persino il meno grave episodio di una lunga serie, che ci ricorda quotidianamente il gigantesco conflitto d’interessi di cui il presidente è fiero e indisturbato portatore.

E a me ricorda anche tutti gli intellettuali e giornalisti che per venti anni ci hanno spiegato che il conflitto di interessi di Silvio Berlusconi sarebbe stato impossibile in qualunque altro paese moderno, che una cosa simile poteva succedere «solo in Italia», che in America non sarebbe stato neanche pensabile e che per sistemare le cose sarebbe bastato copiare le loro rigorosissime norme antitrust.

Dunque, se non lo si faceva in un baleno, era perché la sinistra era venduta e corrotta.

Già, solo che l’Italia ha il primato, l’America è arrivata dopo. Una volta tanto!