“È ORA DI SVEGLIARSI”


“È ORA DI SVEGLIARSI”

A maggior ragione dopo i riferimenti all’Italia di Vladimir Putin, ritengo importante portare all’attenzione alcuni estratti dell’intervento pronunciato dall’ammiraglio Carlo Dragone, capo di Stato Maggiore della Difesa, pochi giorni fa. 

 Riassumerei il tutto questo titolo: “È ora di svegliarsi”.

Ecco le sue parole:

 “La difesa della libertà è doverosa, necessaria, e riguarda tutti. Da Kviv, dove sono stato recentemente in visita, la realtà che abbiamo finora vissuto, il mondo che abbiamo finora conosciuto, si percepiscono sotto una luce del tutto inedita e densa di interrogativi.

C’è un Paese che combatte per la sua. e anche per la nostra, libertà di poter scegliere il proprio futuro.

 L’aria che si respira in Ucraina o in Stati vicini come la Moldavia è resa soffocante, non solo dalla pressione militare russa, che non risparmia i centri abitati e le infrastrutture civili, ma da una narrativa fuorviante e incalzante a tutti i livelli, il cui obiettivo è di condizionare il libero arbitrio e quindi le libertà democratiche che ne discendono e che nessuno vuole vedersi negate.

La difesa della loro e della nostra libertà non è assolutamente un concetto retorico, ma una discriminante prioritaria del nostro sostegno incondizionato all’Ucraina.

Due visioni antitetiche della realtà e del mondo si contrappongono.

 E noi non possiamo permetterci tentennamenti o distinguo.

Ne va del nostro modello di vita, dei nostri valori.

 Stiamo assistendo proprio in questi giorni all’intensificarsi di una strategia di disinformazione russa che vede impegnato in prima fila lo stesso Putin. Con l’obiettivo di disorientare le nostre opinioni pubbliche attraverso la diffusione di una narrativa fallace i cui cardini sono principalmente tre:

– l’immagine di una Russia desiderosa di pace;

– il quadro di una guerra ormai inutile e il cui esito a vantaggio di Mosca non è più in discussione;

– la percezione di un Occidente ormai stanco di sostenere un conflitto di attrito costoso e senza speranze di successo.

L’obiettivo di Mosca è di approfittare della finestra di opportunità apertasi con l’imminente stagione di consultazioni elettorali che interesseranno anche altri Paesi atlantici dell’Occidente.

Ben diversa è però la realtà dei fatti.

La Russia che sperava in una “guerra lampo” si trova invece impegnata in un conflitto di attrito a lunga durata, accusando ingenti perdite, di uomini e di mezzi. Nessun obiettivo militare primario di Mosca può dirsi raggiunto. Per fare un esempio: la flotta russa del Mar Nero, che continua a subire danni importanti, ha notevolmente ridotto il suo raggio operativo.

E infine: il supporto dell’economia allo sforzo bellico non sarà sostenibile a lungo alla luce di sanzioni sempre più stringenti e di un impegno finanziario per la difesa nazionale salito a circa il 6,2% del PIL, che è pari a 1/3 dell’intera spesa pubblica.

Dobbiamo guardare alla geopolitica di domani con grande realismo.

La NATO è il vero scudo di cui disponiamo per difendere la libertà e la democrazia.

Il Segretario generale della NATO ha recentemente dichiarato che il confronto con la Russia avrà una portata decennale.

Da Tel Aviv, dove sono stato nelle scorse settimane e ho toccato con mano la drammaticità di una crisi che è interesse di tutti risolvere il più rapidamente possibile, si comprendono chiaramente le implicazioni della citata frase d Stoltenberg: la guerra in Ucraina potrebbe anche finire molto prima, ma in realtà gli effetti innescati da tale conflitto si sono propagati a livello globale, accelerando dinamiche e tensioni già preesistenti, come l’attuale crisi in Medio Oriente, e che richiederanno molto tempo per riassorbirsi”.

C’è bisogno di informazione indipendente.

 

LA SINDROME DELLA MORTE IMPROVVISA


LA SINDROME DELLA MORTE IMPROVVISA

La “sindrome della morte improvvisa” che, secondo l’incredibile versione di Putin (e qualcuno,  infatti, ci crede), ha colpito Aleksej Navalny nel lager siberiano, dove il regime lo aveva rinchiuso, perché non ne uscisse mai più, dovrebbe aiutare anche i più sprovveduti, ammesso che qualcuno ci sia,  a capire definitivamente con chi abbiamo a che fare.

E bisogna essere davvero sprovveduti, ai limiti e oltre della dabbenaggine, oppure, con maggiore probabilità, sostenitori, complici o sodali, per rifiutarsi di vedere l’evidente.

Eppure c’è chi sfida il ridicolo e ogni riferimento ai leghisti nostrani è puramente casuale.

Gira sulla rete un collage di dichiarazioni (e sono tantissime, con video e audio originali) di Salvini, ed anche di Meloni, nelle quali si esaltano le doti di statista di Putin: roba di solo pochissimi anni fa. Fanno rabbrividire. 

Qualcuno ha paragonato questo ennesimo omicidio al delitto Matteotti, ma non serve andare tanto in là.

I regimi dittatoriali eliminano i dissidenti per definizione: non lo facessero e li lasciassero liberi di dissentire, non sarebbero dittatoriali.

Sembra ovvio, no?

Ma qui c’è sempre qualcuno che ne sa una più del diavolo e quindi aspetta i risultati dell’indagine (intanto il corpo è sparito), come se avessimo a che fare con un normale Stato di diritto.

Scommettiamo che risulterà che “è morto perché morto”?

Ma tanto purtroppo ora è irrilevante.

Questa nuova impresa del regime russo arriva a qualche settimana delle elezioni convocate anche colà, alle idi di marzo, ma il parallelo finisce lì, elezioni che, come affermano tutti i sondaggi, danno per vincente Putin, oppure Putin, ma forse anche Putin.

Fatto sta che ormai è chiarissima la direzione che ha preso la sua politica: Putin sta cercando,  e ci sta riuscendo, di accreditarsi come il punto di riferimento di tutte le forze anti-occidentali del pianeta: appoggia l’Iran, Hamas, Hezbollah, le forze della Jihad, chiunque abbia giurato di distruggere il mondo occidentale con i suoi valori, il suo modo di vivere, la sua storia.

Li ha già invitati a Mosca, li coordina, probabilmente li foraggia. Come starà facendo con tutte le forze che, in occidente, lavorano contro la democrazia, usando ogni mezzo, nessuno escluso.

Ma il mondo occidentale pare non averlo capito, visto che si divide, perde tempo, discute, distingue, attende, sperando in chissà quale miracolo.

Temo che non sarà così. 

 

 

PIÙ INVECCHI


PIÙ INVECCHI

Più invecchi, più cerchi scarpe comode.

Più invecchi, più vuoi solo presenze positive.

Più invecchi, e più mangi cibi sani, eviti l’alcol e cammini tanto.

Più invecchi, più fai selezione, della gente e di tutto.

Più invecchi, meno baratti la solitudine con presenze inutili.

Più invecchi, più sai selezionare e scegliere se stare in silenzio, se parlare, se ignorare.

Più invecchi, meno reagisci, e scegli spesso di ignorare.

Più invecchi, più importanza dai alle persone e meno alle cose.

Più invecchi, meno ti piacciono le discussioni, i conflitti, le provocazioni.

Più invecchi, più vorresti essere leggera leggera, fregartene di tutto e vivere alla giornata.

Più invecchi, più ti vuoi più bene e ami la pace e la serenità.

 

 

 

 

IMPARATE


IMPARATE

Imparate a non aspettare una telefonata, un messaggio, uno sguardo, un sorriso.

Imparate a non aspettare qualcuno che ha rallentato il passo perché ha voluto perdervi.

Imparate a non aspettare chi si dimentica dove vi ha lasciato.

Si aspettano i treni, gli aerei, i bus.

Si aspettano i saldi, le ferie, l’uscita di un nuovo film.

Persino la pioggia, si aspetta.

Ma chi non vuole esserci, no.

Perché sapete, ad aspettare chi ci ha dimenticato, si perde il tempo che ci resta e cresce solo l’angoscia.

 

 

PUZZA DI LETAME


PUZZA DI LETAME

In attesa che i pomodori, il vino, il pane, il latte e la frutta crescano spontaneamente nel frigorifero, l’agricoltura viene sempre bastonata in qualche modo.

Lo stop dell’esenzione Irpef per i redditi dominicali ed agrari, misura voluta dal Governo Meloni, non trova tutti d’accordo, specialmente in un periodo che si porta dietro cambiamenti climatici che hanno compromesso le produzioni, ma anche per le tensioni internazionali che non sono certo un toccasana per l’export e la stabilità dei prezzi.

In sostanza sono state aumentate le tasse a coltivatori diretti, imprenditori agricoli, aumentando l’Irpef per 248 milioni di euro all’anno.

La giustificazione del governo  per questa decisione è che questa misura andava soprattutto a beneficio di chi ne aveva meno bisogno, cioè i principali beneficiari di questi anni sono state le imprese con grande estensione di terreno, e redditi elevati.

Poi se ne lava le mani, perché, dice, siamo stati bravissimi: questo problema  l’abbiamo portato avanti in Europa per costruire un nuovo modello di tutela della sovranità alimentare, europeo ed italiano. Noi vogliamo che le risorse vadano a chi ne ha effettivamente bisogno e non vogliamo agricoltori che vivono di sussidi.

Non è vero perché era una  misura che “interessa tutti, nessuno escluso, e che è proporzionale se consideriamo la questione del piccolo o grande imprenditore: ognuno paga, proporzionalmente, rispetto a quanto possiede”, dicono le organizzazione degli agricoltori.

Eppure per vivere dobbiamo tutti mangiare e chi produce il cibo sono gli agricoltori, ma pare che sia la categoria di lavoratori meno conosciuta.

Sarà perché la puzza di letame non arriva nei piani alti del governo.

MELONI ATTACCA JOHN ELKANN E REPUBBLICA E FERISCE LIBERTÀ STAMPA E D’IMPRESA


MELONI ATTACCA JOHN ELKANN E REPUBBLICA E FERISCE LIBERTÀ STAMPA E D’IMPRESA

Ieri la Presidente del Consiglio ha attaccato John Elkann per “aver venduto ai francesi” e poi Repubblica dicendo che il quotidiano di Maurizio Molinari non ha diritto di criticare le privatizzazioni che ha in testa la Meloni perché la proprietà di Repubblica è in mano a Elkann. Abbiamo registrato l’ovazione da parte di chi non ha mai amato la Fiat, la famiglia Agnelli, Villar Perosa, la Juve e il dominio sabaudo.

Ma ciò che ha detto la premier è gravissimo. Nessuna antipatia verso la proprietà di Stellantis può giustificare una sgrammaticatura così volgare e insidiosa. In Italia la libertà di iniziativa economica è costituzionalmente garantita. Se io decido di vendere una mia proprietà il Premier non ha diritto di mettere in discussione la mia scelta. Mentre se il Premier decide di vendere un bene pubblico quale le quote di ENI chiunque ha il diritto di criticare. Anche e soprattutto un quotidiano che illustra una legittima posizione di dissenso rispetto al Governo.

È l’ABC della democrazia. Ieri la Meloni ha ferito la libertà di stampa ma anche la libertà d’impresa. E lo ha fatto come ritorsione a una critica. John Elkann può stare simpatico o meno. Ma i liberali alle vongole che oggi lo attaccano dovrebbero rendersi conto della gravità della posizione di Giorgia Meloni, una Influencer sempre più nervosa, sempre più restia a tollerare il dissenso.

Matteo Renzi

 

LE VECCHIE FAVOLE


LE VECCHIE FAVOLE

Oggi le favole non si raccontano quasi più ai bambini, che le hanno sostituite con la televisione e le storie inventate per loro. 

Ne troverete scritte di nuove, alcune su questo blog, aventi come soggetti gli animali, (La cornacchia e l’agnellino; La mucca e il tacchino; Il rospo la tartaruga e il papero; Lo scoiattolo e la tamia; Il setter fedele; La gatta e la babbuina) tanto per cambiare il modo e i soggetti di raccontare e coinvolgere maschi e femmine allo stesso modo.

Alcune favole vecchie, tra le più note, però, sono sopravvissute e tutti le conoscono.  

CAPPUCCETTO ROSSO

È la storia di una bambina al limite dell’insufficienza mentale che viene mandata in giro da una madre irresponsabile per cupi boschi infestati da lupi, per portare alla nonna malata, panierini colmi di ciambelle. Con simili presupposti la sua fine non stupisce affatto. Ma tanta storditezza, che non sarebbe mai stata attribuita ad un maschio, riposa sulla fiducia che si trova sempre, nel posto giusto al momento giusto, un cacciatore coraggioso e pieno di acume (maschio naturalmente), pronto a salvare dal lupo nonna e nipote.

BIANCANEVE

È anche lei una stolida ochetta  che accetta la prima mela che le viene offerta, per quanto sia stata severamente ammonita di non fidarsi di nessuno. Quando i sette nani si offrono di ospitarla, i ruoli si ricompongono: loro andranno a lavorare, ma lei terrà la casa in ordine, rammenderà, pulirà, cucinerà e aspetterà il loro ritorno. Anche lei vive con la testa nel sacco, l’unica qualità che le si riconosce è la bellezza ma, visto che essere belli è un dono di natura nel quale la volontà dell’individuo c’entra ben poco, anche questo non le fa molto onore. Riesce sempre a mettersi negli impicci, ma per tirarla fuori deve, come sempre, intervenire un uomo, il Principe Azzurro, che regolarmente la sposerà.

CENERENTOLA

È il  prototipo delle virtù domestiche,  dell’umiltà, della pazienza, del servilismo, del sottosviluppo ella coscienza, ma non è molto diversa agli altri tipi femminili descritti meglio odierni libri di testo per le scuole elementari e nella  letteratura infantile. Anche lei non muove un dito per uscire dalla situazione intollerabile, ingoia umiliazioni e sopraffazioni, è priva di dignità e di coraggio. Anche lei accetta il salvataggio che le viene dato da un uomo come unica risorsa, ma non è poi certo che costui la tratterà meglio di quanto sia stata trattata fino allora.

Atri esempi in breve.

PELLE D’ASINO gareggia in sottomissione con Cenerentola.  GRISELDA, la pastorella sposata dal principe che ha trovato in lei la donna ideale, accetta di essere angariata sadicamente da lui perché fa parte delle esaltate virtù femminili subire, senza ribellarsi, qualsiasi sopraffazione.

 

Questo ideale femminile è sopravvissuto, dato che spesso nei libri di testo per i bambini la mamma viene tuttora descritta come una malinconica e servile creatura che sorride sempre anche  se la insultano.

Le figure femminili delle favole appartengono a due categorie fondamentali: Le buone e le malvagie.

“È stato calcolato che nelle fiabe dei Grimm l’80% dei personaggi negativi siano femmine”.  Non esiste, per quanta cura si ponga nel cercarla, una figura femminile intelligente, coraggiosa, attiva, leale. Anche le fate benefiche non usano le proprie risorse personali, ma un magico potere che è stato loro conferito e che è positivo senza ragioni logiche, così come nelle streghe è malvagio.

La figura femminile provvista di motivazioni umane, altruistiche, che sceglie lucidamente e con coraggio come comportarsi, manca del tutto.

La forza emotiva con cui i bambini si identificano in questi personaggi conferisce loro un grande potere di suggestione, che viene rafforzato dagli innumerevoli e concordi messaggi sociali.

Se si trattasse di miti isolati sopravvissuti in una cultura che non li fa suoi, la loro influenza sarebbe trascurabile, ma, al contrario la cultura è permeata degli stessi valori che queste storie contrabbandano, sia pure indeboliti e sfumati.

I pochi esempi riportati sono significativi  e permettono la verifica dell’esistenza, anche in questo campo, di forti spinte a carico delle bambine perché continuino  a identificarsi in modelli deteriori di “femminilità”.

 

(Tratto da : Dalla parte delle bambine – di Elena Gianini  Belotti  – Feltrinelli ed.)

 

 

PIERO GOBETTI


PIERO GOBETTI

«Era un giovane alto e sottile, disdegnava l’eleganza della persona, portava occhiali a stanghetta, da modesto studioso: i lunghi capelli arruffati dai riflessi rossi gli ombreggiavano la fronte»

(Carlo Levi, in «Introduzione agli Scritti politici di Piero Gobetti», XVII, 1960)

«Io seguo con simpatia gli sforzi degli operai che realmente costruiscono un ordine nuovo. Non sento in me la forza di seguirli nell’opera loro, almeno per ora. Ma mi par di vedere che a poco a poco si chiarisca e si imposti la più grande battaglia del secolo. Allora il mio posto sarebbe dalla parte che ha più religiosità e spirito di sacrificio.»

(Piero Gobetti, lettera a Ada Prospero, 1920)

Nel maggio del 1924 Gobetti si reca in Francia a Parigi, e poi in Sicilia, a Palermo, per incontrare alcuni amici conosciuti durante il recente viaggio di nozze.

I suoi spostamenti sono seguiti dalla polizia italiana e, il 1º giugno,  Mussolini telegrafa al prefetto di Torino, Enrico Palmieri: «Mi si riferisce che noto Gobetti sia stato recentemente a Parigi e che oggi sia in Sicilia. Prego informarmi e vigilare per rendere nuovamente difficile vita questo insulso oppositore di governo e fascismo».

 Il prefetto obbedisce e, il 9 giugno, Gobetti viene percosso, la sua abitazione perquisita e le sue carte sequestrate. Come scrive a Emilio Lussu, la polizia sospetta che egli intrattenga rapporti in Italia e all’estero per organizzare le forze antifasciste.

Muore, a 25 anni,  alla mezzanotte del 15 febbraio del 1926,  a seguito delle percosse subite . 

E’ sepolto nel cimitero parigino di Père-Lachaise.

LA GALLINA CHE SI CREDE AQUILA


LA GALLINA CHE SI CREDE AQUILA

La gallina, anche se canterina, resta sempre un bipede che starnazza.

Basta il chicchirichì di un qualsiasi gallo a montargli la cresta e convincerla a tentare il volo.

La gallina non vola, può solamente battere le ali, saltellare e starnazzare, agitando rumorosamente le ali, e con ripetuti coccodè, riesce a mettere in riga i tanti galli che gli gironzolano attorno.

La Gallina, in mezzo a tanti polli, è la regina incontrastata del pollaio.

Può succedere che, per farsi bella agli occhi dei tanti merli del giornalismo, possa fare dei vigorosi coccodè, appena finito di deporre l’uovo, e sentirla starnazzare, per almeno tre ore, felice nel pollaio, tra chicchirichì di carte segrete, burattinai e poteri forti.

La gallina si crede un’aquila, dal suo trono di letame, esercita il potere sugli altri polli che la stanno a sentire, facendogli da coro.

Il dramma vero è quando si convince di poter volare come un’aquila.

Quando, incoraggiata da galli, galline e qualche grillo infiltrato nel pollaio, si avventura in pericolosi lanci nel vuoto, dal tetto del pollaio.

Povera Gallina, col culo per terra, rotta e malconcia a prendersela con chi gli ride in faccia, con chi cerca di convincerla che somiglia più ad una cornacchia che ad un’aquila.

La povera gallina, prova ancora un ultimo lancio, ma, inevitabilmente, finisce in una pozzanghera di letame.

Mentre i merli ci raccontano un maestoso volo di un’aquila reale.

Così ce la raccontano.

(Dal Web)

L’ONOREVOLE PISTOLERO


L’ONOREVOLE PISTOLERO

Sono sempre un po’  in ritardo con le notizie  che riguardano la politica, un po’ perché al momento, almeno per me, non è di grande interesse anzi assai noiosa, ma anche perché gli eccessi sono tanti che uno scritto al giorno non sarebbe sufficiente, è un lavoro che lasciamo fare ai professionisti.

Ma a me, singola cittadina, vivente in questo tempo e in questo paese, ogni tanto qualcosa colpisce di più e, anche se a scoppio ritardato, mi viene voglia di parlarne un po’ sul diario personale o blog che dir si voglia.

Cenone di capodanno.

Tutti noi lo passiamo nel modo che ci sembra più normale.

Chi a sciare, chi in piazza a un concerto, chi a ballare.

Quest’anno noi siamo stati a casa con alcuni amici: abbiamo mangiato e bevuto bene e poi vai di karaoke e chitarra fino alle tre del mattino. Persone normali, insomma, come tutti quelli che brindano al nuovo anno in modo normale.

Poi ci sono i deputati della Meloni.

Che di normale hanno ben poco.

 A Biella durante la festa del sottosegretario Delmastro, un deputato di Fratelli d’Italia, avrebbe colpito con uno sparo il genero di un agente della scorta di Delmastro.

Cioè mentre gli italiani giocano a Risiko e storpiano le canzoni di Baglioni e de Gregori, il gruppo dirigente di Fratelli d’Italia spara!

Il tale onorevole di Fdl festeggia e si porta dietro la pistola, perché non si sa mai. Ci sono tanti comunisti in giro, vedi mai che…..

Ma non è la notizia in sé dello sparo, in altre parti del paese succede, purtroppo, ma che sia un onorevole a farlo è una notizia che colpisce e fa vergogna. Sarà un uomo come un altro, qualcuno dirà, certo, ma la carica che ricopre dovrebbe insegnarli anche come comportarsi, se ci tiene al rispetto dei cittadini, anche di quelli che l’hanno votato.

Non solo: ma che ci fanno gli agenti della scorta al cenone?

E  i parenti degli agenti della scorta?

E soprattutto ma perché portare le pistole alla festa di capodanno in presenza di deputati e di membri del Governo?

Quella della Meloni non è una classe dirigente: sono inadeguati, incapaci, impresentabili.

E pericolosi persino per loro stessi.

Se questo è il modo con il quale iniziano l’anno, figuratevi cosa potrà accadere in questo 2024.

In attesa che tolgano il porto d’armi al deputato pistolero, mi auguro che Delmastro se ne vada il prima possibile dal Governo.