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LA VIOLENZA TRAVOLGE LA POLITICA


LA VIOLENZA TRAVOLGE LA POLITICA

A Meloni basterebbe finirla con le balle e lavorare per il popolo!

Altrimenti è istigare il popolo! È andarsele a cercare!

Poi arriva “la violenza che travolge la politica” e serve Mattarella per calmare gli animi.  

C’è sempre un limite da rispettare. Sia da una parte che dall’ altra.

E in democrazia si chiama rispetto, sia istituzionale che popolare.

Altrimenti si arriva alla rivoluzione o al fascismo! 

Che è quello che cerchi di attuare! Vero Giorgia?

Il Presidente Mattarella, come sempre, richiama la politica al decoro e al rispetto.

Ha ragione.

Soprattutto per il fatto che sarebbe il caso di non perdere tempo in accuse e controaccuse.

Bisognerebbe occuparsi di cose molto più concrete che possano migliorare le condizioni di vita in Italia e affrontare nel modo migliore le crisi internazionali.

Se Meloni è stata offesa nel suo ruolo di Presidente del Consiglio, ha la mia solidarietà.

Per il resto non condivido nulla della sua politica.

Come sempre il Presidente Mattarella dice cose sacrosante, che non si possono non condividere.

La grande amarezza consiste nel fatto che ormai sono quasi un’utopia, in questo mondo sempre più in decadenza.

Nessuna violenza è giustificata o tollerata.

Quindi è giusto chiedere scusa quando si sbaglia o quando si esagera con atti vandalici.

Però Mattarella ha la funzione di sorveglianza e di coordinamento.

Di fronte a episodi di violenza o di tumulti di piazze, un Presidente della Repubblica ha anche il compito di chiedersi il perché certi fenomeni violenti accadono, ha il compito di rimuovere possibilmente le cause confrontandosi con tutte le forze politiche che ci governano.

Insomma un Mattarella meno nascosto e più visibile e attento alle lamentele dei cittadini.

 

 

MELONI ATTACCA JOHN ELKANN E REPUBBLICA E FERISCE LIBERTÀ STAMPA E D’IMPRESA


MELONI ATTACCA JOHN ELKANN E REPUBBLICA E FERISCE LIBERTÀ STAMPA E D’IMPRESA

Ieri la Presidente del Consiglio ha attaccato John Elkann per “aver venduto ai francesi” e poi Repubblica dicendo che il quotidiano di Maurizio Molinari non ha diritto di criticare le privatizzazioni che ha in testa la Meloni perché la proprietà di Repubblica è in mano a Elkann. Abbiamo registrato l’ovazione da parte di chi non ha mai amato la Fiat, la famiglia Agnelli, Villar Perosa, la Juve e il dominio sabaudo.

Ma ciò che ha detto la premier è gravissimo. Nessuna antipatia verso la proprietà di Stellantis può giustificare una sgrammaticatura così volgare e insidiosa. In Italia la libertà di iniziativa economica è costituzionalmente garantita. Se io decido di vendere una mia proprietà il Premier non ha diritto di mettere in discussione la mia scelta. Mentre se il Premier decide di vendere un bene pubblico quale le quote di ENI chiunque ha il diritto di criticare. Anche e soprattutto un quotidiano che illustra una legittima posizione di dissenso rispetto al Governo.

È l’ABC della democrazia. Ieri la Meloni ha ferito la libertà di stampa ma anche la libertà d’impresa. E lo ha fatto come ritorsione a una critica. John Elkann può stare simpatico o meno. Ma i liberali alle vongole che oggi lo attaccano dovrebbero rendersi conto della gravità della posizione di Giorgia Meloni, una Influencer sempre più nervosa, sempre più restia a tollerare il dissenso.

Matteo Renzi

 

LA GALLINA CHE SI CREDE AQUILA


LA GALLINA CHE SI CREDE AQUILA

La gallina, anche se canterina, resta sempre un bipede che starnazza.

Basta il chicchirichì di un qualsiasi gallo a montargli la cresta e convincerla a tentare il volo.

La gallina non vola, può solamente battere le ali, saltellare e starnazzare, agitando rumorosamente le ali, e con ripetuti coccodè, riesce a mettere in riga i tanti galli che gli gironzolano attorno.

La Gallina, in mezzo a tanti polli, è la regina incontrastata del pollaio.

Può succedere che, per farsi bella agli occhi dei tanti merli del giornalismo, possa fare dei vigorosi coccodè, appena finito di deporre l’uovo, e sentirla starnazzare, per almeno tre ore, felice nel pollaio, tra chicchirichì di carte segrete, burattinai e poteri forti.

La gallina si crede un’aquila, dal suo trono di letame, esercita il potere sugli altri polli che la stanno a sentire, facendogli da coro.

Il dramma vero è quando si convince di poter volare come un’aquila.

Quando, incoraggiata da galli, galline e qualche grillo infiltrato nel pollaio, si avventura in pericolosi lanci nel vuoto, dal tetto del pollaio.

Povera Gallina, col culo per terra, rotta e malconcia a prendersela con chi gli ride in faccia, con chi cerca di convincerla che somiglia più ad una cornacchia che ad un’aquila.

La povera gallina, prova ancora un ultimo lancio, ma, inevitabilmente, finisce in una pozzanghera di letame.

Mentre i merli ci raccontano un maestoso volo di un’aquila reale.

Così ce la raccontano.

(Dal Web)

UN GOVERNO DI CAPRE


UN GOVERNO DI CAPRE

La Meloni, ora è di moda e accumula consensi, per ora “virtuali”, non ancora voti veri.

Stando ai sondaggisti e alla propaganda di tutte le tv, rai e non rai, e giornalistica supina varia, vola già oltre il 50% (Esagero, ma non tanto).

La Meloni, eh….sì, proprio lei da anni e anni in politica, mantenuta.

Davvero qualcuno pensa che lei possa essere un capo di governo?

Davvero qualcuno pensa che la Meloni abbia la competenza, l’istruzione e la maturità per governare uno Stato?

Davvero pensate che il vero problema della Meloni sia il fascismo e non la sua ignoranza?

Il problema sono coloro che, più ignoranti di lei, la considerano una statista.

Il problema è il livello medio di maturità del Paese.

Il problema è chi pensa agli stipendi degli insegnanti e non alla qualità dell’insegnamento.

Il problema è chi, dinnanzi alle puerili proposte fiscali della destra, propone nuove tasse alimentando la propaganda della destra.

Il problema è chi dinnanzi alla diffusa immaturità della destra e del Paese, ha risposto con una confusa strategia politica.

La destra se vincerà avrà il 45% al massimo ma il resto è del 55%, stava al PD, fare una proposta politica credibile, per stare tutti insieme.

Invece il PD prima dice “o Conte o morte”, poi dice “con tutti tranne Italia Viva”, poi fa un accordo con Calenda, ma il giorno dopo fa l’accordo con chi tifa per Putin ed è contro la Nato.

Se la destra vince, sarà non per merito della ragazzetta isterica, ma della isteria politica del PD che, dopo quasi 5 anni, continua ancora a vivere di rancori e dispettucci puerili verso Renzi ed i “renziani”.

Per il PD “ha stato sempre Renzi “.

Solo, che anche questa volta, tocca a Renzi provare a tirare fuori il coniglio dal cilindro, per salvare il Paese da un governo non di fascisti, bensì di capre.

Che se non hanno capito sino ad ora, non potranno capirlo più.

FANTAPOLITICA


FANTAPOLITICA

Le elezioni più pazze del mondo ma anche le più importanti. Una campagna elettorale più brutta di sempre, ma anche la più pericolosa.

Partiamo da chi ha fatto cadere il governo Draghi: i reduci dei 5Stelle, o meglio Giuseppe Conte. Il sig. Nessuno che da quando è stato a Palazzo Chigi si è montato un pochino la testa. E’ riuscito a far esplodere il Movimento in tante piccole stelle cadenti. E’ riuscito a far diventare persino Di Maio un novello statista. E come se non bastasse il piccolo Luigi ha pure creato un nuovo partito. Non vedevamo l’ora. E ad aiutarlo si è messo addirittura il sindaco di Milano.

Solo a pensarlo qualche mese fa era pura fantapolitica. Ma le vie di Palazzo Chigi sono infinite. L’avvocato del Cremlino ora rischia anche di perdere il simbolo del Movimento se continuerà ad insistere sulle deroghe ai due mandati. Potrebbe finire con un grande vaffa di Grillo a Conte. In tutto questo lo psicodramma dei parlamentari grillini in cerca di un rinnovato seggio.

Poi c’è la Lega di Salvini. Anche oggi su La Stampa una ricostruzione che fa sempre più capire i forti legami di Putin con Salvini. Non dimentichiamo che la Lega e il partito di Putin hanno stretto da tempo un accordo programmatico. Se ci fosse un briciolo di attenzione in più questo fatto dovrebbe indignare tutto il popolo italiano.

Per non parlare di eventuali violazioni di carattere anche penale, ossia dare informazioni e collaborare con uno Stato che ci ha dichiarato ostili e che è in guerra contro una libera nazione. Fatti incredibili su cui si dovrebbe riflettere realmente.

Poi c’è Silvio Berlusconi. “Povero Silvio”, direbbe il comico di Zelig. A settembre Berlusconi compie 86 anni. Non è proprio molto lucido e sembra sempre più vittima di badanti che decidono per lui. La scelta di non votare la fiducia a Draghi è un segno irreversibile verso la fine politica di Forza Italia. Non a caso i tre ministri di Forza Italia del governo Draghi hanno lasciato Berlusconi: Gelmini, Brunetta, Carfagna e molti parlamentari collegati hanno lasciato Forza Italia. E molti altri andranno via. Praticamente il centro rappresentato da Forza Italia non esiste più.

Tutti alla corte della Meloni. Usato sicuro ma con idee e capacità politica pessima. La Meloni è colei che vuole uscire dall’Europa e che non garantisce stabilità. Insomma, una destra unita solo dalla coerenza per amore del potere e della poltrona. Un quadro desolante. Ma non finisce qui.

Poi c’è il Pd. O meglio la sua Ditta di anima thailandese, dove comandano Bettini e D’Alema. Hanno sdoganato i 5stelle e soprattutto Conte. Hanno sfiduciato Draghi e ora fanno finta di non candidarsi insieme. Ridicoli. Lo sanno tutti che governano insieme in alcune Regioni e che poi eventualmente si riuniranno. Poi ci sono i veti contro Renzi. Poi c’è Calenda che vuole candidarsi a tutto comprese le elezioni per mister Italia.

Insomma, liste ed eventuali coalizioni che non hanno nulla di nuovo e nulla di fresco. Dove Berlusconi ancora si ricandida per diventare poi presidente del Senato. Scene da film di Albanese. Ma come direbbe qualcuno, questi siamo. Tanti piccoli uomini che altro non sanno fare che stare in Parlamento. La soluzione migliore e più credibile sarebbe ogni partito per conto suo. Un nuovo governo Draghi con i partiti che avranno le stesse idee veramente e non vecchie casacche scolorire di appartenenza.
Ma difficilmente sarà così.

Sarà una corsa per il seggio sicuro.
Per il governo si vedrà.

(Andrea Viola –  Il Fatto Quotidiano)

DIGNITÀ PERDUTA


DIGNITÀ PERDUTA

I messaggi di minacce del terrorista russo al nostro Paese, erano ampiamente prevedibili, qui ha una colonia di fiancheggiatori a libro paga, unica in Europa, ed una opinione pubblica imbarazzante, manovrata da anni di disinformazione e narrazioni compiacenti.

Alcui esempi:

Berlusconi nel 2010, in visita in Russia, definiva Putin “UNO DONO DI DIO”.

Salvini nel 2015, al Parlamento europeo, mentre indossava la maglietta con la faccia di Putin, diceva: “SCAMBIO DUE MATTARELLA IN CAMBIO DI MEZZO PUTIN”.

Grillo, nel 2017, in un suo blog, scriveva che la politica ha bisogno di “STATISTI COME PUTIN”.

Meloni, nel suo ultimo libro pubblicato l’anno scorso, sottolineava come “LA RUSSIA DIFENDESSE I VALORI EUROPEI E L’IDENTITÀ CRISTIANA”.

Cui va aggiunto Bersani, che, all’assemblea del partito Art. Uno, ha detto: che non si “DEVE PENSARE CHE LA RUSSIA PERDA QUESTRA GUERRA, EH?”

(Qui apro una parentesi doverosa: Lo spazio in cui milita Bersani, fa riferimento all’area culturale post/neo/ancora comunista o più genericamente anticapitalista. Non si identifica con il dittatore Putin, come quelli di destra, ma il messaggio comunista, è molto più semplice “il nemico del mio nemico è mio amico”. Il nemico principale dell’area culturale comunista o anticapitalista è, infatti il capitalismo, e le sue strutture. Nella fattispecie la Nato, gli Usa e la globalizzazione).

Quindi  ci troviamo italiani ossequiosi e servili, che, in questi anni, hanno sfilato al Cremlino, nelle hall degli alberghi moscoviti, ai festini nelle dacie presidenziali, per imbonirsi il despota, ricevendo in cambio denaro ed appoggio politico.

Ne decantavano le lodi da giornaletti collusi e fottevano il nostro Paese consegnandoci all’orso bianco, che con le minacce continue di chiuderci il gas e di puntare alle nostre teste le sue bombe atomiche, vuole ricordare ai lacchè nostrani il debito di riconoscenza e la possibilità certa di essere posti sotto ricatto.

Hanno permesso la parata propagandistica ai centinaia di militari russi sul nostro suolo, in tempo di pandemia, hanno trasformato il nostro Paese in una colonia, con l’assenso compiaciuto e colpevole del populismo di destra e di sinistra.

C’è chi ha stretto alleanze con il partito fantoccio di Putin, chi alle sue farse congressuali mandava delegazioni plaudenti.

Chi si faceva immortalare con il colbacco, chi esponeva imbarazzanti magliettine, chi oggi vorrebbe il terrorista a capo della Russia in audizione al Parlamento italiano. Sono sempre gli stessi, solo che oggi fanno gli gnorri.

Gli stessi che in Italia sobillavano l’ignoranza conducendo gli italiani alla dipendenza energetica dalla Russia di Putin. Quella che oggi, tra la smemoratezza e la rimozione di molti, stiamo pagando a caro prezzo (ricordo che, in questi ultimi due anni, la fornitura di gas russo all’Italia, è triplicata).

(E qui apro un’altra parentesi e parlo di Renzi. Mi permetto di citare, prima, una frase famosa di Arnold Glasgow : “Un vero leader è colui che è capace di riconoscere un problema, prima che diventi un’emergenza”. E Renzi lo aveva capito almeno 6-8 anni fa, quando sosteneva che l’Italia doveva diversificare le forniture del gas. E Putin, con le orecchie lunghe, lo capì e con l’aiuto dei suoi accoliti italiani, cominciò a demolirlo sistematicamente. Per anni, giornali, giornalisti, talk show hanno vissuto su Renzi e sulla sua distruzione politica, compresa la sua famiglia. Ma Renzi aveva ragione da vendere, lo stiamo capendo adesso, troppo tardi, e aveva ragione anche il Renzi D’Arabia, quando andava là, dove c’è petrolio non russo).

Però il despota russo è deluso da quelli che riteneva i fedeli fiancheggiatori italiani e sperava che, dall’Italia, potesse partire uno squarcio nel panorama di unità europea.

Per fortuna alla guida del Paese ora c’è un’altra persona e i suoi amichetti sono un po’ appannati. Tuttavia qualcuno, per rifarsi una verginità, è andato a sputtanarsi in mondovisione al confine polacco, a qualcuno è rimasta la pochette, qualcuna se ne sta furbamente in disparte, in attesa di cavalcare la crisi, mentre i fedelissimi si agitano a favore di telecamere in atti di prostrazione.

Dopo l’avvertimento di questi giorni, ci aspettiamo un aumento esponenziale degli osanna putiniani.

Il suo messaggio di richiamo e ricatto non cadrà nel vuoto, in troppi in questo Paese hanno da perdere e molto.

E a perdere non saranno quelli ricchi che hanno tutto, ma i più poveri, quelli che da sempre sono le vittime di queste distorte ideologie, spesso facili alle manipolazioni di furbi e furbastri informatori della disinformazione.

MOLTO È CAMBIATO


MOLTO È CAMBIATO

Abbiamo assistito alla voglia di cavalcare l’onda di ritorno di alcuni personaggi che non si rassegnano a perdere, o a restare da parte.

Il primo è Trump, di cui tutti conosciamo l’ostinazione a voler restare alla Casa Bianca, nonostante la sconfitta, sempre alla ricerca di voti inesistenti e di brogli. Come sempre, tutti gli sconfitti ripetono, ossessivamente, la litania dei brogli elettorali.

In miniatura, troviamo, il Salvini nostrano. Ci spera tanto, dopo il Covid di ritornare come prima, magari spera nel voto, per poter diventare presidente del Consiglio, e, come prima, ripiega ossessivamente su un unico argomento: la riapertura dei porti, a coloro che, secondo lui, con i banconi ci portano il virus, perché sa che è un argomento vincente per lui.

L’urlatrice Meloni, lo segue a ruota, anche lei priva di argomenti politici.

Questi, di casa nostra, cosa possono promettere?

Rancore e capri espiatori, per celare la propria impotenza.

Ma la maggioranza delle donne e degli uomini “sente” che non si può.

Molto è cambiato.

Salute, aria, acqua, cibo, casa, sono beni da preservare, anche a costo di sacrifici.

C’è un rischio, naturalmente, che così si rinunci a molte libertà.

Però è un sollievo che questa “disgrazia” collettiva, non sembri utilizzabile, per gli strateghi dell’odio e della discriminazione, sempre in agguato.

Gran parte del paese accetta le restrizioni del governo anche per Natale e Capodanno.

Sono stati fatti errori, certo, si sarebbe potuto far meglio, ma è da idioti fabbricare un altro incubo come quello che ci e toccato, dopo la sconsiderata incoscienza dell’estate.

È vero, ieri c’è stata una rissa tra giovani a piazza del Popolo, nel centro di Roma. Alla faccia della sicurezza.

Ma anche chi infrange le regole sa che non dovrebbe.

 

GLI “STATI GENERALI” E IL SERVIZIO DI CATERING


GLI “STATI GENERALI” E IL SERVIZIO DI CATERING

Il Governo Conte si è macchiato dell’ennesimo scandalo.

Uno scandalo coperto da tutti i giornali ma, fortunatamente, svelatoci da lei, “Giorgia”, che con un tweet ha reso noto:
“agli Stati generali dell’Economia non ci saranno i bucatini e la porchetta, ma solo tartine, papaya e maracuja”.

Il che, se non altro, spiega perché lei e l’allegro frequentatore di sagre, abbiano deciso di non presentarsi.

Per carità, la cosa in un primo momento potrebbe anche far sorridere, ma in realtà c’è da piangere.

Vi rendete conto del livello di opposizione a cui è arrivata la destra italiana?

L’indignazione per il servizio di catering.

Poi, sempre la fulgida Patriota, ha lamentato la presenza al convegno della BCE e dell’UE.
Di questi grandi cattivoni.

Ora, io non so quale sia esattamente stato il contributo di Giorgia Meloni all’emergenza Covid.

Però so che l’UE, a oggi, ha proposto per l’Italia un pacchetto d’aiuti da 170 miliardi di euro (di cui 80 a fondo perduto).
Per nessun altro Paese europeo la Commissione UE ha proposto un aiuto tanto ingente.

E la BCE?
La BCE non solo da mesi compra decine di miliardi di titoli italiani sul mercato, per evitare che s’impenni lo spread e il Paese finisca preda dei mercati, ma, nel farlo, ha privilegiato l’Italia su tutti gli altri Paesi europei.
Arrivando a violare la cosiddetta “Capital Key”.

Cosa vuol dire?
Che la BCE avrebbe dovuto aiutare i paesi in proporzione alle loro quote nella BCE stessa.
E invece niente: all’Italia sono stati dati 8 miliardi in più rispetto al dovuto.
Alla Francia, ad esempio, 11 miliardi in meno rispetto a quanto le spettassero.

Ma l’UE e la BCE sono cattive e non andavano invitate.
Perché ce lo dice Giorgia.
Che è quella della guerra alla papaya.
Non ditele che l’amico va matto per il mojito.

Comunque, a parte quanto sopra, vorrei aggiungere una domanda.

Perché la Giorgia e il suo compare Salvini ci fanno sapere, in continuazione, che gli italiani sarebbero al limite della pazienza? Gli Italiani?

Ci avete fatto caso?

Sia lei che Salvini fanno questo “simpatico” giochetto: parlano a nome degli italiani. Ma tutti eh, proprio tutti.

È come se sessanta milioni di donne e uomini avessero delegato l’una e l’altro di parlare a nome loro.

Di far dir loro quando sono stanchi, quando perdono la pazienza. Cosa vogliono e cosa non vogliono.

E però, va detto, sono strane queste deleghe.

Perché ci pare di ricordare che Fdi, alle ultime elezioni, abbia preso il 4,6%. Dei voti, eh. Manco del totale.

Come questo dia allora titolo a Giorgia Meloni di parlare a nome “degli italiani”, rimase in mistero.

Come il fatto che suddetti italiani la pazienza non dovrebbero perderla per altro.

Ad esempio per il fatto di pagare per deputati assenteisti. Tanto per dirne una.

SIAMO MESSI MALE. MA PARECCHIO


SIAMO MESSI MALE. MA PARECCHIO.

Il problema non è solo che migliaia di persone abbiano manifestato fregandosene del distanziamento sociale, e dunque sputando in faccia alla loro e alla nostra salute, ma che migliaia di persone, a Milano e non solo a Milano, siano scese in piazza per seguire un personaggio caricaturale e marginale, da anni zimbello del web e della “politica”, convinto che il covid si curi con lo yoga e che il futuro sia il ritorno alla lira italica.

Se ci avessero detto che questo ospite minore della Zanzara, tal Pappalardo, vestito da evidenziatore o da catarifrangente o da Aperol, avrebbe portato le masse in piazza, per giunta in tempo di pandemia, ci saremmo messi a ridere.

E invece non c’è nulla da ridere, perché, in questo paese, la farsa ha preso ormai il posto della realtà.

L’ignoranza regna, la rabbia a caso domina.

E il buon senso è più fuori moda del mangianastri.

°°°°°°°°°

Ma non abbiamo solo i “catarifrangenti”, non ci facciamo mancare niente. Abbiamo i cretinetti, i coatti, gli ignoranti, i buffoni, ma noi perdoniamo tutti. Davvero siamo messi male.

Scrive, oggi, Giuseppe Turani:

“Comincio a pensare, e mi dispiace, che la stampa sia responsabile in una certa misura dell’orribile momento che stiamo vivendo.

Troppe strizzatine d’occhio, troppa compiacenza, troppa tolleranza. Pochi esempi.

Il generale in pensione dei carabinieri, Pappalardo, mette su una manifestazione in piazza Duomo a Milano, gli arancioni.

All’insegna di cretinate cosmiche: il virus non esiste, è un complotto dei poteri forti internazionali. E altre stupidaggini del genere. L’ex generale, che deve avere un po’ di amici, mette insieme un centinaio di persone (casalinghe sfaccendate, pensionati annoiati, passanti).

E i giornali e le tv, invece di trattare la cosa per quello che è, cioè una riunione di drop out, di cretinetti, ci servono la cosa con una certa serietà: generale manifesta in piazza Duomo.

Nella realtà è un buffone che ha già cambiato quattro o cinque partiti e che si esibirebbe anche in mutande, se questo servisse a trovargli un qualsiasi ruolo.

Pare che la sua specialità sia bere aperitivi, ma non sappiamo se sia vero. In ogni caso, personaggio inutile. Una macchietta.

La seconda storia riguarda uno dei personaggi più scadenti della politica italiana, Giorgia Meloni, una specie di coatta, che però ha cinque volte i consensi di Renzi.

L’ignoranza della signora è nota e abissale. E infatti scrive al presidente della Repubblica per notificare che nella festività del 2 giugno, nascita della Repubblica, la destra avrebbe portato una corona di fiori alla tomba del milite ignoto.

Al Quirinale ovviamente negano, ma si devono essere fatti quattro risate. È da 70 anni (da prima che Giorgia nascesse) che ogni anno il presidente della Repubblica, chiunque esso sia, va a rendere omaggio alla tomba del milite ignoto (è stata inventata per quello).

È un momento solenne, regolarmente ripreso da tutte le tv e da tutti i giornali. L’unica a non saperlo era Giorgia.

Sarebbe stato bello leggere un titolo: Giorgia cretinetti. Oppure: torna a scuola. Vai a casa.

Invece niente. Perdonata.

Potrei andare avanti due giorni elencando le cretinate dei grillini, ma anche queste vengono taciute.

Anzi, spesso sono riportate come faccende serie.

Il ministro della giustizia, ex dj Fofo, ne spara almeno due all’ora, ma sono riportate come se fossero sentenze che faranno storia.

E per oggi saltiamo Salvini e le sue invocazioni alla Madonna. Anzi, come dice lui al cuore immacolato di Maria, una vergogna mai vista in nessuna parte del mondo.

In realtà, siamo governati da una massa di ignoranti mai vista in nessun paese. Solo Petrolini potrebbe commentare questi dilettanti allo sbaraglio.

Abbiamo vissuto tempi migliori.

Nel luglio del 1948 Antonio Pallante spara a Togliatti, leader del Pci e dell’opposizione, quattro colpi. Cade a terra, con Nilde Iotti, che era con lui, che cerca di farli scudo con il proprio corpo. I militanti del suo partito, comprensibilmente, cominciano a occupare caserme dei carabinieri e prefetture. C’è aria di rivoluzione.

Momenti di grande tensione.

Togliatti, appena esce dalla sala operatoria e ridiventa cosciente dopo l’anestesia, chiama i suoi e dice: niente cazzate, tutti a casa.

E la nostra vita democratica ricomincia”.

 

 

NON SIAMO CRETINI COME ALCUNI CREDONO


NON SIAMO CRETINI COME ALCUNI CREDONO

Di bugia in bugia, di verità distorte e di interpretazioni surreali, dichiarate ad arte, questa destra, ci sta prendendo per cretini.

Già, e lo fa con furbizia, perché sa che pochi ascoltano veramente le parole degli altri, perché sa che chi si è fatta un’idea, difficilmente fa caso a chi, invece, parla diversamente.

Sostanzialmente Salvini e Meloni, in particolare, si fanno forti dei sondaggi, e si dimostrano tanto sicuri di quello che dicono, da risultare per molti, convincenti e sprattutto veritieri.

Non è così.

Dopo Salvini, che ripete come un mantra, il suo argomento preferito “i migranti”, seguito da “questi vogliono solo le poltrone”, spunta l’arte oratoria della Meloni.

Non so quanti italiani abbiano seguito il suo ultimo intervento in Parlamento, ma ne valeva la pena, almeno per due motivi: il primo capire cosa diceva, il secondo scoprire come usi, con arte, le pause, gli alti e bassi della voce, come se avesse studiato, l’atteggiamento oratorio del suo maestro Mussolini.

L’intervento riguardava, in parte, la sanatoria sugli irregolari.

A suo dire, questa sanatoria, avrà l’effetto di far perdere agli italiani il reddito di cittadinanza.

Perché, quella gente, non troverà lavoro nei campi e quindi chiederà il reddito. Sottraendolo così, di fatto, agli italiani che ne hanno bisogno.

Capito quindi questi furbacchioni del governo? Che malvagio piano avevano in mente: li regolarizzano, così da consentire loro di sottrarre risorse agli italiani. Che geni che sono. E meno male che Meloni li ha stanati.

Peccato però,  che l’onorevole Giorgia Meloni, quella che voleva aprire il Parlamento, che al lavoro non si sottrae mai, al lavoro di lettura dei requisiti per la richiesta dell’Rdc, si sia allegramente sottratta.

Se non lo avesse fatto, avrebbe scoperto che, per percepire il reddito di cittadinanza, serve essere residenti in Italia da almeno dieci anni. E che quindi, anche volendo, un regolarizzato, oggi, non potrebbe richiederlo.

La nonchalance con cui questi “politici” continuano a mentire o a distorcere la realtà è comunque ormai leggendaria.

Quasi non ci si fa più caso.

Se non fosse che, un domani, la loro profonda onestà, potremmo non ritrovarcela più all’opposizione. Ma al governo.