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BIGIARE IL PARLAMENTO


BIGIARE IL PARLAMENTO

Come quando si andava a scuola, se si sapeva che quel compito in classe non si riusciva a fare, o se l’interrogazione era per quel giorno, restava il bigiamento. Ci si chiudeva al Cinema, si guardava un film con l’animo pesante, ma, in modo stupido e cretino e a nostro danno, avevamo scampato “il pericolo”.

L’ho fatto anch’io, come no, ho visto film, in un cinema aperto anche al mattino. Non tante volte però sì, ho bigiato la scuola. Non ho mai scordato quei film, i giorni e le sonore sgridate dei miei genitori, per non aver confidato loro il problema scolastico che avevo. Erano davvero altri tempi.

E adesso sto constatando che personaggi politici, pagati da tutti noi, straordinariamente irresponsabili, bigiano il Parlamento, quando qualcosa che è in votazione, non è di loro gradimento, o meglio, non sanno come comportarsi. Hanno paura di fare vedere in che cosa credono o non credono o, forse la verità è un’altra, hanno paura che votare in un certo modo tolga a loro consensi e voti per le prossime elezioni.  Insomma lavorano con scaltrezza e badano al loro interesse, fregandosene altamente di cosa si sta facendo in quel parlamento per il quale dovrebbero lavorare con coscienza. Sono stati eletti apposta.

Ebbene, è cosa nota, si trattava di votare in Senato (che è ancora lì purtroppo) la legge detta “Ius soli” (stavolta è latino e lo sopporto).

Innanzitutto dal Presidente del Senato, questa legge è stata messa in calendario tardissimo, peccato, ha dormito sopra anche lui per parecchio tempo, e poi perché è uscita dalla Commissione apposita, dopo milioni di emendamenti posti dall’inventore delle porcate un tal Calderoli, che da decenni siede in quelle costose sedie.

Risultato la legge non è passata.

Un vero peccato, perché viene a mancare una buona legge che consente di essere all’altezza del pensare umano, quando questo si comporta con dignità.

Questo no allo Ius soli ha marcato nuovi orizzonti politici della nostra storia, ha illuminato le nuove postazioni, ha mostrato il muro che separa due culture. La prima issata in nome dell’Umanità, la seconda invece su un suicida e stupido egoismo. Lo ius soli ha organizzato gli schieramenti così come li ritroveremo nei prossimi anni. Separati da una linea muraria che è sempre la stessa: da un parte la destra, dall’altra la sinistra. Chi ha votato no è di destra, sta a destra, vive a destra.

Anche gli assentati hanno pronunciato un no bello forte, con la malizia di chi pensa di metterlo a bottega. Oggi se vuoi vincere alle prossime elezioni devi dire no allo ius soli ed è quello che hanno fatto quei lacchè dei 5 stelle, assieme ai loro amici di destra, tutti compresi quelli nascosti nelle file del Pd e siccome l’Europa è stata madrina di civiltà, accogliente, includente, sarà il secondo loro obiettivo, il no allo Ius Soli europeo.

Hanno votato contro allo Ius Soli nostrano, tutti i cattolici alla Giovanardi, tutta la destra xenofoba di Salvini tutti i quagliarielli di Berlusconi e gli altri destrorsi, con la parola patria in bocca, ma che non sanno che cosa sia, se non un confine surreale di territorio.

Ora non c’è più tempo. E’ stato deciso che si voterà il 4 marzo 2018, e quindi le Camere sono già sciolte e non si fa più niente (o quasi), se non l’ordinaria amministrazione.

Mi vengono da dire le parolacce di un personaggio a me carissimo “Coliandro”, quelle che ripete ogni volta che la sua bella macchina rossa viene distrutta: “ma porca vacca di una vacca troia”.

Questo è il Senato che c’è ancora per nostra sfortuna e che ci sarà anche in futuro.

Il disastro del 4 dicembre 2016 si protrarrà ancora per decenni, un vero peccato per i giovani e per il futuro del nostro paese.

Il 4 non porta fortuna e vorrei sapere perché e chi ha deciso che si voterà il 4.

 

UNA TECNICA PER CONFONDERE QUANDO SI È INCOMPETENTI A RISOLVERE UN PROBLEMA


UNA TECNICA PER CONFONDERE QUANDO SI È INCOMPETENTI A RISOLVERE UN PROBLEMA

La preparazione perpetua. Esempio.

Un signore, che chiameremo Smith, vicedirettore di un importante dipartimento del Welfare, era considerato molto competente per via della sua abilità nel convincere governi e associazioni caritatevoli a concedere fondi per meritorie cause  locali.

Si dichiarò guerra alla povertà.

Smith fu promosso direttore del coordinamento del programma di assistenza ai poverissimi sulla base del fatto che, essendo così abile coi potenti, sarebbe stato altrettanto competente coi più deboli.

Smith si mise subito all’opera per raccogliere fondi al fine di erigere un edificio faraonico che accoglierà lui e il suo gruppo e farà anche da monumento allo spirito di solidarietà coi bisognosi (incominciare dall’inizio).

“Vogliamo che i poveri sappiano di non essere dimenticati dallo Stato” spiega Smith.

In seguito ha intenzione di formare un comitato consultivo antimiseria (consulenze esterne) e di raccogliere fondi per organizzare una ricerca sui problemi delle classi sociali svantaggiate (confermare il bisogno).

Progetta inoltre un viaggio attraverso molti paesi occidentali per valutare come altrove siano stati risolti problemi analoghi (metodi alternativi).

Va sottolineato che Smith lavora dalla mattina alla sera, è felice della sua nuova posizione ed è sinceramente convinto di fare un buon lavoro.

Con modestia declina qualsiasi invito a sfruttare la propria immagine per candidarsi alle elezioni.

Ha realizzato una perfetta sostituzione.

Sta risolvendo il problema dei poverissimi?

 

Questa tecnica, quella della preparazione perpetua, o tecnica della sostituzione, si adatta benissimo, con il modo di fare politica di una parte ben definita della sinistra italiana, (non da ultima: Mdp). Cominciare sempre dall’inizio, organizzare tavoli e consulenze per confermare le necessità o le priorità del paese, adoperare metodi alternativi, creazione di circoli, incontri fra gli addetti più stretti, pubbliche manifestazioni, comparsate in Tv, trovare un leader, per far vedere che si fa qualcosa, ma alla fin fine si evita sempre di risolvere i problemi del paese. Il guaio è che questa sinistra frulla e gira, sembra che lavori tanto e pare sia convinta di fare un buon lavoro. Peccato. Attualmente è frebbricitante e in agitazione per poter trovare una coalizione che vada bene a tutti e 29 i partiti che ci sono nella prateria della sinistra. Ricominciare, ridiscutere, rivedere, condividere quello che si può, poi alla fine quanti saranno uniti e quanti no?

MA IN POLITICA SERVE PIETRO GRASSO?


MA IN POLITICA SERVE PIETRO GRASSO?

Non conosco Pietro Grasso.

Però, Pietro Grasso, ex magistrato, ed ex Capo della Direzione nazionale Antimafia, attuale Presidente del Senato, mi inquieta.

Non mi importa tanto quello che farà, o con chi starà, ma come personaggio pubblico e detentore della più importante carica della nostra Repubblica, dopo quella del Presidente Mattarella, non riesco ad inquadrarlo bene. Non mi permetto di giudicarlo, non ne sono all’altezza, però qualcosa mi vien da dire sul suo comportamento.

All’indomani della approvazione delle nuova legge elettorale, improvvisamente diventa un protagonista da prima pagina.

Quando lo sento parlare cerco di capire cosa vuole dire, ma trovo sempre discorsi così generici, basati solo su concetti base, quasi banali, e mi chiedo se ha delle vere idee sulla politica e in particolare quella della estrema sinistra alla quale, sembra si sia consegnato.

Come mai questo gesto? Per me improvviso.

Perché? Cosa gli ha fatto il Pd oltre a metterlo su una bellissima sedia a Capo del Senato?

È successo che il Governo ha messo la fiducia  sulla legge elettorale!

La fiducia è un mezzo per poter approvare una legge in tempi ragionevoli, ma no, per Pietro Grasso è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Orrore!

E lui come capo del Senato, è stato costretto a subire questa violenza, non potendo, per dovere istituzionale, esprimere tutta la sua riprovazione contro l’arroganza del Governo, che ha imposto la fiducia, sulla legge elettorale, ovviamente su mandato del Pd.

Se non gli piaceva perché non ne ha fatto parola prima? Perché non si è dimesso? Poteva essere un gesto comprensibile e anche di onore personale se “questa fiducia” non gli garbava proprio. Ma non ha proferito parola, salvo far sapere subito e solo dopo, di essere fortemente contrariato dalla violenza perpetrata dal Governo che ha posto in votazione al Senato una legge, già approvata dalla Camera e alla quale non si è potuta fare alcuna variazione che nobilitasse il ruolo del consesso senatoriale e del suo Presidente.

Dalle parole forti che ha detto dopo l’approvazione della legge lettorale “rosatellum” si deduce che avrebbe voluto dimettersi, in sostanza, tanto grave è stato l’affronto subito, ma il senso di responsabilità glielo ha impedito.

Insomma, avrebbe voluto, ma non ha potuto, avrebbe lottato, ma gli è stato impedito, non ha votato contro, ma è rimasto contrariato.

In questo modo, il Presidente del Senato rischia di non contribuire a nulla, ma di volere apparire capace di tutto. Un eroe in poltrona, immobile, politicamente imbelle, fermo però nel proposito di far sapere che rimane un eroico difensore delle istituzioni.

È siciliano, peccato che non abbia dato una mano e una speranza a quei cinque milioni di siciliani proponendo loro un’idea di sviluppo economico, di rinascita civile, di buona amministrazione, d’efficienza burocratica, ammesso che queste idee si possiedano davvero.

Si manterrà così anche in politica? Si nasconderà dietro alla imposibilità di far valere qualche sua idea, considerato che ha scelto una parte della sinistra che potrà assicurargli una poltrona da senatore (o deputato), ma non so poi quanto possa influire, sulla politica di un futuro governo?

Pare tuttavia che sarà il leader (finalmente ne hanno trovato uno) di Mdp-Si-Possibile e altri micropartiti dei 29 che stanno a sinistra del Pd. Sempre che riescano ad unirsi o, meglio, a coalizzarsi.

Ma un leader alquanto indeciso. Mantiene riserve, per ora, e il non decidere sembra che sia la sua qualità migliore.

IL SOLITO GIOCHETTO


Due piccioni con una fava

Il giochetto si è ormai palesato.

In Sicilia Mdp e SI presenteranno un candidato geneticamente perdente: Claudio Fava. Mi dispiace per lui perché lo ritengo un ottimo giornalista, scrittore e bravissima persona.

Troveranno modo di sostenere e dialogare con i fascio-grillini e regaleranno l’isola a FI e Lega o, peggio ancora, ad un branco di non si sa bene cosa. Scontato.

Tutta questa genialata pur di non appoggiare il candidato dell’odiato Pd.

Naturalmente sarà un servizietto che sarà lautamente ricompensato dai redivivi forzisti.

In sede di discussione della nuova legge elettorale FI premerà per consentire ai due schieramenti di entrare in parlamento, chiedendo l’abbassamento della soglia di accesso al 3%, o al 2% se qualcuno “se la vede” proprio brutta.

Almeno al 2% le due compagini dovrebbero riuscire ad arrivare, praticamente il minimo sindacale.

Berlusconi riesumato gongola.

Ovvio.

Il duo Bersani-D’Alema rivitalizzato ha lo scrannetto assicurato e potrà garantirsi ancora un lustro di sopravvivenza.

Gli unici a non accorgersi di nulla saranno come sempre i sostenitori dei due “statisti”, troppo impegnati a sputtanare governo e Pd per accorgersi di queste porcate.

Tutto quindi immobile ed eguale a qualche mese fa, quando a dicembre ci recammo a votare per il referendum costituzionale.

Stesse alleanze, stesse trame, stessi inciuci.

Hanno pure l’ardire di incazzarsi se glielo fai notare. Sulle loro facce il mitico Giachetti avrebbe molto su cui argomentare.

Cambia solo il clima balneare, con le sedie a sdraio e gli ombrelloni a sostituire poltrone e caminetti ed una bella fetta di crostata da gustare.

 

RADICAL & CHIC


RADICAL & CHIC

C’è una “sinistra” paracula, ipocrita e benpensante che ha votato in tutta Italia i pentastellati.

Un microcosmo di attempati radical chic, giovani in cerca di rivoluzioni da cavalcare e diritti da rivendicare.

Quel microcosmo che si indigna secondo convenienza, che è accogliente con i migranti ma possibilmente lontano da casa propria, che lotta con loro ma che poi la sera rientra a casa tra agi diffusi.

Quella sinistra che pochi giorni fa si è lanciata in anatemi contro forze dell’ordine e contro l’odiato ministro dell’interno.

Quella “sinistra” che con le sue ambiguità difende illegalità e storture di questo paese in nome di “diritti” e mai di doveri.

Quella “sinistra” nullafacente che a Roma ha contribuito all’elezione della giunta più disastrata d’Italia, perché incapace di riconoscere nel movimento cinque stelle le radici eversive ed antisistema, le silenziose connivenze con quel sottobosco di illegalità diffusa che attanagliano la capitale fino a soffocarla.

Quel movimento cinque stelle che ha iniziato la sua avventura capitolina parlando di “rivoluzioni” e che poi alla prova di governo si è comportato salvaguardando privilegi, aumentando prebende e sparpagliando a pioggia incarichi e poltrone.

Insomma il più classico dei “facciamo finta di cambiare tutto per poter conservare tutto, così com’è, senza inimicarci nessuno”.

Quella “sinistra” ben pensante che nel difendere illegali, occupazioni abusive, emargina chi legalmente ha fatto anni di graduatorie attendendo pazientemente l’assegnazione di un alloggio.

Esistono forse sfigati di serie A e di serie B, oppure fa più “figo” scendere in piazza per chi si pone fuori dalla legalità da chi la legalità la pratica?

Quella che ritiene etico che in un comune come quello di Roma capitale, che riceve denari per dare una degna sistemazione ai migranti, non sia stato predisposto un serio piano di ricollocamento degli stessi a seguito degli sgomberi.

Quella che non chiede conto nella giornata di assoluta irreperibilità delle autorità comunali cittadine, preposte al ricollocamento degli occupanti, ma che fa le pulci ad agenti di polizia e ministro Minniti, per inciso ad oggi uno dei migliori della nostra storia repubblicana.

Quella che pensa che un palazzo in pieno centro nella capitale possa divenire impunemente un indecoroso bivacco per disperati, attraverso un “esproprio proletario”, nell’assoluta incuranza dei diritti di chi di quel palazzo è proprietario e sul quale paga le tasse e che così comportandosi se ne strafotte pure del degrado nel quale sono costretti a vivere gli stessi occupanti.

Se questa “sinistra” ottusa e perdente che ha trovato identità nella demagogia grillina non riesce a comprendere che non esiste diritto senza dovere, oltre che ad essersi posta fuori dalla storia, si è posta pure lei fuori dalla legalità.

E l’assenza di consenso popolare che la isola ed emargina, lo testimonia.

Una sana accoglienza passa attraverso il rispetto di diritti e doveri, passa attraverso il rispetto assoluto della legalità.

Tutti a sdegnarsi e contrirsi per lo sgombero di Piazza Indipendenza  a Roma, ad ingiuriare l’odiato ministro dell’interno che, secondo questa logica demenziale, essendo uomo con radici a sinistra, dovrebbe tollerare simili abusi.

Proprio perché uomo di sinistra, Minniti ha senso e rispetto per la legalità. Quella che non solo si enuncia ma soprattutto si pratica.

Quella che deve garantire a tutti i cittadini, anche ai nostri ospiti assistenza, supporto all’integrazione servizi sociali di adeguati.

Non sarà il buonismo stucchevole della sinistra, neppure la continua rincorsa al consenso con le capriole grilline, a risolvere questi problemi.

I problemi vanno governati, le scelte fatte con coerenza e serietà, anche rischiando di non piacere a tutti.

Questo significa fare Politica. Il resto, demagogie, opportunismi, atteggiamenti paraculi e ruffiani li lasciamo agli altri, a quelli che con la loro ottusità vogliono consegnare questo paese alle destre.

Ed è per questo che il Pd non può perdere tempo ed energie ad inseguire questa deriva, ove si pensa che, con la forza e la prevaricazione, si possano trovare soluzioni.

(Democraticamente nera)

DICIAMOCELO


DICIAMOCELO

Pensare che Pisapia e il Mdp rappresentino oggi il “nuovo” della politica italiana è come credere che il Colosseo sia stato inaugurato la settimana scorsa.

Infatti, i diversi protagonisti che recentemente si sono fatti attorno all’ex Sindaco milanese, soprattutto, per ragioni di mera sopravvivenza esistenziale, sono tutti reduci di precedenti ed annose esperienze politiche oggettivamente non esaltanti. Sono quelli, per intenderci, dei perenni distinguo, delle litigi tanto al chilo e delle vecchie e stantie ricette che non solo non hanno funzionato nel passato, ma male si addicono oggi, sia al nostro tempo che al nostro prossimo futuro.

La verità vera, è che nel panorama politico italiano degli ultimi 40 anni, piaccia o meno ai suoi critici, l’unica reale novità, dopo la ultraventennale e fallimentare esperienza berlusconiana, l’ha rappresentata e la rappresenta Matteo Renzi.

Quel personaggio politico, cioè, che, seppure in condizioni tutt’altro che ottimali, ha avuto l’idea, la tenacia ed il coraggio di far saltare i vecchi e rituali schemi, rinnovare il contorto e criptato linguaggio della politica, defenestrarne le vecchie cariatidi, mettere le mani sulle diverse e complicate cause che hanno ingessato per tre quarti di secolo il nostro Paese e tentato di avviarne il complessivo ammodernamento.

Questo è un dato reale ed è anche conseguenza, del largo ed ostile fronte che gli si frappone.

Tutti sappiamo che i problemi del nostro Paese vengono da lontano. Sono problemi complessi e che taluni sono addirittura figli del nostro stesso modo d’essere e della nostra “cultura”.

Tutti sappiamo, inoltre, che a questi, nel triennio renziano non sempre è stata data la risposta giusta.

E’ indubbio, però, che molto si è fatto e che i risultati, per quanto lentamente, forse troppo lentamente, lo stanno a dimostrare.

Naturalmente, tali risultati li disconosco strumentalmente i suoi avversari interni ed esterni e, spesso, ne colgono il valore a fatica gli stessi beneficiati.

E ciò, sia per la diffusa pochezza culturale, sia perché non sono pochi quelli che pretenderebbero inesistenti capacità taumaturgiche ai processi politici che, invece, come sappiamo,necessitano di tempi lunghi per essere “toccati con mano”.

Non li riconoscono, altresì, anzi li ostacolano, e spesso con mezzi tutt’altro che leciti, anche i rappresentanti di quei poteri che hanno forti interessi a contrastarli.

Ciò nonostante, è il caso di sottolineare che quei risultati sono una realtà e quantunque li si vogliano ignorare, svilire e/o rallentare, difficilmente se ne potrà negare a lungo la concretezza.

Di fronte a questo complesso ed articolato quadro della situazione socio-politica italiana, assistiamo alla lacerazione ed alla ripetuta divisione di quelle stesse forze politiche che dovrebbero sostenere a spada tratta il rinnovamento; al conseguente disorientamento del corpo elettorale e, soprattutto, cosa pericolosissima quest’ultima, alla scelta di una fascia significativa di cittadini di affidarsi alle cure di improvvisati ciarlatani che, quantunque messi alla prova in talune grande realtà cittadine, Roma e Torino ne sono due evidenti e clamorosi esempi, hanno manifestato clamorosamente la loro incapacità ed insufficienza.

Quanto sopra per dire che la svolta per il nostro Paese, non è dietro l’angolo. Occorrerà ancora stringere i denti per realizzarla. Potremmo ritrovarci a fronteggiare nuove emergenze e forse anche delle sorprese negli immediati tempi che verranno e che per questo dovremmo seguire la rotta, senza farci ammaliare da vecchie sirene.

Anche in previsione delle prossime elezioni politiche, la scelta dei nuovi partner del PD, dovrà essere fatta con estrema cura, tenendo conto non solo dei numeri, ma anche della propria vocazione fondatrice, nonché della necessità di accompagnarsi a simili, ma senza immaginare automaticamente ritorni a quel passato di cui buona parte dei ricordi non solo non è piacevole, ma sarebbe assolutamente il caso di dimenticare.

Renzi e la sua squadra, la dirigenza del PD e lo stesso suo ampio elettorato, non hanno affatto bisogno di nuove frizioni interne, di lacerazioni e costanti polemiche, degli stessi scenari ai quali recentemente hanno assistito e, soprattutto, non avrebbero la pazienza di sopportarle ulteriormente.

Buon lavoro.

LE PROSPETTIVE DI D’ALEMA


LE PROSPETTIVE DI D’ALEMA

Prima di tutto D’Alema vuole una legge elettorale proporzionale. L’unico motivo: contare qualcosa.

Il Pd punta alla soglia del 40% alla Camera per avere i numeri per governare da solo, e comunque si propone di essere la prima forza politica del paese e di esprimere la guida del governo. E, come sappiamo, aspira ad una legge elettorale maggioritaria, che garantisca una governabilità stabile.

La proposta di Mdp, invece, per quel che si comprende dal ragionamento di Massimo D’Alema, che comunque è di gran lunga il migliore di quella compagnia e quindi destinato a influenzarne la linea politica anche senza ruoli formali, consiste nel presentarsi all’appuntamento elettorale come forza di condizionamento del Partito democratico dopo le elezioni

In sostanza, D’Alema ci dice che, dopo le elezioni, il Pd dovrà scegliere se allearsi con il centro moderato o con loro. Ci spiega che il Pd,  se non raggiunge il 40 per cento per governare da solo, dovrà scegliere: se si allea alla propria destra, e allora per Mdp si apre una prateria di possibilità di rendere ingovernabile il paese o comunque di farlo traballare ad ogni momento, in modo da renderlo inconcludente, inefficiente, con grosso danno a tutto il paese. E lo farebbe sicuramente, considerato i personaggi.

Se si allea propria sinistra, Mdp dispone di una competenza di governo ben diverso dai vari Bertinotti, Turigliatto e Vendola, che consentirà a un nuovo centro-sinistra di non frantumarsi come in passato per gli ideologismi e i velleitarismi della sinistra radicale. Il ragionamento, va detto, ha un suo fondamento, e anche un suo fascino, che spiega perché parecchi quadri politici di tradizione Ds si stiano orientando in quella direzione.

Tutto questo però è un paradosso. La prospettiva di una alleanza post-elettorale con il Pd che sia maggioranza in Parlamento esiste solo a condizione che alle elezioni il Pd risulti ampiamente il primo partito.

Ma Partito democratico potrà essere il primo partito, sopra i cinquestelle, solo se la rinnovata leadership di Renzi sarà in grado di mobilitare un campo ampio di forze sociali e politiche di centrosinistra, sollecitando un voto utile per governare l’Italia, per sconfiggere destre e populismi.

E chi pensa che in questo concreto scenario, dopo le elezioni, sia preferibile un’alleanza del Pd con le forze alla sua sinistra, oggi deve stare ben attento a non scavare solchi non recuperabili, a cominciare dal giudizio sul congresso del Partito democratico e sul gruppo dirigente che ne scaturirà.

Tuttavia se c’è una sola possibilità che la sinistra italiana vada al governo del paese nella prossima legislatura,  questa possibilità passa solo attraverso il successo del Partito democratico.

ALGUNAS FAVAS


fave-sbucciateALGUNAS FAVAS

Ma precisamente cosa intendono, oggi, nel 2017, quelli che dicono “il nostro popolo”? Il nostro popolo non capirebbe, stiamo perdendo il consenso del nostro popolo, il nostro popolo ci sta lasciando, il nostro popolo sta andando con Pippo o Pluto, eccetera eccetera?

Lo chiedo senza alcuna intenzione polemica, sia chiaro, ma da semplice cittadina che non è antropologa.

A quali “popoli” fanno riferimento?

Ai popoli novecenteschi?

Gli operai della Magneti Marelli, gli arrostitori di salsiccia alle Feste de l’Unità, il popolo proletario, il popolo della classe operaia?

Così, per capire.

Quei popoli lì non ci sono più.

Fine trasmissione.

Tuttavia, ammesso che ce ne fosse qualche rimasuglio, alla lunga sarebbe sempre più minoritario.

Quindi, se si hanno tra i 40 e i 50 anni e dei figli piccoli a cui dover rendere conto, non si può pensare a “quel” popolo.

A meno che la sinistra non voglia vincere algunas favas, come canterebbero gli Inti Illimani.

PER IL BENE DI TUTTI


PER IL BENE DI TUTTI

Il partito democratico americano ha dato, ieri, una lezione di unità e lungimiranza a tutta la “sinistra” mondiale, compresa quella italiana.

Lo ha fatto attraverso Bernie Sanders, candidato uscito sconfitto dalle primarie democratiche.

Di fronte al pericolo gravissimo, per l’America e non solo, di una vittoria del candidato conservatore Donald Tramp, uomo di destra privo di scrupoli che ama dialogare con il ventre molle del paese, attingendo al peggio della retorica nazional populista, Sander ha risposto con serietà e lealtà, appoggiando la prima donna della storia candidata alla Casa Bianca, la vincitrice dalle primarie, Hillary Clinton.

Non so voi, ma io questa la chiamo assunzione piena di responsabilità, rigore morale, serietà.

Soprattutto quando ciò significa non seguire verso una deriva estrema e conflittuale il proprio elettorato, anche a costo di perdere consenso personale.

Imparino la lezione i nostri “nanetti politici”, i nostri narcisi alla Cuperlo o Bersani, che non sanno perdere le perimarie, ma sono alla continua ricerca di visibilità e gloria, vecchi rancorosi corrosi dalla paura di perdere il posto.

La imparino coloro che, per idiozia e cecità, continuando a dividere la sinistra italiana in mille inutili rivoli, alla Fassina o alla Cofferati, consegneranno questo paese al post fascismo grillino, all’ignoranza volgare della lega, alla destra estrema, capace di cavalcare la paura ed il senso di insicurezza della gente che sta esplodendo in questi giorni drammatici.

Forse a qualche anima bella non ha ben chiaro i rischi che l’Europa sta attraversando, i rigurgiti razzisti, xenofobi, la fascinazione della destra estrema.

Riflettano e bene i “compagni” che hanno regalato il voto al M5S, considerandolo un movimento di sinistra e non, come in realtà è, una forza reazionaria, eversiva e di destra.

Riflettano e bene i “compagni” che hanno regalato il voto al M5S, considerandolo di sinistra, pur di danneggiare il PD e soprattutto Renzi, il loro segretario o ex segretario.

La imparino i teorici del buonismo, per i quali mentre la destra in tutte le sue forme avanza riempendoci di sterco, noi dovremmo “lasciarli lavorare”.

Mentre mentono ed infangano, noi dovremmo offrire loro “l’altra guancia”, lasciandoli indisturbati a distruggere la cosa pubblica locale, magari in attesa di consegnare loro il governo del paese.

Impariamo la lezione di Sanders, e del Partito Democratico americano, il superamento di settarismi, particolarismi, egoismi, l’unico possibile antidoto contro l’avanzare delle destre, l’unità politica.

Imparino, per il bene di tutti.

LA SINISTRA ITALIANA


LA SINISTRA ITALIANA

Non è solo Renzi il problema della sinistra italiana.

Leggiamo, per esempio, “La Repubblica”, all’indomani del voto amministrativo. Ezio Mauro tira la giacca a Renzi affinché prenda in considerazione il passato della sinistra e non rappresenti soltanto metà partito.
I grillini sparano a zero su Renzi, ma non chiederanno le dimissioni del governo. (Chissà perché?)
Bersani, (gestore del PD nelle sezioni di partito), chiede a Renzi di cambiare tutto e mettersi da parte.
Verdini e Ala vogliono apparentarsi in un abbraccio mortale con Renzi.
Scalfari pretende che Renzi faccia la voce grossa con la Merkel per un’Europa simil – Draghi.
Salvini non chiede niente, lo vuole solo “morto”. 

Tutto vero! Analisi precisa, ma manca un dettaglio. Ma Ezio Mauro e il suo giornale che ruolo hanno in questa situazione? Hanno solo informato o hanno sottolineato, ampliato, ribadito e sostenuto le voci che da 2 anni e mezzo si oppongono, con qualsiasi pretesto, all’opera di “cambiare un Paese bloccato da cautele democristiane per troppi anni, e ancor più irrigidito dalla ruggine di una crisi economico-finanziaria senza fine”?

Si leggano i commenti sotto gli articoli, vi si trova solo l’odio profondo verso Renzi. Si guardino le puntate di Ballarò e si scorra l’elenco infinito dei cori e delle litanie del “blocco”, ci si rende conto della mancanza assoluta di concretezza, ci si crogiola nella critica, nel rancore e tutto finisce lì.

Dove sono le politiche alternative reali che si possono sostituire a quelle del governo del PD di Renzi? Esistono veramente riforme strutturali che non scontentano nessuno che fanno tutti felici?

Se il ceto intellettuale della “sinistra storica” italiana pensa che il problema sia essere stata “fregato” da un quarantenne pop, credo sia messa proprio male.

Analizzando i dati dei risultati delle elezioni amministrative delle principali città italiane si vede come l’area a sinistra del Pd rischi l’irrilevanza. A Roma Stefano Fassina si è fermato al 4,47%, una percentuale al di sotto delle aspettative della vigilia. A Torino Giorgio Airaudo, che puntava ad una percentuale a due cifre, ha fatto anche peggio fermandosi al 3,7%. Un po’ meglio è andata a Bologna con Federico Martelloni, che nonostante l’endorsement del leader di Podemos Pablo Iglesias, ha chiuso al quinto posto raccogliendo il 7% dei voti. Potremmo fare altri esempi, ma questi 3 bastano per dimostrare l’inesistenza di uno spazio autonomo a sinistra del Pd.

Ora Sinistra italiana, e quella ancora più a sinistra, dovrebbe riflettere e resettare la tattica impostata. Le percentuali dimostrano che l’operazione sta fallendo, anche quella non detta: fare più danni possibili a Renzi, al suo partito, al suo governo.

Al di là dei numeri, la sensazione è che manchi un vero e proprio progetto politico, che vada oltre l’avversione al presidente del Consiglio.

La posizione assunta è inspiegabile anche per i loro elettori di riferimento. Come si fa a governare insieme nelle regioni Lazio, Piemonte ed Emilia Romagna e non allearsi nei capoluoghi di regione? Come si fa a spiegare, in special modo a Torino e Bologna, che l’amministrazione precedente è stata un disastro, quando si è amministrato insieme per anni? I cittadini hanno capito che questa scissione non era legata a motivi programmatici e al bene delle città, ma a pura ripicca politica.

Il tempo per resettare c’è, ma è anche agli sgoccioli. Sinistra italiana ora deve decidere cosa farà da grande e deve farlo in fretta.

[Citazione: “Segavano i rami sui quali erano seduti e si scambiavano a gran voce la loro esperienza di come segare più in fretta, e precipitarono con uno schianto, e quelli che li videro scossero la testa segando e continuarono a segare.” B.Brecht]