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GRAZIE ALLA LEGA DI COTA, QUESTE COSE MI FANNO INCAVOLARE DI BRUTTO


GRAZIE ALLA LEGA DI COTA, QUESTE COSE MI FANNO INCAVOLARE DI BRUTTO

Il parroco dice no, l’asilo pubblico non può aprire

Pinerolo, la legge concede il veto alla paritaria. Rimane inutilizzata la scuola del Comune

L’asilo pubblico di Bibiana (Pinerolo), rischia essere inutilizzato

Due asili per Bibiana, un paese del Torinese che ha meno di 100 bambini. Il primo ha una lunga storia, testimoniata da disegni colorati attaccati elle finestre, da giochi all’aperto e da feste di fine anno e che ha visto passare nelle sue aule tutti i bambini del paese. Il secondo non ha neanche una targa con il nome, assediato dalle erbacce. Appena costruito, è più giovane dei bambini che avrebbe dovuto ospitare a settembre: non aprirà perché una delibera della passata amministrazione regionale (Vedi Cota),  impone che nei Comuni nei quali esiste già un asilo paritario, per dare il via a nuove sezioni in un’altra scuola serve un’autorizzazione della scuola paritaria. E questo è il caso di Bibiana che ha una struttura parrocchiale, un tempo gestita dalla suore e ora da personale laico. «Com’era prevedibile – dice il sindaco Giorgio Crema – la scuola gestita dalla parrocchia, tra quelle della Fism, la federazione italiana che raggruppa le scuole materne cattoliche, ha imposto questo veto. Questa settimana ho scritto in Regione per cercare una soluzione ad un problema che coinvolge da un lato le famiglie e dall’altro rappresenta uno spreco di denaro». E aggiunge: «Anche in Val Pellice rischiamo di avere una cattedrale nel deserto».

I numeri confermano quanto sostiene il primo cittadino: la scuola è costata quasi un milione e mezzo, di questi 500 mila euro arrivano da fondi regionali per l’edilizia scolastica, altri 388 mila da fondi europei, il resto a carico del Comune. L’opera è stata varata dalla precedente amministrazione e inevitabilmente questo è motivo d’attrito con l’ex sindaco, Elda Bricco, che dice: «Abbiamo realizzato una scuola grazie ad importanti finanziamenti e la quota a carico del Comune, che era prevista di 350 mila euro, visti i ribassi d’asta ora non supera i 120 mila. Inoltre questo asilo verrà utilizzato anche dai bambini di Bricherasio e di altri Comuni».

Replica il sindaco: «E’ stato acceso un mutuo che ha prosciugato le casse del Comune per una scuola che non sappiamo se aprirà mai». Intanto sono in ansia le mamme che hanno iscritto i loro bambini nella scuola pubblica. Si chiede, ad esempio, Raffella Palmero: «E ora dove li portiamo? Dobbiamo aspettare sino a fine agosto per avere una risposta?». Davanti alla nuova scuola passeggia un’altra mamma con il suo bambino, Nadia Cullino: «Io ho frequentato l’asilo della parrocchia, ma vorrei mandare mio figlio nella scuola pubblica: è più nuova, più sicura, non si ci sono pericolose scale. E soprattutto non ha i costi di quella privata che si aggirano, con la mensa, a circa 140 euro al mese».

Conti fatti in molte e famiglie a Bibiana. Circa 60 sono i bambini che si sono iscritti alla privata e 29 a quella pubblica. Il problema rimbalza dalle famiglie al Comune per arrivare alla parrocchia. Don Ermanno Martini non è riuscito a festeggiare a cuor sereno i suoi 60 anni di messe.: « Ho un peso troppo gravoso da portare, sento la responsabilità di quello che sta accadendo, anche se qui c’è una legge che ha stabilito che sono le scuole paritarie a dare il parere». Lo dice con la fatica di un sacerdote che conosce benissimo il suo paese. E’ parroco a Bibiana da 47 anni, non entra nel merito delle scelte politiche, però fa il punto sul significato che ha avuto veder crescere questo asilo: «Per anni abbiamo fatto investimenti, qui lavorano otto persone. Certamente, se si aprisse una seconda scuola saremmo danneggiati, ci verrebbe a mancare una sezione, infatti il nostro asilo può ospitare 90 bambini».

[(Antonio Giaimo – Pinerolo (Torino)]

http://www.lastampa.it/2014/07/28/italia/cronache/il-parroco-dice-no-lasilo-pubblico-non-pu-aprire-HajVp6oOzVsTiq0NGNP20H/pagina.html

Breve nota personale:

  • Tutta  la mia perplessità per questo parroco che conosce così bene il paese, ma il suo pensiero è rivolto soprattutto al guadagno, lo dice chiaramente, teme di perdere soldi. Le persone che lavorano all’asilo della parrocchia e che risultassero in   esubero potrebbero passare all’asilo comunale, visto che è personale laico.
  • Tutta la mia incomprensione e la mia incavolatura per una legge regionale, (voluta dalla Lega, Cota) che fa costruire un asilo nuovo a spese del comune e poi sottopone l’apertura della nuova struttura pubblica al parere di quella paritaria (che è della parrocchia). Il che si sapeva già che erano soldi buttati via, perchè la parrocchia non darà mai un parere positivo.
  • Tutta la mia solidarietà per il sindaco, Giorgio Crema, con la speranza che riesca a risolvere la questione con il nuovo presidente della Regione Piemonte. Non sono cose piccole, ma sono cose di dignità laica e pubblica, di enorme importanza simbolica.
  • Una semplice domanda: Perché per aprire un asilo pubblico ci vuole il consenso di quello parrocchiale?

QUEL CONSIGLIO DI STATO CHE PROCLAMO’ COTA VINCITORE


imagesQUEL CONSIGLIO DI STATO CHE PROCLAMO’ COTA VINCITORE

A suo tempo (21/10/2010) ho pubblicato un post relativo alle questioni delle liste false presentate dalla Lega Nord in Piemonte, durante le elezioni regionali del 2010, in cui si ipotizzava l’imbroglio legaiolo per far vincere Cota come Presidente della Regione.

Mercedes Bresso ricorse al Consiglio di Stato, che dette ragione a Cota, in uno strano modo: si rifiutò di riconteggiare in modo completo le schede e proclamò Cota vincitore,  a metà riconteggio, nonostante che due liste elettorali recassero firme palesemente false, redatte tutte dalla stessa mano.

Il riconteggio delle schede stava mettendo in evidenza il fatto che Cota aveva perso le elezioni.

Le persone incluse nelle liste false, interpellate dai Carabinieri, hanno detto tutte di non saperne nulla e che non si sognavano neppure di mettersi in lista per Cota. Alcune hanno anche fatto ricorso, contro questo “furto di identità”.

La decisione del Consiglio di Stato a suo tempo è stata stupefacente a dir poco. Convalidò la falsità su cui si reggeva l’elezione di Cota a Presidente della Regione Lazio.

Ma chi c’era, in quel tempo, a capo del Consiglio di Stato?

Leggere per credere.

LA SEDIA RUBATA DI COTA

DUE BUONE NOTIZIE


DUE BUONE NOTIZIE

giannicuperlo02001Due buone notizie.

1. La prima è che in Piemonte si tornerà a votare. E sarebbe il caso di farlo presto. Dopo la sentenza di oggi buon senso lo impone.

2. La seconda è che si ragiona di una possibile federazione tra il Pd e SeL alle prossime elezioni europee. Riaprire il cantiere, unire e allargare la sinistra, prendere atto che dopo la crisi molto è destinato a cambiare: a me pare il sentiero giusto.

(Gianni Cuperlo)

UN MANTRA ELETTORALE: RIDUZIONE DELLA SPESA PUBBLICA


UN MANTRA ELETTORALE: RIDUZIONE DELLA SPESA PUBBLICA

forbiciln3Non c’è partito, movimento, commento filosofico, vaffanculismo che non invochi nel proprio programma elettorale che «Bisogna ridurre la spesa pubblica». Detta così la frase senza spiegare che cosa si intende per “spesa pubblica” pensiamo tutti noi che sia una gran bella cosa.

Finalmente i mangiapane a gratis che stanno seduti in parlamento verranno pagati meno, i grandi manager pubblici non saranno più liquidati con milioni e milioni di euro per non aver combinato niente se non disastri in quello che hanno “managenato”, finalmente i vari presidenti di regione, i vari assessori, i vari partiti non avranno più a disposizione tanti soldi nostri. E finalmente ci saranno meno agevolazioni per costoro, meno auto blu e meno viaggi esotici o pesche subacquee a nostre spese, per non parlare della case faraoniche e così via.

Fin qui tutto bene.

Ma c’è in questa parola “riduzione della spesa pubblica”  un pericolo enorme per tutti noi, perché i programmi elettorali che parlano di ridurre la spesa pubblica si riferiscono alla riduzione della spesa nelle scuole, meno insegnanti, più licenziamenti, con il rafforzamento delle scuole private.

Si riferiscono alla riduzione delle spese pubbliche nella sanità, meno posti letto, meno medici e i meno infermieri, meno servizi sanitari e più ospedali privati, più servizi consessi ai privati. Sta già succedendo in Piemonte dove il Presidente della Regione, Cota, incapace di governare la spesa sanitaria, sta vendendo gli ospedali pubblici ai privati.(http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/01/04/piemonte-regione-privatizza-sanita-ma-fa-funzionare-con-soldi-pubblici/460596/)

Inoltre, ridurre la spesa pubblica significa per i partiti di destra ed anche per il movimento centrista di Monti, meno servizi sociali, meno asili pubblici, meno personale addetto alla pubblica amministrazione, meno servizi di trasporto, meno insegnanti, meno aiuti ai disoccupati, meno assistenza sociale ai disabili, meno medicine agli ammalati, meno aiuti ai poveri, ai precari e agli anziani. In sostanza  sotto la parola “diminuzione della spessa pubblica” si nasconde la distruzione quasi completa dello stato sociale faticosamente guadagnato in anni ed anni di sacrifici dai nostri padri e dei nostri nonni. Si può ridurre la spesa pubblica eliminando gli sprechi, che certamente ci sono, senza toccare i servizi utili ed un welfare giusto e solidale.

La crisi economica e finanziaria non può essere adottata come scusa per schiacciare i ceti più deboli e far ingrassare quelli che deboli non lo saranno mai.

Chiudo con le parole di Chiara Saraceno: «Minacciare di togliere la sanità pubblica significa colpire chi sta già facendo fatica a tirare avanti. Chi se la può permettere ha già un’assicurazione privata».

QUELLI CHE… LA MEMORIA CORTA


QUELLI CHE….LA MEMORIA CORTA

imagesCASR01CPIeri nemica giurata a cui offrire “stampelle”, oggi scienziata che ha onorato l’Italia. Hanno la memoria corta i politici di centrodestra che piangono la scomparsa del premio Nobel per la Medicina. Il messaggio di Silvio Berlusconi è commovente: “Mi unisco a tutti gli italiani che in questo momento rendono il doveroso omaggio a Rita Levi Montalcini. Una scienziata di grande valore, una donna che ha onorato l’Italia”. Eppure, il 19 maggio del 2006, l’allora capo dell’opposizione attaccò pesantemente i senatori a vita, definendo ”immorale” la loro decisione di votare la fiducia al governo Prodi che peraltro risultò ininfluente ai fini numerici. La scienziata rispose con eleganza: “E’ la sua opinione. Io non avevo solo il diritto ma anche il dovere di votare”.

Ha la memoria corta anche il presidente del Senato Renato Schifani che oggi scrive: “Nella sua lunga esistenza, dedicata sino alla fine, con straordinaria lucidità e immutata passione agli studi scientifici, ha illustrato il nostro Paese come pochi altri nel secolo passato”. Il 16 giugno del 2006, da capogruppo dei senatori di Forza Italia, si scagliò contro i senatori a vita e in particolare contro la ricercatrice: “Come dimostrano le dichiarazioni odierne di Ciampi e della Levi Montalcini, l’Unione fa scendere in campo i senatori a vita per tentare di spuntarla in tutti i modi, anche nel referendum. Questo dimostra tutto lo stato di profonda difficoltà in cui versa il governo Prodi, obbligato a ricorrere a tutto pur di scongiurare l’inevitabile disfatta. Attendiamo adesso che la maggioranza getti ancora di più nella mischia i senatori a vita nel dibattito politico, così tra poco ce li vedremo anche in trasmissioni radio televisive a fare opinione per la sinistra, senza aver ricevuto alcun mandato dai cittadini”.

Anche Francesco Storace, attualmente leader de La Destra, commenta la morte della senatrice a vita cui offrì delle “stampelle” perché offendere l’impegno con cui la scienziata si recava e votava in Senato. ”Cominciata la corsa elettorale, Repubblica e compagnia varia aprono le danze con lo sciacallaggio peggiore usando letteralmente la scomparsa di Rita Levi Montalcini. Una polemica politica chiusa davanti al capo dello Stato è il pretesto per evitare di parlare del grande sforzo che fu sostenuto dalla mia amministrazione per la fondazione Ebri. Il protocollo per la cittadella delle neuroscienze, i finanziamenti per la ricerca assieme alla straordinaria opportunità di aver conosciuto una ricercatrice che è stata apprezzata in tutto il pianeta non saranno offuscati nel mio ricordo da una campagna miserabile” dice oggi, ma nell’autunno del 2007 le sue dichiarazioni fecero indignare anche il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. In una intervista l’allora esponente di An aggiunse: ”Questa gagliarda signora non è solo la ricercatrice che abbiamo conosciuto, bensì si è trasformata nello strumento micidiale di sostegno del governo Prodi, diventando, così, persona di parte”. E il suo collaboratore Fabio Sabbatani aggiunse: “Abbiamo scartato mutandoni e pannoloni, meglio le stampelle”.

A Storace, Montalcini rispose con una lettera a Repubblica: “A quanti hanno dimostrato di non possedere le mie stesse “facoltà”, mentali e di comportamento, esprimo il più profondo sdegno non per gli attacchi personali, ma perché le loro manifestazioni riconducono a sistemi totalitari di triste memoria”

Protagonista degli insulti per cause politiche è stata anche la Lega Nord: “Per noi è un vero onore che sia nata a Torino e che da qui abbia poi fatto tanta strada, dedicando la sua vita alla scienza, raggiungendo altissimi meriti in campo scientifico, fino al Premio Nobel per la medicina nel 1986”. E’ il messaggio del presidente della Regione Piemonte, Roberto Cota. Ma anche dal Carroccio erano arrivati strali velenosi contro la ricercatrice. Nel giugno del 2006 Roberto Calderoli così criticò il no alla riforma della Costituzione: “Dopo Scalfaro e Ciampi, ora anche Rita Levi Montalcini dice No al referendum sulla riforma della Costituzione. Due senatori e una senatrice a vita, che insieme fanno quasi tre secoli: ecco il nuovo che avanza. Se nel mondo, in passato, i riformatori fossero stati della stessa pasta di quelli di casa nostra molto probabilmente la scienza sosterrebbe ancora che la terra è piatta, cosa che qualcuno forse potrebbe ancora pensare”. Era il luglio del 2007 quando l’allora capogruppo della Lega al Senato Roberto Castelli attaccò il centrosinistra per il ricorso ai senatori a vita per far passare il ddl Mastella. E in particolare se la prese con Rita Levi Montalcini. ”Lei è stata nominata perché ha illustrato la patria nel suo campo. Perché, quindi, si umilia e si abbassa a fare una parte del genere?”. Nell’agosto contro la scienziata si scagliò nuovamente Calderoli: ”Quando ieri ho visto la Montalcini votare, ho detto ‘allora è viva’. L’hanno tolta dal microonde e l’hanno scongelata. Prodi, tutti i giorni, sta in piedi con il microonde”.  E proprio la Lega fu propose di eliminare gli stanziamenti ad hoc per la fondazione Ebri (European brain research institute) della senatrice  nell’ottobre successivo per traferire i fondi “al centro San Raffaele di Milano, in particolare al settore neuroscienze”. Per punire, disse Castelli ”un mercimonio immorale”.

Oltre alle accuse dei politici a Rita Levi Montalcini, da ricordare è anche la vicenda che portò la scienziata a querelare Beppe Grillo dopo un insulto: il comico genovese, in uno spettacolo a Fossano nel luglio del 2001, disse che il premio Nobel era “stato comprato” da una società farmaceutica di cui era stata testimonial per il lancio di un prodotto dagli effetti neurotossici. “Sì è vero… le ho dato della vecchia bagascia – disse Grillo – ma a Genova è un modo per definire una persona molto astuta, come lei che a novant’anni, invece di sostenermi nella mia battaglia per una ricerca di qualità, mi ha querelato. Ma non perché l’ho definita affettuosamente così – scherzò il comico – mi ha querelato perché l’ho chiamata vecchia”.

(http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/12/30/montalcini-tutti-insulti-alla-senatrice-da-berlusconi-alla-lega/458347/)

ZAIA, PIANTALA DI DIRE CAZZATE


ZAIA, PIANTALA DI DIRE CAZZATE

Ho appena aperto la tv su Rainews24 e stava parlando Zaia al parlamento del legaioli.

Ha detto una cazzata, stupidata cretinata, corbelleria, stronzata, sciocchezza, asinata imbecillità eccetera eccetera, che ha fatto incazzare anche me, solitamente molto mite e tollerante:

“Tre Regioni in Italia mantengono le altre diciassette”

Ma stiamo dando i numeri Zaia? Sei completamente fuori dai coppi. Capisco che sei in propaganda elettorale e che ti brucia il didietro perché la Lega non è più al comando, ma le stronzate in ogni modo rimangono stronzate, anche dette da te riccioluto presidente del Veneto.

Ora mettiamo bene i punti sulle i. Io abito in Emilia-Romagna, una Regione che meglio governata non si può, non ha nulla da imparare né dal Veneto, con tutto il rispetto per i veneti non legaioli.

Né dal Piemonte, anche qui con tutto il rispetto per i piemontesi non legaioli, e men che meno ha da imparare da un mezzo seminarista che non sa mettere due parole in croce se non recitare la lezioncina che gli hanno fatto imparare e che si chiama Cota.

Ma davvero non ha nulla da imparare dal sistema lombardo di Formigoni. Ciellino della chiesa affarista, mani e piedi legati  ad affarismi poco chiari,dal profilo amicaiolo-mafioso, a mazzettari corrotti, e a preti come Don Verzé, che ha l’impudicizia di paragonarsi a Cristo,  anche se spende i soldi che gli vengono dati per volare su aerei privati del costo di 20 milioni di euro.

Quindi Zaia del Veneto, smettila di dire cose “inappropriate” (per non ripetere le volgarità che ho detto sopra) e se proprio lo vuoi sapere ecco il modello della mia Regione, così impari.

IL MODELLO EMILIANO-ROMAGNOLO
Forse il “
modello” emiliano romagnolo che ha fatto rima con crescita, sviluppo, efficienza e giustizia sociale, dovrebbe essere valutato meglio perché può aiutare il bel paese ad uscire dal pantano.
Andiamo dunque a leggere le statistiche e ricerche (fatti) che fotografano la società reale e che tirano in ballo la Regione Emilia Romagna.

Qualità dei servizi sanitari
Prima per qualità dei servizi è l’Emilia Romagna mentre la maglia nera va invece alla Calabria che si piazza all’ultimo posto nella classifica stilata del Censis attraverso il cosiddetto ‘indicatore sintetico dell’offerta sanitaria’.
In base a questi dati emerge dunque che a meritare il punteggio più alto è l’Emilia Romagna (con 67,6), seguita dalla Toscana (62,9) e dal Veneto (55). Quarto posto per la Lombardia (54,6), quinto per la Valle d’Aosta (54), seguita da Friuli-Venezia Giulia (53,4), Liguria (53,3), Trentino-Alto Adige (52,9), Umbria (52,6), Piemonte (50,1), Molise (37,9), Marche (36,8), Abruzzo (34,5), Lazio (33,5), Sardegna (26,6), Basilicata (26,3), Puglia (15,4). In coda alla classifica: Sicilia (14,7), Campania (13,8) e Calabria (9,8). (dati ricerca in materia diffusi 8 agosto 2009 dal Censis)

Indice di povertà
È l’Emilia Romagna la regione con la più bassa incidenza di povertà relativa (3,9%) in Italia, seguita da Lombardia (4,4%) e Veneto (4,5%). È quanto emerge dal rapporto sulla povertà presentato oggi dall’Istat. La situazione più grave la si registra invece per le famiglie residenti in Sicilia e in Basilicata, dove i poveri sono il 28,8% dei residenti. Per quanto riguarda l’intero Mezzogiorno l’incidenza complessiva di povertà è del 23,8%. Rispetto al 2007, il Molise ha registrato una netta discesa, passando da un’incidenza di povertà relativa del 13,6% a una del 24,4%. Anche Abruzzo, Campania e Calabria sono peggiorate. Le regioni che, invece, hanno registrato un miglioramento rispetto al 2007 sono la Puglia e la Sardegna. (fonte rapporto Istat sulla povertà relativa nel 2008 presentato il 30 luglio 2009 a Roma.)

Occupazione femminile
E’ Bologna la provincia italiana con il tasso di occupazione piu’ alto (72,4%) mentre Crotone resta la maglia nera con appena il 37,3% di persone tra i 15 e i 64 anni che hanno un lavoro.
La graduatoria delle prime cinque regioni con il tasso di occupazione piu’ alto (Emilia-Romagna, Trentino, Valle d’Aosta, Lombardia e Veneto) e di quelle con i tassi di occupazione piu’ bassi (Campania, Sicilia, Calabria, Puglia e Basilicata) mentre l’Umbria scavalca il Piemonte e sale alla sesta posizione. Il Piemonte scende dalla settima alla nona.
Nel 2008 i tassi di occupazione femminile piu’ elevati si registrano in Emilia-Romagna, Valle d’Aosta e Trentino-Alto Adige; nella prima e nella terza di queste regioni si segnalano i tassi piu’ alti anche per gli uomini. In tutte le regioni meridionali i tassi di occupazione delle donne sono contenuti e in ogni caso inferiori alla media nazionale. La quota di donne tra i 15 e i 64 anni occupate in Campania (27,3%), Sicilia (29,1%), Puglia (30,2%) e Calabria (30,8%) e’ inferiore per oltre la meta’ a quella dell’Emilia-Romagna.
In Emilia Romagna e Trentino-Alto Adige sono occupati poco meno di otto uomini ogni dieci tra i 15 e i 65 anni; in Calabria, Campania e Sicilia circa sei ogni dieci. (dati disaggregati per Regione e provincia sulla media 2008 delle forze di lavoro sono stati diffusi dall’Istat il 28 aprile 2009)

Disoccupazione
I dati sulla disoccupazione sono confermati da uno studio della Cgia di Mestre pubblicato sabato scorso.
In Italia, nel primo trimestre di quest’anno, la percentuale dei disoccupati ha toccato il 7,9% con un aumento, rispetto al terzo trimestre del 2008, del +1,8%.
In termini assoluti i senza lavoro sono 1.982.000. Probabilmente a fine anno, secondo le previsioni dello studio Cgia, in Italia si raggiungerà un tasso di disoccupazione medio dell’8,8% che corrisponderà ad oltre 2 milioni e 200 mila persone senza un lavoro.
Sempre secondo i risultati Cgia nel marzo di quest’anno, il tasso di disoccupazione del Piemonte ha toccato il 7%, quello della Lombardia il 5%, nel Veneto il 4,7% e in Emilia Romagna il 4,1%. (studio della Cgia di Mestre del 12 settembre 2009)

Istruzione, servizi pubblici locali e quelli sociali. (fonte un recente studio di Bankitalia, che considera le politiche nazionali e regionali nell’ultimo decennio)

Abbandono scolastico
Lo studio della Banca d’Italia evidenzia che l’abbandono scolastico nel 2006 a fronte di una media nazionale del 20,6%, al Sud diventa il 25,5% rispetto al 16,8% del Centro-Nord (è misurato sui giovani da 18 a 24 anni con al massimo la licenza media). In Emilia Romagna è il 6%

Asili nido o micronidi
i Comuni con asili nido o micronidi al Sud sono poco più di uno su cinque (21,1%) mentre al Centro-Nord sono quasi uno su due (47,6%). Sicilia e Campania registrano valori più alti: rispettivamente il 33,1% e il 30,5%. Indietro Molise (2,2%) e Calabria (6,6%). In Emilia Romagna è il 63%.
In Emilia Romagna ci sono 540 asili nido comunali per 23.463 posti disponibili (seconda regione dopo la Lombardia per numero di asili e posti), questo significa che il tasso di accoglienza dei bambini da 0 a 3 anni in asili nido e altri servizi per l’infanzia raggiunge il 27%, La media italiana è del 13,8%, ma ci sono regioni dove i bambini che trovano posto al nido sono meno del 2 per cento.

Assistenza domiciliare anziani
Gli anziani con assistenza domiciliare sono l’1,6% nel Mezzogiorno, mentre le regioni centro-settentrionali sono già in linea con l’obiettivo nazionale al 2013 (3,5%). La realtà meridionale ha, però, più facce: il Molise arriva al 6,1%, la Sicilia allo 0,8%. In Emilia Romagna è 5,8%.

La ricchezza in Europa
Prodotto interno lordo per abitante espresso in standard di potere d’acquisto di 271 regioni Ue
Tra le 40 regioni europee che superano il 125% della media Ue di pil per abitante, quattro sono quelle italiane: la provincia autonoma di Bolzano (136,7%), la Lombardia (136,5%), l’Emilia-Romagna (128,1%) e il Lazio (127,9%). (Fonte: Eurostat, l’ufficio europeo di statistica, che ha reso noto i dati del 2006, febbraio 2009).
Ancora, nel 2008 il Pil dell’Emilia-Romagna è l’unico a registrare un segno positivo rispetto a quanto accade in altre regioni e, in generale, nel Paese. IL prodotto interno lordo che negli ultimi tre anni (2005-2008) ha fatto registrare una crescita del 4,7%, ben al di sopra della media nazionale, ferma al 3,1% e di altre regioni industrializzate. (fonte Rapporto sull’economia 2009 realizzato da Unioncamere Emilia-Romagna presentato a maggio 2009).

Morale, la regione Emilia Romagna è una tra le più 10 più ricche d’Europa oggi, e con la forbice tra ricchi e poveri meno ampia d’Italia.
Pubblicato da Il Senio mormora a 18.9.09

MAL DI “CORRENTI”


MAL DI «CORRENTI»

Qualche giorno fa il Corriere della Sera scrisse che nel PD ci sono 17 correnti. Ma se ne è dimenticato almeno un paio: quella dei quindicenni, una corrente che sta crescendo a vista d’occhio e quella dei giovani del Sud che credono nella politica.

A questo punto, mi auguro è che, alle prossime elezioni, ci siano 30 milioni di italiani che votano le 30 milioni di correnti del PD, perchè ognuno ha una propria idea di partito. Siamo tutti Segretari.

La stampa “seria” e meno seria, gioca piacevolmente col PD,  perchè chi fa politica dentro il partito esprime il proprio pensiero, il proprio modo di vedere il futuro, il proprio modo di procedere. Insomma ognuno si crea la propria “corrente”.

Se parliamo di democrazia, è logico pensare che si possa esprimere il proprio pensiero, a volte in modo molto, molto appassionato (sic e sic e sic). Se poi questo crea “correnti”, non credo sia un problema del partito, bensì di chi l’interpreta come tale.

Ma facciamo un po’ i conti in casa d’altri.

Prendiamo la Lega Nord, quella che … Bossi non si tocca e quella che… decide tutto Bossi.

Si sente parlare di “Cerchio magico” che sarebbe composto di pochissime persone ma che fanno il bello e cattivo tempo nella Lega bossiana. Sarebbe una troika di formidabili carrieristi composta dalla passionaria Rosi Mauro, dallo spregiudicato capogruppo parlamentare Marco Reguzzoni, dal pittoresco capo dei senatori Federico Bricolo, tutti e tre assai impopolari, ma che dispongono di  Bossi come vogliono e gli fanno credere qualsiasi cosa.

Poi ci sono i maroniani. E si ha l’impressione che siano in tanti. Di fatto il leader della Lega è Roberto Maroni. Lo si è capito dall’ultima Pontida. Applausi affettuosi al faticoso discorso di Bossi e ovazione per il ministro dell’Interno. Segno che la base leghista sta esprimendo una preferenza.

Se la base, il popolo leghista potesse esprimere una preferenza voterebbe Maroni. Ma nella Lega non si vota, non si discute, non si tiene un congresso dal 2002. Si nomina e basta. Lo si è visto con la nomina di Maurilio Canton, l’unico politico del mondo a essere eletto a una carica, segretario provinciale della Lega a Varese, senza nemmeno prendere la parola durante il congresso, per paura di contestazioni. Tra i maroniani, il più fedele è il sottosegretario all’Economia, Giancarlo Giorgetti

Poi ci sono i Calderoniani. Calderoli è il ministro della Semplificazione e, nella Lega, ricopre il ruolo di coordinatore delle segreterie nazionali. Sostanzialmente ha le chiavi del partito e riesce a controllare il movimento su tutto il territorio.  Non piace a molti della base che lo giudicano troppo berlusconiano.  E’ l’unico che ha solidi legami con Tremonti, con il quale ha condiviso la riforma federalista.

E dove mettiamo i veneti? Ne fanno parte il governatore veneto Luca Zaia e il sindaco di Verona, Luca Tosi. Entrambi adottano un basso profilo ed evitano toni eccessivi. Rivendicano la territorialità della Lega Nord. Attorno a loro si sta formando una giovane leva di amministratori pubblici pronti a ricoprire incarichi di responsabilità’ nel partito.

Anche i piemontesi. L’esponente di rilievo è il presidente della Regione Piemonte, Roberto Cota. L’ex capogruppo alla Camera sta provando con il sostegno dei parlamentari piemontesi una nuova corrente. Ma è troppo pauroso e troppo fedeli a Bossi per riuscire ad avere voce in capitolo.

Poi ci sono quelli che non sopportano nessuno, i cosiddetti indipendentisti. Si richiamano alla ”Lega delle origini”. Propugnano l’’indipendenza da Roma anche attraverso la secessione. Bossi, riconoscente per il ruolo da loro svolto in passato per la nascita del movimento, li ha relegati all’Europarlamento. L’esponente più noto è Mario Borghezio. In sua compagnia anche l’ex ministro Speroni e il maroniano Salvini, anche lui a Bruxelles.

E guardiamo in casa del Pdl, di quelli che … solo Berlusconi perché paga.

Ci ritroviamo, com’è noto i responsabili, che ora hanno assunto il nome di “territorio e libertà” un nome che dice poco o niente, ma serve per imbrogliare e confondere. E sappiamo che sono i puntelli pagati che si reggono sulla scilipotaggine. Questi sì che sono devoti e coesi.

Poi abbiamo i frondisti rinominati gli “scontenti”. Quelli che farebbero capo a Pisanu e a Scajola, ma che hanno una paura tale del cavaliere e delle sue sfuriate, che non si azzardano a dirgli niente, votano col mal di pancia tutte le leggi ad personam, e da bravi “vigliacchetti” scrivono a Berlusconi una lettera anonima, come un tempo, e forse anche ora, si usa per denunciare qualcuno e mettere discredito su qualcun altro. Un’arma subdola e vile.

Ci sentiamo in dovere  con la lealtà’ e la sincerità che ti abbiamo sempre dimostrato, di rappresentarti il nostro critico convincimento sulla situazione politica dell’attuale maggioranza parlamentare che sostiene il tuo Governo. Dobbiamo oggettivamente registrare che l’esiguità dei numeri, in particolare alla Camera, non consente a questo Governo di poter affrontare neanche l’ordinario svolgimento dei lavori parlamentari, e tanto meno quindi, di dare quelle risposte, anche molto impegnative sul piano del consenso sociale, che la drammatica situazione economico finanziaria richiede.

Da parte nostra  la lealtà, il senso di disciplina e responsabilità che abbiamo finora dimostrato, sostenendo l’iniziative del governo anche quando i provvedimenti non erano in sintonia con i nostri principi e i nostri programmi, non potrà da oggi essere più garantita in assenza di una forte discontinuità politica e di governo» ( Firmato, i ‘frondisti’).

Su questa lettera c’è poco da dire  se non che la paura serpeggia in quel partito. Quel partito che doveva essere delle libertà tiene incatenate le persone al punto tale da risultare una tortura per qualcuno. Ma siccome devono tutto al cavaliere, per devozione, mandano giù qualsiasi rospo, salvo poi sentire un gran bruciore ed esprimere lo scontento in modo anonimo.

Forse sperano che il capo prenda paura? Illusione. Lui, l’ha già battezzata: “una bufala”.

Nei prossimi giorni Berlusconi darà la colpa alla sinistra di averla scritta, ovviamente con l’aiuto dei magistrati e dei giudici comunisti.

(Fonte: Repubblica e Bliz quotidiano)

CONDANNATI I PROTETTI DELLA LEGA


CONDANNATI I PROTETTI DELLA LEGA

foto-GRUn certo Giovanni Robusti, Cobas del latte, ha tentato la via della politica e dopo sorti più o meno favorevoli, è subentrato, nel 2008, al parlamento europeo al posto di Umberto Bossi, nel frattempo diventato ministro dell’attuale governo Berlusconi ter.

Però è in politica da tempo, anche lui fa parte del ventennio e percepisce stipendi tali da non dover più mungere le vacche e puzzare di bestia.

Anche Antonio di Pietro, nel 2001, in cerca di candidati con un certo corredo di seguaci, lo candidò ma la cosa finì male e Robusti sì è dato definitivamente alla Lega. ( ecco un po’ della sua storia)

Il 1° luglio di quest’anno è uscita la sentenza della Corte d’Appello di Torino che ha condannato per associazione a delinquere i Cobas del latte del Piemonte e l’europarlamentare leghista Giovanni Robusti.

Per non pagare le famose multe dell’Ue sullo sforamento delle quote latte, avevano inventato il sistema di vendere latte finto a cooperative inesistenti.

La vicenda delle quote latte parte da lontano: gli allevatori dichiaravano molto meno di quanto ricavavano, sempre per fregare il fisco.  L’evasione salì oltre i 200 milioni di euro.

Tutte furbate ai danni degli allevatori onesti. Illegalità che la Lega copre e protegge (soprattutto il Trota è molto attivo in questo campo), allo scopo di spillare qualche voto in più.

Da qui parte l’antieuropeismo e l’antistatalismo  e la propaganda antifiscale della Lega, che pare legata a doppio filo con questi allevatori disonesti che, con l’aiuto della Lega, fanno pagare a tutti noi, le loro illegalità.

E Bossi che blatera tanto contro i terroni, dovrebbe tener conto che le condanne per frode dei suoi preziosi allevatori disonesti, sono un brutto affare anche al Nord.

Di queste frodi sulle quote latte si è parlato pochissimo, perché dell’agricoltura non importa niente a nessuno, ma hanno colpito seriamente gli agricoltori ed allevatori onesti, costretti ad accettare prezzi bassissimi dei loro prodotti.

Gli espedienti messi in piedi dai Cobas del latte e dai  furbastri alla Giovanni Robusti, hanno ingiustamente offeso l’onore di tanti allevatori onesti, trascinati tutti nella fanghiglia puzzolente di quei disonesti protetti dalla Lega.

Per sapere qualcosa di più preciso,  leggere qui. 

IL COTA E LE MAESTRE


IL COTA E LE MAESTRE

A Ballarò del 19 aprile 2011, il presidente della Regione Piemonte, Cota, ha reso noto al pubblico presente e televisivo, che le maestre picchiavamo i bambini sulle manine perché non lo applaudissero quando “lui” è andato in visita nelle scuole.

Le maestre di sinistra, quelle che inculcano sentimenti diversi da quelli delle loro famiglie, ossia le maestre comuniste, impedivano ai bambini di applaudire il presidente leghista del Piemonte, addirittura schiaffeggiandoli sulle manine. Dicevano loro: “non applauditelo, fischiatelo”!

Ma si possono dire panzane del genere, impunemente, ed essere presidente di una regione, averne la responsabilità amministrativa e politica?

Lei, presidente Cota è presidente  di tutti i piemontesi, comprese le maestre comuniste o è presidente soltanto delle maestre leghiste?

Lei, presidente Cota, si ricordi che è stato eletto con un paio di liste false, convalidate dell’uomo di Berlusconi messo al Consiglio di Stato: Pasquale De  Lise.  Non dimentichiamo che lo spoglio delle schede “vere” l’aveva dato per perdente.

Lei, presidente legaiolo è troppo suscettibile,  si deve abituare ad essere fischiato, se capita, e capiterà, perché chi copre responsabilità pubbliche, prima o poi sarà fischiato.

Lei, presidente Cota, fa discorsi banali e poco costruttivi, si prodiga in annunci di interventi minimali per migliorare ciò che va già va bene grazie alla precedente amministrazione,  si deve mettere l’animo in pace perchè   possiamo assicurale, senza tema di smentite, che resterà sempre e comunque terribilmente antipatico.

Lei, presidente Cota, nonostante si dia da fare per presenziare tante trasmissioni televisive, forse perchè si crede bello, di deve dare una calmata, le agitazioni nervose e le scompostezze non si addicono ad un uomo che vuole governare una Regione. Le mancano lo stile, la compostezza , l’autocontrollo e la personalità, oltre che le idee.

IL MINISTRO PERMALOSO


IL MINISTRO PERMALOSO

L’intervento di Maroni a “Vieni via con me” ha cancellato i due elenchi che la mamma di Federico Aldrovandi avrebbe letto, in quella occasione.

Ci dispiace l’assenza di questa madre che ha sofferto in modo atroce, la morte ingiusta di suo figlio giovanissimo.

Sinceramente di Maroni, della Lega e di uno spot politico in difesa di quel partito, non ne sentivamo la mancanza. 

Urtante e stupido sentire dire: “Le operazioni di polizia hanno evidenziato il coinvolgimento e l’arresto di esponenti politici ma non della Lega. Mi chiedo allora perche’ indicare proprio e solo la Lega?”

La Lega  perciò si ritiene candida e pura, amorevole e comprensiva,  buona ed umana. Aggettivi belli, ma smentiti dai fatti. Le ronde, le leggi xenofobe e tutti gli intrighi a livello locale smentiscono le parole di  Maroni, che anche in questa occasione si è rivelato un ministro permaloso e per questo pericoloso.

Ecco alcuni di questi fatti.

Non solo mafia: la Lega Nord, partito di favori, sprechi e ruberie

Maroni si è sentito offeso dalle affermazioni di Saviano nella trasmissione di Fazio, ma…

Dal finanziamento illecito alla banda armata, dalla scuola della moglie di Bossi ai soldi alla Padania

 Tempi duri per il partito di Bossi. A pesare sul groppone delle camicie verdi non ci sono solo le accuse di essere in qualche modo legati alla grande criminalità organizzata penetrata nel tessuto economico delle zone più ricche del Paese.

PARENTOPOLI – A minare la credibilità della Lega Nord è arrivata la parentopoli che ha interessato la giunta regionale di Roberto Cota. Figli, fratelli, mogli e mariti di rappresentanti di PdL e Lega sono stati accuratamente  moglie di bossi, bossi, impiegati nelle segreterie e negli uffici dei nuovi inquilini dell’ente che a marzo è passato nelle mani del centrodestra. C’è la figlia del capogruppo della Lega che lavora nella segreteria del governatore, la moglie dell’assessore che lavora nella segreteria di un altra pedina della giunta, figlie e sorelle di consiglieri PdL che lavorano al gruppo del partito berlusconiano. Alla faccia della meritocrazia.

LOTTA AGLI SPRECHI? – La notizia di queste anomalie arrivava subito dopo quella dell’utilizzo dell’auto blu da parte di un esponente leghista che aveva pubblicamente annunciato di essersene privato. Appena eletto il presidente del Consiglio del Friuli, Ballaman, aveva fatto sapere di aver intenzione di abbattere i costi della politica e di rinunciare alla macchina di servizio: fu sorpreso alla guida di una di esse mentre andava a prendere nonna e zio della fidanzata all’aeroporto. Un altro leghista, l’onorevole Alessandri, l’auto blu l’ha utilizzata incassando una settantina di multe. La sua giustificazione? “Spostamenti istituzionali urgenti“.

TANTI QUATTRINI – Non solo furbizie o semplici promesse disattese. Come ogni vecchio partito che si rispetti, ci sono anche tanti bei quattrini a girare dalle parti della Lega, come i 50 milioni incassati dal giornale di partito e gli 800mila dirottati dalle casse pubbliche a beneficio della scuola Bosina di Varese, tenuta dalla moglie di Bossi, Manuela Marrone, istituto dove si insegnano filastrocche locali e tante materie folk. Tanti comportamenti discutibili ma leciti, per carità. Ma non mancano nemmeno quelli di maggiore gravità. Come l’incasso di 200 milioni di euro della Ferruzzi da parte del tesoriere del Carroccio, che causò a Bossi una condanna per finanziamento illecito. O come il patto di ferro stipulato con Giampiero Fiorani: pronto a salvare la Credieuronord con i soldi dei suoi correntisti pur di ottenere coperture politiche per i suoi progetti di scalata, Fiorani mise a disposizione della Lega anche soldi per l’attività politica generica, consegnati ad esempio ad Aldo Brancher con destinazione Roberto Calderoli, che doveva pagare alcune spese elettorali.

FAVORI E POSTI DI POTERE – Per non parlare della spartizione dei posti di potere cui i padani hanno partecipato nel momento di rinnovare i consigli di amministrazione delle società controllate dai ministeri, della mania dei doppi incarichi, dei favoritismi nella guida degli enti locali che l’IdV ha ricostruito ed elencato in un apposito dossier. Passiamo al colore: la vicende della scuola di Adro. L’istituto Gianfranco Miglio, che gli uomini del Carroccio volevano decorato metro per metro col sole delle Alpi, non è l’unico caso della mania leghista di vedere il proprio simbolo dappertutto. Ad Adro hanno perfino pensato di renderlo ufficiale. Ci riusciranno o no, poco cambia, tra Bergamo e Varese la pop art padana si è già diffusa. Ultima nota: il ministro Calderoli ha mentito su una legge ad personas ideata per salvare decine di militanti del Carroccio dall’accusa di banda armata.

di Donato De Sena

Da: http://www.giornalettismo.com/archives/96158/mafia-favori-sprechi-lega-ruberie/