Archivi del giorno: 3 luglio 2020

LEI ERA MARIA


LEI ERA MARIA

Si chiamava Maria.

Per circa un mese il suo corpo, senza nome, fracassato di botte, è rimasto in un angolo buio dell’obitorio. Nessuno lo ha reclamato. Nessuno è venuto a piangerlo.

Era solo un corpo, quello di una “prostituta”, coperto di lividi, ritrovato in un cespuglio su una delle arterie principali della capitale del nostro paese. Una strada annosamente nota come quella delle “invisibili”, donne e ragazzine, provenienti dall’Est Europa, costrette a prostituirsi.

Le indagini hanno permesso, finalmente di darle un nome e di dare un nome al suo assassino. Suo “marito”, anche lui rumeno. In realtà, l’ultimo dei suoi carnefici. L’uomo che, persino durante la pandemia, la costringeva sul marciapiede e la massacrava perché portava pochi soldi a casa. La colpa non era dei clienti preoccupati dal contagio, la colpa era sempre di Maria. La colpa è sempre delle donne.

Qualcuno ora ricorda che forse l’aveva incontrata. Che era disperata e, sempre forse, persino in cinta. Forse…

Per le “invisibili” come Maria, la vita è sempre un forse.

La loro grande colpa è essere fragili. Povere, indifese. Povere e indifese che diventano merci da sfruttare, da vendere. Giocattoli di carne e orifizi da violare per chi le compra. Cose…

Dentro di loro cova eternamente un cuore bambino. Ferito oltre ogni misura, bisognoso di affetto, di una briciola d’amore che consoli una vita il cui unico sapore è l’amarezza. Pronto ad aggrapparsi ad ogni gesto, apparentemente gentile, e divenirne schiavo sottomettendosi a ogni ingiuria, a ogni umiliazione.

Ricordo Alina, orfana, 18 piccoli anni di “forse” e miseria. Un fiore meraviglioso che si vendeva accanto a cumuli di miseria. Una lunga fila di macchine si accalcava per accaparrarsi i suoi 15 minuti di tristissimo piacere. Alina, incredibile a dirsi, era felice di vendersi.

” Mai avrei pensato di fare certe cose. Solo a pensarci, mi veniva da vomitare. Se ora lo faccio è per me e il mio uomo. Siamo andati via dall’Albania. Troppa fame. Abbiamo un sogno. Con i soldi che guadagno, lui mi sposerà e mi porterà in America. Avremo un negozio, una casa. Sarò finalmente felice”.

Anni dopo era ancora lì. Il suo grande amore era sparito nel nulla, ovviamente con tutti i soldi. Ora ce ne era un altro. I sogni si erano fatti più piccoli. Il fiore, intanto, era appassito. I suoi petali colorati del blu di tante, troppe botte. La fila, infatti, non c’era più.

Quale era il sogno di Maria?

E mi si spezza il cuore pensando ad Alina. A Maria. Alle infinite vittime della crudeltà dell’uomo. Piccole donne, povere anime in balia di un mondo che le usa, le bolla come prostitute e mai si accorge di loro. Mai le riconosce come persone. Un mondo che ha perso l’anima.

Silvestro Montanaro