MATTARELLA, MATTARELLA, MATTARELLA


MATTARELLA, MATTARELLA, MATTARELLA

Ha vinto la logica politica.

Alla fine ha vinto lui, Guglielmo da Occam, monaco francescano coevo di Guglielmo da Baskerville (chissà Umberto Eco chi aveva in mente …), che teorizzò, con il suo rasoio, “un principio metodologico che, tra più ipotesi per la risoluzione di un problema, indica di scegliere, a parità di risultati, quella più semplice”.
Così è stato.

Tra sostituire Mattarella o sostituire Draghi la cosa più semplice era lasciare tutto come prima e non sostituire nessuno. Qualcuno ha finalmente impugnato il “rasoio” ed l’ha adoperato. Evviva.
Ha perso la politica o ha vinto la logica?
La risposta è che ha vinto la logica politica.
Ovvero quel senso dello Stato, quella percezione del reale, quel principio di fattibilità, che sempre dovrebbero ispirare l’azione dei politici.

Si dirà che abbiamo assistito ad uno spettacolo inverecondo, che la politica ha dimostrato la sua incapacità di risolvere i problemi, si approfitterà dell’occasione per montare ancora di più quel sentimento populista antipolitico che informa larga parte dei nostri media principali e che ha già sparato le sue sentenze.
Facili bersagli per il qualunquismo.

In realtà, le sentenze sono ben altre, prima tra tutte la completa e totale inadeguatezza del personale politico del centrodestra e dell’area populista: non facciamo nomi, ma i cognomi sì: Salvini e Conte.
Due autentiche sciagure nazionali. Due perniciosi incompetenti presuntuosi, a cui nessuno osa dire quello che effettivamente valgono: zero. Non un atomo di più.
Purtroppo “l’ipocrisia di chi sta sempre con la ragione e mai col torto” spinge a dare credito a figure impresentabili, che fanno del male alla loro parte (e chissenefrega!), ma soprattutto fanno del male al Paese.
Ora rifiatiamo e prepariamoci ad un anno che non sarà uno scherzo.
Non faccio fatica a pensare che sia Draghi che Mattarella avranno chiesto (e ottenuto, per quel che valgono, visti certi soggetti) le più ampie garanzie di stabilità e agibilità politica.

Il centrodestra è a pezzi e dovrà trovare in fretta il modo per rimettersi all’onor del mondo, soprattutto decidendo una buona volta se vuole seguire l’estremismo di Meloni o provare a proporsi come forza moderata di Governo.
Faranno congressi? Si sfideranno a duello? Faranno finta di niente fischiettando allegramente? Oggi hanno toccato il fondo. Ma, come si sa, si può sempre scavare.
I cinquestelle e Conte hanno ormai dimostrato, anche ai più ottusi ed increduli, quanto poco ci sia nelle loro zucche. I più furbi di loro cercheranno altre strade: lo stanno già facendo. Degli altri non rimpiangeremo nulla, inghiottiti dal vortice della loro incompetenza.

Infine, ancora una volta si presenta una prateria davanti ai riformisti di centrosinistra, cui potranno aggiungersi anche riformisti di altra provenienza.
Capiremo, capiranno?
Vorranno insistere nella “lungimirante” strategia dalemiana di derenzizzazione dell’area? O continuare ad inseguire “il punto di riferimento fortissimo del progressismo europeo” (qualcuno chiederà mai scusa per l’abbaglio preso solo un anno fa e pervicacemente portato avanti sinora? non credo)? A Bettini e soci fischiano le orecchie?
O si potrà finalmente mettere insieme un programma di governo tagliato apposta sulla capacità, sul carisma, sulla autorevolezza di Mario Draghi e pregarlo di occuparsi di noi per un quinquennio almeno?
Mattarella, suo sponsor, è stato riconfermato. Anche lui deve esserlo.

Il programma c’è già e si chiama PNRR; c’è da aggiungere una legge elettorale proporzionale con sbarramento alto e qualche riforma costituzionale indispensabile (Titolo V, bicameralismo, sfiducia costruttiva; forse, ma ci vuole più tempo, un modello istituzionale semi-presidenzialista, se davvero siamo stufi della manfrina a cui abbiamo assistito nell’ultima settimana).

Attenzione, perché tutto può invece rimanere esattamente come prima, comprese le difese corporative, le resistenze al cambiamento, gli orticelli e le parrocchiette, dai magistrati ai concessionari delle spiagge, dai tassisti agli insegnanti o ai medici di base.
Passata la festa … Tutto il fervore odierno si può spegnere in un attimo, se nessuno ha la capacità e l’acume di tenere acceso il lumicino delle riforme. Ora serve continuità e tanto coraggio.

Intanto ci siamo: sono le otto meno dieci e Fico comincia a contare. Mattarella, Mattarella, Mattarella, qualche Nordio (malgrado lui, che è un signore …) e Di Matteo, giudici per tutta la destra giustizialista e manettara; ma sono pochi. Travaglio forse sta piangendo.
Sono le otto e venti: manca solo qualche scheda al quorum di 505 voti. Sono nervoso, anche se ormai è tutto già scritto. Mi sudano le mani. Meno tre, due, uno, … è fatta.
Non si accende nessun motore, non parte nessun razzo, nessuna missione interplanetaria, ma forse parte una fase nuova della politica italiana.
Illuso, mi dico. Il Gattopardo è sempre in agguato. Altro che giaguaro di Bersani.
Applauso dei quattro gatti presenti in un’aula semivuota causa Covid, applauso lungo, ma sparuto. Anche da destra qualcuno batte le mani, dopo essersele mangiate. Gli altri elettori, saranno da qualche parte, lì fuori, da Giolitti o da Clemente, forse a riavvolgere il nastro e capire cosa è successo e come possono andare avanti con il nuovo scenario, che è quello vecchio. Travaglio piange ancora …
Si riprende a contare: in un attimo sono le otto e cinquanta. Scrutinio finito: 759 voti.

Il Parlamento ha parlato; e in una democrazia è giusto così. Altri applausi sparuti, veri o falsi, che importa?
Mattarella resta dov’è. E Draghi pure, anche se per lui le prove sono appena cominciate e già qualcuno starà apparecchiando le trappole per rendergli il cammino più difficile.
Questa è la storia d’Italia.
C’è chi costruisce e chi demolisce. Eros e Thanatos.

Va be’, non esageriamo, ma davvero, da lunedì comincia un’altra storia.
C’è chi ha vinto, ma c’è soprattutto chi ha perso, e ha perso di brutto.
Farà finta di niente, ci proverà. Non bisognerebbe permetterglielo. Bisognerebbe fargli pagare il conto. Bisognerebbe urlare a tutti che la logica offre sempre la soluzione. Spesso non piace, oppure fa male. Ma la soluzione, seppure dopo qualche giro a vuoto, arriva e bisogna saperla cogliere.

È un gioco da professionisti, mica da improvvisati incantatori di serpenti. E non bisogna sbagliare.
Cari riformisti, veri o presunti tali, la strada è spianata, almeno per un po’. Non abbiate paura.
Se non ora, quando?

(Ernesto Trotta)

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