Archivi Mensili: agosto 2023

IL SETTER FEDELE


IL SETTER FEDELE

Prima che ci conoscessimo, mia moglie viveva in una fattoria. Una piccola azienda agricola, verdura biologica, un posto dove gli acquirenti si raccoglievano le fragole da sé, per intenderci e una decina poco più di galline, tutto, a sentire lei, “una più oca dell’altra”. La prima volta che lo disse mi misi a ridere, perché trovavo curioso il fatto di usare il nome di un animale da cortile per insultarne un altro. Un po’ come “vacca”, che lei usa in continuazione. Per esempio, con questa prociona che ogni tanto ci viene a rovistare nei bidoni della spazzatura; “Ma la faccia tosta di quella vacca?” dice mia moglie con il naso premuto conto la finestra della sala da pranzo. Poi si mette ad  abbaiare: “Oh!, brutta asina! Va a far casino nel cortile di qualcun altro!”.

Attribuisco il linguaggio di mia moglie al fatto che è per un quarto spaniel. Lei dice solo per un ottavo, ma non scherziamo, le orecchie parlano chiaro. Le orecchie e la bocca.

Eppure non riesco a non amarla. Le ho perdonato perfino i tradimenti. «Sono anche figli tuoi» mi ha detto, riferendosi all’ultima cucciolata, quattro cagnolini che al sottoscritto non somigliano più della prociona vacca di cui sopra. So che il padre è un bull terrier inglese che abita di fronte, ma cosa volete che faccia? Un errore lo si perdona a tutti, no?

Vorrei poter dire che quel terrier l’ho odiato sin dall’inizio, che mai, nemmeno per un secondo, mi sono fidato di lui. Ma che figura ci faremmo, io e mia moglie, ad avere gusti tanto diversi? Se proprio volete saperlo, a lui non avevo neppure mai badato più di tanto. Mi ero accorto di quant’era brutto, certo, di quegli occhietti piccoli e inquietanti. Era anche abbastanza evidente che fosse stupido, ma non posso certo dire che mi fossi fatto un’opinione “ufficiale”. Almeno finché non è arrivata la cucciolata.

Insomma, sono nati questi cagnolini, e non più tardi di una settimana dopo, il bull terrier ha morso una bambina in piena faccia, praticamente strappandogliela via. Una bimba bionda, che abita nella casa accanto alla sua.  Io ero sul sedile posteriore della macchina, stavamo giusto entrando nel vialetto di casa, quand’è arrivata l’ambulanza. Non vi dico la scena. I genitori erano fuori si sé.

«Capirai» ha detto mia moglie con uno sbadiglio, quando quel pomeriggio gliel’ho raccontato.«Non è che non possono averne altri, di figli».

«Prego?» le faccio.

E lei: «Quando si tratta di noi, la pensano così. Perché con loro dovremmo comportarci diversamente?».

«Stai dicendo che dobbiamo abbassarci al loro livello?» lo ho detto. Quanto al bull terrier, mia moglie ha ammesso che era un po’ una testa calda. Che in effetti non aveva un gran senso dell’umorismo. Però non l’ha mai condannato esplicitamente, come invece avrei tanto voluto che facesse. Quando l’hanno portato via per abbatterlo, ha passato tutta la giornata col muso lungo. «Ho mal di testa» ha detto ai ragazzi. «Mamma ha un mal di testa tremendo». Ha detto la stessa cosa anche il giorno dopo. E per tutta la settimana successiva, sempre con lo sguardo perso verso la casa al di là della strada, dov’era vissuto il suo fidanzato.

Poco tempo dopo, la bambina è tornata a casa dall’ospedale con la testa tutta fasciata. Le avevano fatto due buchi per gli occhi, altri per il naso e per la bocca, e ciascuno era impiastrato del relativo liquido corporeo: lacrime, muco, bava. Per quanto uno detestasse i bambini, non poteva provare compassione. O almeno così pensavo. Mia moglie, invece – lo si capiva chiaramente –  attribuiva tutta la colpa alla bambina, ed era convinta che, non fosse stato per lei, il bull terrier non avrebbe fatto la triste fine che ha fatto.

Pensando che col tempo l’avrebbe dimenticato, mi sono messo tranquillo e ho cercato di portare pazienza. Un po’ ha contribuito il fatto che a un certo punto il nostro padrone ha messo un annuncio sul giornale e si è sbarazzato di quei poveri cuccioli. Ho pianto,certo, ma più per mia moglie che per me stesso.

Non fraintendetemi, auguro loro ogni bene. Solo, non sento il bisogno di rivederli.

Rimasti noi due soli, speravo che le cose tornassero alla normalità. E’ stato allora che il nostro padrone ha portato mia moglie a fare un’isterectomia. L’hanno operata in anestesia totale, non ha visto né sentito niente., si è addormentata fertile e si è svegliata vuota. Le hanno tolto tutto quanto, utero e compagnia bella.

Le ho spiegato che per me non aveva la minima importanza. Mi ha ringhiato: «Certo, che non ce l’ha, anzi, sono sicura che a te va benissimo».

«Che cosa vuoi dire?» le ho chiesto.

«Perché sei convinto che così non posso più tradirti. O che, se lo faccio, almeno non ci saranno conseguenze».

Sembrava desse la colpa dell’isterectomia a me. Le ho detto: «Amore, non fare così».

Non mi ha rivolto la parola per tre giorni. Cosa le passasse per la testa, nessuno lo sa. A me, in compenso,  continuava a tornare in mente questo weimaraner che avevo conosciuto nel recinto per i cani ai giardinetti. Aveva uno di quei padroni che per comunicare con te si mettono a quattro zampe, e mica si limitano ad abbaiare, si rotolano sulla schiena, ti vengono incontro a testa bassa e via dicendo. Lì ai giardinetti ce ne sono un bel po’, di tipi così – “squilibrati”, è la parola – ma questo li batte tutti. Lo scorso autunno è andato in ospedale a farsi togliere le tonsille, non gli facevano male, non erano gonfie né niente. Voleva averle e basta “in un barattolino” pare abbia detto al medico. “ E mi raccomando: non tagli via il grasso”.

La sera, tornando a casa, ha affettato le tonsille con un coltello, e pezzettino dopo pezzettino, le ha date da mangiare al weimaraner, come a dirgli: “Ecco, cucciolone, vedi?  Ti voglio così bene che ti do un  pezzetto di me”.

«E …» ho detto io.

«Ricordano molto il pollo» mi aveva spiegato il weimaraner. Per cui ecco a cosa pensavo, nel periodo in cui io e mia moglie non ci parlavamo. “Chissà che sapore aveva la roba che le hanno tolto”. Un pensiero folle, lo so, ma non riuscivo a togliermelo dalla testa. Era indice di una mia propensione al cannibalismo? O il tipo di carne  in questione – il fatto che si trattasse del suo utero – riduceva quei pensieri a una normalissima fantasia sessuale?  Mi sarebbe piaciuto parlarne, ma, vista l’aria che tirava in casa, ho ritenuto più saggio tacere.

È stato proprio allora, mentre mia moglie si struggeva per il fidanzato morto e io facevo pensieri macabri da psicopatico, che è riapparsa la bambina fasciata. A quanto pare c’erano state delle complicazioni, Un’infezione o qualcosa del genere, e avevano dovuto ricoverarla di nuovo.  L’abbiamo vista dalla finestra del salotto, giusto un attimo, mentre saliva in macchina con i genitori. «Guardala lì, Miss Perfettina» ha sibilato mia moglie. Erano le prime parole che le uscivano dalla bocca dopo quella che mi era sembrata un’eternità. Poi è andata nello studio a stravaccarsi davanti alla tele. È il suo modo per starsene da sola, dato che io la televisione la detesto. Non tanto per i programmi, è l’apparecchio in sé che non sopporto. Puzza tremendamente, e così mi fermo sempre sulla porta, parcheggiato dove comincia la moquette.

«Ecco, signor Snob, stattene lì» ha detto mia moglie. Mi chiama sempre così quando non siamo d’accordo su una cosa, che sia un giocattolo da masticare o l’odore di un elettrodomestico. «Sarà che io non sono beneducata come te» mi dice. Ed è vero, non lo è.

Così com’è vero che è lei che lo ripete in continuazione. A parlare, in questi frangenti, è la sua insicurezza, il suo insanabile senso d’inferiorità da bastardina di campagna, per cui io cerco di lasciar correre.

Mia moglie tira in ballo il mio pedigree ogni volta che le girano le scatole, oppure quando mi chiamano per una monta, che non equivale ad un tradimento, checché se ne dica. L’infedeltà comporta una scelta, mentre nel mio caso dipende da cause di forza maggiore.

«Queste femmine non mi desiderano più di quanto io desideri loro» spiego a mia moglie. «Non sono scappatelle, è lavoro. È il mio mestiere, vivaddio».

Lei allora ribatte che, se quello che voglio è uno stipendio, posso tranquillamente fare da guida a un cieco. «Oppure, meglio ancora, annusare i bagagli all’aeroporto con quel tuo nasino tanto sensibile che detesta la tele ma impazzisce per l’odore dei libri».

«Non di tutti i libri» rispondo io. Ed è vero. I thriller non li sopporto.

Proprio nel bel mezzo di questa nostra crisi, con i punti di mia moglie ancora freschi, ecco che mi mandano a fare un servizio. Una femmina che abita a qualche ora di viaggio da casa nostra, verso ovest. Di solito arrivi, fai quello che devi fare e te ne vai, solo che dove sta lei è una zona bellissima. Coperta di boschi, con un sacco di colline, e così, anziché aspettare che finissi, il mio padrone ha deciso di scaricarmi lì e passare il resto della giornata a girare in macchina.   L’atto in sé – sinceramente fatico a considerarlo sesso – è durato non più di un minuto. Poi, io e questa femmina ci siamo messi a chiacchierare. Lei è una setter irlandese pura, come me, e già avevamo in comune questa cosa. Entrambi, da ragazzi, ci siamo fatti i vermi a spaghetto, e entrambi, pensate la coincidenza, piace da morire il gusto e la consistenza delle candele. «Tranne di quelle profumate» mi fa lei.

«Le peggiori sono quelle cheap alla vaniglia» ho buttato lì.

Era d’accordo, e ha anche detto che aggiungere “cheap” era superfluo. «Tutte le candele alla vaniglia sono cheap».

Le ho raccontato che, una volta, da cucciolo, avevo masticato una candela alla cannella, e mentre lei, partecipe, ululava di disgusto, ho pensato a mia moglie e a quale effetto avrebbe fatto alle sue orecchie la nostra conversazione, “Spocchiosi” ci avrebbe definiti. “Con la puzza al naso che avete, se scoreggiate manco ve ne accorgete” E questo per la grave colpa di preferire una cosa a un’altra.

«Lo sai cos’altro non sopporto?» ho detto alla femmina. «i deodoranti per ambienti, men che meno uno al cocco».

«Oh, non saprei» mi ha risposto. «Secondo me è una bella gara con quelli alla ciliegia»

«Oddio. Quelli alla ciliegia!» ho esclamato io, chinandomi in avanti come per vomitare.

Dai deodoranti siamo passati alle assi da gabinetto imbottite, alle cassette della posta dalle forme buffe e agli incroci barboncino-labrador, i labradoodle.

Lei si stava giusto avventurando nel jazz contemporaneo, quando io le ho proposto di tentare un secondo giro di inseminazione. «Casomai il primo non fosse riuscito».

«Non me lo faccio ripetere due volte» ha detto lei.

Non ho dovuto insistere nemmeno per il terzo round, e quello dopo praticamente è venuto da sé. «Una scossa d’assestamento» l’ha definita lei. Alcuni potrebbero considerarlo un tradimento, per me è soltanto un lavoro ben fatto. E va detto che sul mio stato civile sono stato chiarissimo quasi da subito.

«Tua moglie? Ha detto la femmina, «e com’è successo?».

Le ho spiegato che ci siamo sposati tramite la fidanzata del mio padrone. «Ex fidanzata, ormai» ho aggiunto.

«Non so quanto sia vincolante, però non vorrei stare con nessun’altra». Ed è vero che non vorrei. Mi piace, tra le altre cose, sapere che m ia moglie ha bisogno di me. Non fosse per la mia influenza, di sicuro avrebbe già terminato il lavoro iniziato dal suo fidanzato. La bambina di fronte sarebbe ancora più sfigurata di quanto non lo sia già, e poi per cosa? «Tu non sei così» continuo a ripeterle. Al momento, però, è come preda di un incantesimo. Questo, alla femmina, l’ho spiegato come meglio ho potuto, e quando ho finito ho piegato la testa da un lato.

«Cioè tua moglie si è fatta fare il lavaggio del cervello da un bull terrier inglese?»

«Qualcosa di simile»

«Dio» ha detto lei, «io li detesto, i bull terrier inglesi»

E lì è arrivata la scossa di assestamento.

Era quasi buio quando il padrone è tornato e siamo ripartiti verso casa. C’era l’aria condizionata accesa, ma con qualche guaito sono riuscito a fargli  abbassare il finestrino. Avevo la testa fuori ed eravamo in viaggio da non più di venti miniti, quando siamo passati davanti ad un edificio in fiamme. Una casa a tre piani, circondata da un muretto di mattoni. Il padrone si è fermato, e prima che potesse impedirmelo sono balzato giù dal sedile e l’ho raggiunto sul prato. Ci fosse stato anche mia moglie, ci avrebbe  obbligati a risalire in macchina, ma io sono piuttosto affidabile anche senza guinzaglio.  E poi con me fa sempre bella figura, lo faccio sembrare più interessante di quel che è.

Un gruppetto di persone aveva cominciato a raccogliersi intorno a una donna a piedi nudi  e in pantaloni della tuta. Avvicinandomi ho visto che in braccio aveva un dachshund, di quelli a pelo lungo. Tutti la guardavano mentre gli tirava indietro le orecchie, baciandolo e ribaciandolo sulla fronte, mentre lui si contorceva e non vedeva l’ora di saltare giù.  Solo quando un signore anziano si è avvicinato alla donna e l’ha stretta tra le braccia, il, cane è riuscito a liberarsi. Allora ci siamo messi a parlare un po’. e mi ha raccontato che la donna, quando aveva sentito odore di fumo e si era accorta che la casa andava a fuoco, l’unica cosa che aveva preso, prima di precipitarsi fuori era stato lui. «Gentile da parte sua, niente da dire» ha precisato il dachshund, «solo che lì dentro aveva anche un figlio minorenne» Con la testa indicò una finestra al secondo piano da cui usciva del fumo nero. «Lui e la madre non facevano che scannarsi, però con me, quel povero ragazzo è sempre stato gentile».

Il dachshund sospirò, e quando la donna si chinò a raccoglierlo per un attimo intravidi il suo triste destino. “potevo mettere in salvo qualsiasi cosa, e invece ho scelto te”.

Chi mai vorrebbe vivere con un peso del genere?

Mentre gli auguravo buona fortuna, sono arrivati i pompieri. In tre sono partiti verso la casa, e poco prima che ci arrivassero, un pezzo di tetto è crollato. Le scintille sono schizzate verso il cielo sempre più scuro, e mentre ricadevano a terra scoppiettando, un odore di carne bruciata mi ha ricordato che avevo una gran fame. Se tutto andava bene, tornando a casa, il mio padrone si sarebbe fermato da qualche parte a comprare due hamburger, uno per me e uno per lui, avvolti nella carta. Dopodiché puzzando di fumo e di ketchup, sarei tornato dalla mia avvilita moglie, e avrei continuato a dedicarmi al lungo lavoro di amarla.

(Da “Bestiole e bestiacce” di David Sedaris)

 

ATTIMO (Wislawa Szymboska)


ATTIMO

“In effetti ogni poesia

potrebbe intitolarsi ‘Attimo’.

Basta una frase

al presente,

al passato o perfino al futuro:

basta che qualsiasi cosa

portata dalle parole

stormisca, risplenda,

voli nell’aria, guizzi nell’acqua,

o anche conservi

un’ apparente immutabilità,

ma con una mutevole ombra.”

(Wislawa Szymborska)

 

ROSSE O NERE E’ UNA QUESTIONE DI RUOLI


ROSSE O NERE E’ UNA QUESTIONE DI RUOLI

Le toghe sono rosse e nere, ma, a dispetto di chi strumentalizza i colori, la politica non c’entra: si tratta di un mero dato cromatico.

Nere per tutti ormai di fatto, rosse soltanto per le cerimonie (con il tocco in Corte d’Appello, con l’ermellino cerimoniale in Cassazione), le “uniformi” degli attori del processo sono regolamentate dal Regio decreto n.2641 del 1865 e mai abrogato, anche se molto semplificata nella prassi attuale.

A distinguere i ruoli provvedono i cordoni d’argento per i magistrati di tribunale, d’oro per quelli delle corti, argento e nero, oro e nero per gli avvocati secondo l’anzianità.

Una toga, che si compra nelle sartorie ecclesiastiche e militari, oggi si ordina anche online, a prezzi che variano tra i 250 e i 700 euro cui vanno aggiunti in media 70 euro di cordoni e 30 di marsina.

Il suo significato, passato alla storia nelle parole di Calamandrei:  «Amo la toga non per le mercerie dorate che l’adornano né per le maniche larghe che danno solennità al gesto, ma per la sua uniformità stilizzata che simbolicamente corregge tutte le intemperanze personali e scolorisce le disuguaglianze individuali dell’uomo sotto la divisa delle funzione», resta  intatto nella testimonianza di chi, come Adriano Sansa, presidente del tribunale dei minori di Genova, la porta ogni giorno sulle spalle: « chiedo agli avvocati e ai pm di usarla per una ragione di accuratezza e di rispetto, utile alla formalità rappresentativa della funzione. In concreto ho visto che è importante garantire una puntuale osservanza delle forme là dove si verifica l’osservanza delle regole. In un altro senso – non retorico – la toga ci sta a cuore, letteralmente, come segno di lealtà, onorato da alcuni colleghi fino alla morte. La toga sulla loro bara è stata un segno tragicamente semplice di adempimento al giuramento».

(Dalla rivista Vivere)

[Purtroppo era il tempo di Calamandrei, ma adesso?]

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COSÌ VA IL MONDO


COSÌ  VA IL MONDO

1% controlla il mondo.

4% sono marionette.

90% sono ignari.

5% sa e sta tentando,

di fare in modo che

il 90% si svegli.

L’1% non vuole che

il 5% renda consapevoli il 90%.

Così

l’1% usa il 4% perché  faccia in modo

di far tacere il 5%.

 

REMARE ANCORA CONTRO LA VERITÀ


REMARE ANCORA CONTRO LA VERITÀ

Quando uno Stato ammazza la sua Gente …e dopo 43 anni rema ancora contro la verità…!

Povero e martoriato paese.

Il 2 agosto 1980 alla stazione di Bologna, fu compiuta una strage fascista, vigliacca, come ha ribadito il Presidente della Repubblica Mattarella.

Fascista, nera, come il governo a Palazzo Chigi, adesso.

Incredibile eppure ci succede anche questo.

85 morti innocenti non sono bastati (di cui sbiadisce la memoria), ma i fascisti ora comandano e impongono le loro idee, come un tempo.

Come se nulla fosse successo.