Archivi Mensili: giugno 2023

CAFONERIA


CAFONERIA

Niente a che fare con il rigido trattato cinquecentesco di galateo di monsignor Della Casa, lontano anche dal raffinato vintage de Le Buone Maniere di Donna Letizia, Lina Sotis,  già negli anni  80 quando nascevano i nuovi ricchi scrisse il suo primo vademecum di buoni comportamenti. 
Oggi pubblica  il Nuovo Bon Ton che per l’autrice è la grazia del saper vivere.

Via i Salve e benvenuti i Buongiorno,
                       nel presentarsi bandita l’espressione piacere,
                                                       a tavola non si dice buon appetito,
                                                                       no all’uso di chic e di sexy che fa trash.

Insomma, un elenco dettagliato dalla A alla Z fermandosi sulla C di

 

                             CAFONERIA

 

Negli anni Settanta, cafoneria era un cofanetto per i libri in pelle rossa con fregi d’oro.
Negli anni Ottanta la casa tutta velluti e passamanerie; negli anni Novanta, l’abbronzatura.

Dal 2015 ad oggi c’è sempre e solo una cosa che identifica il cafone: il selfie.

L’ etimologia del termine cafone non è sicura ma è sicura la sua accezione dispregiativa.

È cafone chi ostenta non importa cosa, ma ostenta.

È cafone chi strombazza ai semafori.

È cafone per me anche chi urla.

Continuate voi?

Cafone è …?

 

STORIE DI ORDINARIA FOLLIA


STORIE DI ORDINARIA FOLLIA

Due vicende calcano le cronache, unico comune denominatore: storie di folle follia.

I protagonisti sono dei ragazzi, 14enni e 20enni.

I 14nni già a ottobre, quando hanno sparato con una pistola a salve dei pallini alla loro professoressa , avevano fatto parlare di loro.  Mentre uno sparava, l’altro riprendeva la scena e gli altri ridevano entusiasti.

Al’epoca il provvedimento disciplinare adottato dall’istituto di Rovigo è stato all’acqua di rosa: nessuna sospensione, ma una lezione di educazione civica. Chi sparò invece spazzò le scale.

Finisce l’anno scolastico e quel 9 in condotta deciso agli scrutini, oltre ai bei voti riportanti in pagella, fa discutere.

Addirittura  il ministro Valditara è scioccato, l’insegnate presa a pallini non si capacita e promette azioni legali.

Sta il fatto che per quanto riprovevole sia l’accaduto i ragazzi, rei dei pallini sparati, sono di fatto promossi.

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il 14 giugno uno youtuber (?) 20enne, quasi neo patentato per sfida e per gioco, a bordo di una Lamborghini, noleggiata da un compiacente commerciante, decide con 4 amici  di dimostrare che la Smart è un’auto da supermercato e che non vale neppure 300 euro. 

Quindi carica sull’acceleratore, raggiunge i  110 Km/h, non frena e impatta contro una Smart. 

Muore un bimbo di 5 anni mentre mamma e sorellina vengono ferite.

All’istante il canale TheBorderline, grazie ai video in diretta, raggiunge un numero esagerato di visualizzazioni.

Qualche giorno dopo il canale sarà chiuso.

Nel frattempo il guidatore killer manda like, risulta positivo alla cannabis. Pare vada all’estero.

Oggi si legge essere indagato ma ai domiciliari. A Casal Palocco. In attesa della ricostruzione dei fatti.

Indigna, se ancora riusciamo a indignarci, o sconcerta di più il 9 in condotta e la promozione dei 14enni  nonostante i pallini sparati ,o la prodezza e lo sfregio verso la vita in nome di qualche soldo, di un’ effimera notorietà  fatta di  like e punito ad oggi, 23 giugno, solo con i domiciliari?

 

 

IL SOCIO, IL COMPLICE E IL GONZO: FENOMENOLOGIA DELLA RESPONSABILITÀ BERLUSCONIANA


IL SOCIO, IL COMPLICE E IL GONZO: FENOMENOLOGIA DELLA RESPONSABILITÀ BERLUSCONIANA

Finiti i coccodrilli agiografici o gli elenchi puntuti di tutti i danni da lui provocati, potremmo iniziare una valutazione più sobria della figura politica di Silvio Berlusconi. Non potremo certo aspettarci ricostruzioni convergenti o un consenso sostanziale. La sua figura è stata divisiva e lo sarà in futuro. Ma c’è, paradossalmente, un punto condiviso sia dalle analisi adulatorie sia da molte ricostruzioni critiche: il presupposto scandaloso, ma ovvio e ripetuto, che Berlusconi avesse capacità sovraumane. Che si trattasse di un individuo fuori dal comune non vi è dubbio. Ma il paradosso sta nel fatto che valutazioni diametralmente opposte condividono l’idea che lui, lui solo, sia riuscito a manipolare gli italiani o a carpirne il segreto, a costruire un incredibile consenso volontario o a fare il lavaggio del cervello a milioni di italiani. Frutto di un incredibile carisma, di enormi mezzi economici, di grande fortuna, intuizione e anche di errori altrui, la quasi onnipotenza berlusconiana è stata l’assunto di molte analisi, entusiaste o rassegnate del suo periodo d’oro.

Eppure, a ben vedere, questo assunto è tanto falso nei fatti quanto fuorviante politicamente. Falso perché, per quanto potente e pieno di risorse, il genio del male (o del bene) non può mai operare da solo, ma può agire solo grazie a collaboratori, fiancheggiatori e a un pubblico che più o meno lo accetta. Fuorviante, perché nel decretarne l’onnipotenza si esonerano tanti soggetti dalle proprie responsabilità storiche e politiche oggettive.

L’errore di questo assunto è stato aggravato dal lavorio di riabilitazione in vita di Berlusconi: negli ultimi anni si sono sprecate espressioni come “padre nobile del centrodestra”, “statista”, moderato tra gli eccessi dei populisti. Formule false poiché, come è noto, l’attuale populismo è stato non solo sdoganato da Berlusconi ma anche largamente anticipato da tutte le sue maschere. L’effetto malefico di queste riabilitazioni ha anche creato una sorta di pantano culturale e politico in cui la grandezza della sua figura (indubbia) è stata pompata di fronte alle sue colpe. La costruzione in vita e, facile profezia, post mortem della sua genialità politica sta avendo un effetto terribilmente deresponsabilizzante. Come se la cifra giullaresca e criminale del non volersi mai assumere le responsabilità delle proprie azioni, emblema comune di Berlusconi e del peggio degli stereotipi italici, sia una delle sue eredità più insidiose.

Ma è evidente che tutto ciò che ha fatto (e non ha fatto) Berlusconi ha potuto farlo con l’aiuto diretto, indiretto o inconsapevole di milioni di persone. È quindi giunto il momento di parlare delle responsabilità storiche di chi ha contribuito in varia maniera al trentennio berlusconiano. La ricostruzione, lungi dal voler stilare una lista di proscrizione, può servire per vedere chiaramente i diversi livelli di responsabilità e poter ripartire da un punto storico. Il tentativo di incasellare le varie figure arcinote o sconosciute, il sottobosco dell’entourage o l’anonimo sostenitore, non può che essere largamente impreciso. E, in piena coscienza di un tentativo impressionistico, vale la pena di tentare una mini-fenomenologia in chiave poliziesca. Le figure variopinte di una truffa collettiva hanno i ruoli arcinoti dei soci, dei fiancheggiatori, degli adescati e degli inseguitori incapaci.

 I complici

La prima, ovvia ma non sempre ricordata, responsabilità è quella di chi ha fatto affari con lui, di chi ne ha beneficiato direttamente, di chi ha risposto apparentemente con convinzione ai suoi ordini. Soci, dipendenti e affiliati, politici e aziendali. Compagni di ventura e clientes in cerca di favori, hanno nomi noti e meno noti, in la responsabilità collettiva come antidoto per cuori solitari, parte vivono e lottano insieme a noi (o meglio, contro di noi). Di queste persone in molti casi si è occupata la magistratura con alterne vicende giudiziarie. Ma oltre alla responsabilità penale, di queste persone si dovrà ricordare la responsabilità materiale e la diretta implicazione in disastri collettivi (leggi ad personam e sforamento del debito pubblico) o in farse tristi (il voto del parlamento su Ruby e altre amenità).

I fiancheggiatori

Pur non avendo dipeso direttamente dai suoi favori e dal suo potere, in molti lo hanno giustificato, legittimato e difeso indirettamente. Sostenendo che sì, ci sono ancora i comunisti, che Berlusconi ha promesso la rivoluzione liberale, che non si deve demonizzare il nemico politico, che i problemi sono ben altri, che non bisogna moralizzare la politica. Come emblema insidioso di questa figura, si staglia la posizione di molta stampa terzista che ha legittimato come plausibili le storie più evidentemente false (su tutte, la mitica rivoluzione liberale). Per spirito di parte, come la gran parte del ceto imprenditoriale italiano, o per partito preso contro la sinistra, i fiancheggiatori hanno responsabilità culturali e indirette notevoli, anche quando non ne hanno tratto vantaggi diretti.

Gli adescati

Milioni di elettori comuni lo hanno convintamente votato pensando genuinamente che la sua vittoria li avrebbe avvantaggiati, e che avrebbero potuto, nel loro piccolo, essere come lui (soldi, donne, calcio, immunità). Questa categoria è stata la più bistrattata e incompresa, giudicata moralisticamente come irriducibilmente egoista, o come un branco di pecoroni pienamente abbindolati dalla propaganda implicita di Mediaset. Nel presupporne l’incapacità di intendere e di volere, se ne è implicitamente decretata la non responsabilità morale e politica. Ma si dovrebbe poter dire, senza alcuna presunzione, che anche tutte queste persone sono, in quanto elettori e sostenitori, responsabili dei disastri materiali e politici dell’era berlusconiana. La responsabilità collettiva degli adescati consiste nell’aver imposto a tutti una truffa collettiva, dovuta all’abbaglio continuativo di milioni di persone che hanno pensato di poter beneficiare di promesse mirabolanti pur essendo le prime vittime delle politiche berlusconiane (sul fisco, la scuola, la sanità, etc.). Non si sta dicendo che gli adescati hanno sbagliato perché non hanno votato a sinistra. La sovranità popolare è sacrosanta anche quando comporta esiti collettivi sbagliati. Piuttosto, la responsabilità degli adescati è stata quella di sentirsi rappresentati da qualcuno che non ha fatto altri interessi che i propri, tirando in basso tutto il livello della politica italiana e le aspettative condivise su ciò che è ammissibile in politica.

Gli inseguitori incapaci

Infine, bisogna parlare della responsabilità di chi è stato avversario politico e culturale di Berlusconi. Una vulgata degli ultimi anni addita la sinistra come responsabile di ogni attuale miseria italica (“la gente vota a destra perché la sinistra ha fallito”, e così via). Le effettive incapacità di rispondere a problemi reali o di comunicare il poco di buono che ha fatto rendono almeno in piccola parte la dirigenza della sinistra responsabile della stagione berlusconiana. Una responsabilità per non essere stati all’altezza della posta in gioco e per non aver tirato le conseguenze dei propri fallimenti. Ben diversa dalle responsabilità dirette, indirette e materiali, non può dar luogo a condanne o scomuniche ma avrebbe dovuto essere sanata da una collettiva opera di dimissioni da incarichi di potere.

La responsabilità collettiva come antidoto

Parlare di responsabilità collettiva verso un fenomeno così diffuso e controverso può sembrare scivoloso e controproducente. Ma credo sia l’unico antidoto contro due errori storici e politici. Il primo, già accennato, è presumere che Berlusconi sia stato il genio che ha estorto il consenso a una massa di persone inerti e indifese. Il secondo, è il discorso cerchiobottista che, nel ridimensionarne le colpe e nell’ingrandirne i meriti, nasconde i ruoli di chi variamente ha contribuito al suo perdurante successo. Il riconoscere l’ampiezza ma anche il diverso peso delle responsabilità è l’unico antidoto contro la tendenza autoassolutoria verso la massa (Berlusconi invincibile seduttore) ma anche verso i fiancheggiatori, secondo i quali l’attribuzione di responsabilità diffuse non può che portare all’indulgenza plenaria.

Chi non rientra in queste categorie non può certo cantare vittoria. E non è il caso di reclamare inutili patenti di purezza. La comprensione delle responsabilità serve innanzitutto per ripartire da una situazione in cui l’eredità berlusconiana sembra inevitabile.

Pensando all’ultimo periodo del potere pieno berlusconiano possiamo ricordarci della famigerata “macchina del fango”. E il fango o, meglio, la melma, è stata la sostanza che ha pervaso la vita politica italiana per molti anni, e forse lo fa ancora. Regno dell’indistinto appiccicoso e sporco, la melma attacca tutti. Ma c’è una bella differenza tra chi ha prodotto e chi ha distribuito melma. Tra chi l’ha benedetta come sacra e chi l’ha accettata. Tra chi ci ha sguazzato e chi soltanto non è riuscito a liberarsene.

(Tratto Da La Valigia Blu)

 

 

IL “VIRUS” BERLUSCONIANO


IL “VIRUS” BERLUSCONIANO

Morto Enrico Berlinguer, tutto finì in poco tempo.

I comunisti sparirono assorbiti dal berlusconismo più schifoso.

Morto Silvio Berlusconi, il suo virus “malefico” durerà ancora per 50 anni,

Certo, ci sono gli eredi, in senso politico, figli e figliastri della peggior specie, vedi la Destra i oggi, con la Meloni in testa a fare da apripista per un’Italia alla deriva.

Dove andremo a sbattere?

Nessuno lo sa.

Per ora non c’è che temere il peggio.

Con il virus berlusconiano che continuerà a inquinare la testa degli italiani, supposto che ce ne sia rimasto almeno un frammento.

 

CORIANDOLINI E BANDIERINE


CORIANDOLINI E BANDIERINE

Se nel fine settimana avete scritto gay pride su Google, vi si apriva la schermata con coriandolini e bandierine. Tutto colorato e tutto in formato gif. Suggestivo da vedere, non c’è dubbio.

Sapeva di carnevale a giugno. Perché,  nulla contro le manifestazioni e nulla contro l’omosessualità e tutti i suoi diritti, ma tutto contro il grottesco.
Ovunque e in tutto il mondo.

Oggi a riflettori spenti, ho una certa convinzione che non sia più il tempo di esuberanze al limite del ridicolo, ma sia arrivato giustamente il momento di dimostrare che la comunità Lgbtq+ ha acquisito spessore e dignità.

Proprio per non dare la ragione in pasto alla destra definita reazionaria e tacciata di omofobia.

Nel marasma infernale e variopinto, fra palloncini e bandiere, si gongolavano gli organizzatori, mai vista tanta gente così, siamo più di un milione, dicono.
Forse effettivamente non un milione, ma erano sempre tanti.

Su uno dei 35 carri sedeva Emma Bonino e Riccardo Magi.
C’era anche Roberto Gualtieri che manifestando dall’alto del suo carro si dimenticava e si dimentica  delle immondizie a terra a Roma.

Non poteva mancare Elly Schlein secondo cui  il Pd è sempre per la tutela e la promozione dei diritti.

Innegabile, i diritti innanzitutto, che sono le fondamenta su cui deve poggiare una società.
Ma come glielo si spiega questo tripudio buffo e stravagante agli italiani che faticano ad arrivare a fine mese, che non trovano lavoro e  con la sanità allo sfascio ?

Non è che, ancora una volta, si serva sul vassoio d’argento alla destra la concreta pochezza del partito d’opposizione  che dovrebbe risorgere da un lungo sonno ormai storico?

 

STRAPUNTINI UTILIZZATI COME ESCHE


STRAPUNTINI UTILIZZATI COME ESCHE

Eh si!!! Proprio nel giorno della festa della repubblica, il 2 giugno scorso, il Comitato ristretto della Commissione Affari costituzionali del Senato ha licenziato il disegno di legge che in sedici articoli resuscita le Province.

Il governo Renzi le aveva eliminate nell’ottica di una semplificazione della struttura organizzativa dello Stato e di una riduzione dei costi della politica. Purtroppo, il mancato ok al referendum del dic 2016 mandò a monte quell’obiettivo.

Quale occasione migliore, con il nuovo governo di destra, per ripristinare le province!?!?!? Per farlo bisognerà rimettere a bilancio le spese necessarie a tenerle in piedi (circa 300 milioni di euro). Ma questo è niente di fronte alla possibilità di avere a disposizione 3.000 posti elettivi che visti così, nudi e crudi, assomigliano ad altrettanti posti utili da assegnare ai fedelissimi per aumentare il consenso locale. Strapuntini utilizzati come esche per nuovi signori delle tessere e compensare tutti i trombati che sono rimasti fuori, ad esempio, dal Parlamento, dai consigli regionali o dallo spoil system delle partecipate. E visto che si parla del prossimo anno, anche dal consiglio europeo. Prima di allora, stanti i numeri in parlamento quel disegno di legge diventerà legge.

Non c’è che dire: il sistema politico italiano fa sempre più schifo. C’è posto solo per l’intrallazzo. Nulla è cambiato sotto il cielo di Roma, dall’epoca precristiana e prima ancora.

 

 

COLPEVOLE?


COLPEVOLE?

Era sicuro di aver agito nel giusto il 22 aprile 2017.

Da vent’anni indossava la divisa di guardia giurata e con i criminali era abituato ad averci a che fare.

In quella maledetta notte si trovò nel mezzo di quattro rapine a bancomat.
I carabinieri , avvisati dalla centrale, riuscirono  a intercettare i banditi e li inseguirono.
Lui all’improvviso se li vide spuntare davanti . Fermò l’auto di traverso sulla strada per bloccarne la fuga. Mentre la macchina dei malviventi cercava di speronarlo, contro di lui partirono dei colpi di arma da fuoco a cui il ranger rispose.

Tre spari verso i malviventi e ci scappò il morto.

Passano sei anni, tanti, tantissimi, per chi giorno dopo giorno deve convivere con il peso dell’azione compiuta e con il peso delle sentenze che arrivano puntuali e perentorie: colpevole, non si attenne al regolamento e non c’è prova di legittima difesa.

E giustizia è stata fatta. Oggi dunque il delinquente è lui, la guardia giurata: finirà in carcere per 9 anni e 6 mesi.

Massimo Zen ancora non riesce a rendersene conto e intanto abbraccia il figlio, compra le crocchette per i suoi cani e trascorre momenti eterni con la compagna mentre conta le sue ultime ore di libertà.
È preoccupato, certo, ma soprattutto è deluso.
Deluso dall’azienda che l’ha licenziato, da chi dopo avergli promesso solidarietà l’ha dimenticato e dalla giustizia che secondo lui non c’è stata, anzi fa sapere:

              ” Considerando le leggi che ci sono in Italia oggi mi girerei dall’altra parte”

 

Riuscite a dargli torto?