STORIA SEMISERIA DI CHI NON CI HA FATTO SOGNARE


STORIA SEMISERIA DI CHI NON CI HA FATTO SOGNARE

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Una squadra di potenziali leader. L’uscita dal gruppo Pd di Civati fa pensare a tutti quei politici, ora marginali e impotenti, di fronte a chi li ha sconfitti, ma che hanno avuto un momento di gloria in cui sembravano “l’alternativa”. Quasi sempre sono rimasti vittime di se stessi. Da Civati al maestro Fausto Bertinotti, storia semiseria del velleitarismo della sinistra più chic che radical.

Pippo Civati esce dal gruppo parlamentare del Pd. Lo sappiamo, il tipo è impulsivo: solo per questo passo ci ha messo due anni. Belloccio, brillante, pieno di buone intenzioni e anche con un certo rigore. Sembrava lui il fenomeno quando alla prima Leopolda, affiancava Renzi. Un talento, uno su cui puntare. Destinato a un’aristocratica irrilevanza per un cumulo di decisioni sbagliate, di piccole grandi paure, di sopravvalutazione mediatica e politica del suo peso. Da parte di tutti.

Vedendo Civati, vengono in mente i tanti leader minimi della sinistra italiana che hanno fatto sognare il popolo progressista. Per quei quindici minuti che hanno permesso a qualcuno di votarli, di esaltarsi in una manifestazione organizzata, di volantinare per le consultazioni politiche che li avrebbero incoronati, per mordersi poi il fegato quando sono stati fregati dai babbioni della vecchia politica. Una squadra di calcio del “vorrei ma non posso” o “potrei ma non voglio”. Vittime soprattutto di se stessi, ma anche di chi non ha esitato a passeggiare sulle loro ambizioni.

1. Fabrizio Barca. Uno di quegli abbagli che solo la sinistra borghese, quella che lo è mentre sfrutta i propri operai peggio di un Ceo delle corporation americane, sa prendere. Privo di un vero carisma, con lo sguardo sempre perso verso un orizzonte in cui finisce la prosa del suoi programmi-rivoluzioni di carta, più simile alle interviste impossibili del “Mai dire gol” di un tempo che ai comizi dei leader veri. Lo hanno spedito a monitorare i circoli di un Pd devastato dalla morte della politica e da Mafia Capitale. Elegantemente velleitario, è crollato prima di diventare una speranza.

2. Nichi Vendola. Gabriele Oriali ha vissuto una  vita da mediano. Nichi da mediatico: sempre in sella, sempre da perdente di successo. Solo in Italia uno che inanella sconfitte persino in casa  – nella Rifondazione Comunista che affondava pensarono bene di allearsi le minoranze più disparate per preferirgli Paolo Ferrero – riuscendo solo a sconfiggere, nella sua Regione, uno più perdente di lui, Fitto che temeva Divella e Boccia, può mantenere una fama come la sua. La cosa  migliore che ha fatto per l’Italia è stata la politica culturale pugliese e l’essere stato imitato da Checco Zalone. La peggiore quella di aver ucciso la sinistra, riassumendo in sé sogni di riscossa che non era pronto a cavalcare. Poeta, anche lui con una prosa che va ben oltre quella zeppola che ormai amiamo, molto empatico. Ma straordinariamente evanescente. Impossibile non amarlo, suicida votarlo per anni. Mister tre per cento è il maestro della sintesi politica estrema, opposta alla sua prolissità verbale: a ogni elezione si diluisce e annette qualcos’altro. Arcobaleno, Tsipras, il Pd. Però poi magari rinnega Gennaro Migliore che affronta con realismo e coerenza questo viaggio, senza credere ancora in una sinistra che prende più voti nei quartieri ricchi che nelle periferie. Un giovane vecchio mai maturato. Un Peter Pan brizzolato e in guerra con le esse e le zeta. Da sempre schiavo della narrazione.

3. Marco Furfaro. Ecco, lui di rimpianti non può averne tanti. Se non quello di essersene stato buono mentre gli camminavano sopra con gli scarponi da montagna. Under 35 che da anni fa politica con passione e vivacità, capace di prendersi una bella e qualificata vagonata di voti alle ultime Europee, dopo tanto tempo passato a far legna, si è visto sopravanzare da Barbara Spinelli. Figlia di Altiero, giornalista che nobilmente disse “mi candido con Sel, ma non andrò a Strasburgo”. Da figlia di cotanto padre, allora mancò di rispetto all’istituzione che il genitore contribuì a far nascere. Da eletta, pensò bene di operare un ridicolo voltafaccia con cui, alla fine, al Parlamento Europeo, andò. Fregando proprio il buon Furfaro, tra i pochi candidati spinti da un certo entusiasmo popolare. La lista Tsipras (Sel e soci) seppellì, con il suo siluramento, le sue residue velleità di rappresentare una minoranza davvero radicale. Dimostrandosi solo inquilina delle terrazze chic, di quelle che ha saputo raccontare Ettore Scola. Furfaro, non reagendo con rabbia e decisione, sotterrò la possibilità di crescere e sfruttare la disavventura a suo favore.

4. Pippo Civati. Morettiano (nel senso di Nando non di Alessandra), nel suo “mi si nota di più se non vengo, o se vengo e rimango in disparte?”, è capace di stordirti con un post sul suo blog e di disperdere un patrimonio di consensi trovato tra congresso e primarie, in un abbandono, un tira e molla che neanche Booke e Ridge in Beatiful. Per spiegarti che è uscito dal gruppo, sente il bisogno di tirare in ballo la teoria delle stringhe e dei mondi paralleli, così da giustificare le sue acrobazie impercettibili.  Il tutto con la necessità di interpretazioni autentiche di filologi particolarmente preparati. Il ragazzo si impegna, è bravo, ma essere stato superato e doppiato da Renzi lo ha distrutto.

5. Sergio Cofferati. Lui è un genio vero. Autolesionista con brio. Capace di diventare un simbolo della lotta all’art.18 dopo essere stato in un’estate degli inizi degli anni ’90 uno dei controfirmatari di tutti quei contratti atipici che hanno reso precarie almeno due generazioni. Dopo quel 23 marzo 2002, tutto sembrava possibile per l’eroico cronometrista della Pirelli, il paese è ai suoi piedi. Le donne progressiste lo trovano persino sexy. Lui, come molti prima e dopo di lui, si fa fregare da D’Alema e soci, facendosi spedire a Bologna a fare il sindaco. Diventerà una sorta di sceriffo e finirà, quest’anno, per perdere le primarie in Liguria e a protestare, gridando ai brogli, per poi uscire dal Pd.

. Maurizio Landini. Sindacalista anche lui, abbastanza moderno da uscire dall’ossessione per i contratti a tempo indeterminato e i diritti acquisiti che hanno tutti i suoi colleghi. Uno che il precariato l’ha per lo meno studiato  e capito. Unico vero avversario di Renzi, capace di parlare in tv, con un’oratoria e una capacità di rivolgersi a pancia e cervello della gente, niente male. Il problema è che è convinto che la sua efficacia in talk televisivi logori, possa essere tradotta  in consenso elettorale. Pensa a “Coalizione sociale”. Un nome così brutto è destinato al fallimento, ce lo racconta già il crollo di Ingroia, che si intuì fin dal momento in cui si inventò “Rivoluzione Civile” . Già, perché i leader minimi – Landini è stato battezzato con un misero 2% saggiando nei sondaggi di fronte alla sola eventualità di una discesa in politica – hanno un grande talento: scegliere i nomi, ai loro movimenti, di rara bruttezza. Il suo momento più alto? Le felpe con su scritto FIOM: idea rubata a Lapo e contesa da Salvini. Tanta roba.

7. Antonio Ingroia. Magistrato. Politico. Esule in Centro America. No, scherziamo, ci si è mandato da solo a quel paese, in Guatemala, per poi non andarci dopo averci spiegato perché doveva andarci assolutamente. Sì, un po’ come la storia di Walter Veltroni in Africa. Ha ripiegato su Aosta e, dopo la decadenza, su Trapani, come commissario della Provincia su incarico di Crocetta. Allora, ricapitoliamo: ha combattuto la mafia. Fino a processi così temerari, come quello sulla Trattativa Stato-Mafia, da consigliarli un “buen retiro” in politica, dove Fatto Quotidiano e giustizialisti vip, lo aspettavano a braccia aperte. Ha combattuto per un’Italia migliore. Per qualche mese, fino a elezioni disastrose. Poi è diventato avvocato delle vittime della strage di Via dei Georgofili, parte civile in un processo in cui era già stato coinvolto come magistrato. Incarico per cui ha subito una revoca. Praticamente un Superman con la kryptonite sempre in tasca. Capace di sbagliare tutto senza neanche accorgersene.

8. Fausto Bertinotti. Forse il padre, se non il nonno, di tutti questi campioni. Di sicuro il capitano, il punto di riferimento, colui che ha saputo inventare la tipologia del “leader minimo”. Salottiero e raffinato, con il difetto di pronuncia necessario  e una tendenza alla supercazzola di classe, soprattutto in tv. Ha ucciso la sinistra, il centrosinistra, i postcomunisti, i no global e anche due, tre premier, se non statisti, troppo ottimisti sulla sua tenuta al governo. Un situazionista, un  artista, uno che è entrato nella Storia riuscendo a fare persino il presidernte della Camera dei Deputati. Sognava il comunismo, la rivoluzione delle masse, ma l’unico che ha giovato del sole dell’avvenire, è lui stesso. Ma almeno lui un bel po’ di voti, li ha presi. Lui leader vero non è mai diventato per scelta: capiva che era più divertente il ruolo del sabotatore brillante.

9. Renato Soru. Uno tsunami. E non perché sia travolgente, piuttosto per le sue capacità distruttive. Lo si è accolto come un Ross Perot italiano, come un Bloomberg progressista. Imprenditore di successo nell’economia 2.0, è riuscito a diventare un  Re Mida al contrario. In  Sardegna ricordano l’era del suo “regno” con terrore, una sua sconfitta ha privato il centrosinistra del capo migliore avuto negli ultimi anni: Walter Veltroni, che rassegnò le dimissioni proprio per la disfatta sarda, il cui progetto poi è stato percorso, a modo suo, da Matteo Renzi. Non contento, dopo aver dato un colpo mortale alla sinistra, si è preso uno dei suoi simboli, l’Unità. Un disastro anche lì. Alla fine, ha chiuso. E la sua Nie, fallendo,  neanche ha difeso i giornalisti che ora si ritrovano le case pignorate per le querele in cui nessuno veniva pagato per andare a difendere gli imputati. Soru fa sembrare Bersani un  uomo fortunato e di successo.

10. Luigi De Magistris. Magistrato. Eccone un altro. Poi politico e sindaco decaduto e poi tornato in sella, è uno di quelli che ama il ruolo di caudillo, tutto oratoria verace e nemici veri e immaginari. Adora i proclami e dipingersi come accerchiato, è stato uno degli eroi della rivoluzione arancione. Sì, quello splendido movimento che avete capito cosa fosse quando già i sindaci che avevano conquistato le grandi città, vi annoiavano a morte. Proprio quella. Ma dare in Italia un colore a un movimento, è il primo sintomo dell’irrilevanza: dal popolo viola agli arancioni, è difficile trovare qualcosa di abbinabile, si sa, alle tonalità della politica italiana che incontra la società civile, per cannibalizzarla. A Napoli ha provato anche a migliorare le cose, ma con una città in default era difficile. Ora prova a rimodernare il San Paolo con De Laurentiis. Le sue speranze di rielezione sono affidate a questo. E all’Europa League. Nel capoluogo campano, ormai, lo amano quanto il portiere Rafael Cabral. Ma lui ci spera comunque.

11. Pancho Pardi. Chi? Eh, lo sappiamo, anche noi abbiamo faticato a ricordare. Dietro Nanni Moretti a San Giovanni, quando un milione e rotti si erano visti per il Girotondo, un altro di quei movimenti che hanno illuso la sinistra, in questo caso era la volta del vento rivoluzionario della società civile: un’entità che in Italia, di solito, va tradotta in demagogia mascherata, non essendoci né società né civiltà, c’era lui. Uno che è la fotografia del velleitarismo dei leader minimi: movimento studentesco del 1968, fino al ’72 in Potere Operaio, poi una pausa politica  e tanta università fino ai Girotondi, Palavobis e Italia dei Valori. L’unica cosa davvero rivbelle, in lui, è la capigliatuira. Struggente nel suo antiberlusconismo.

(Liberamente tratto da un articolo di Boris Sollazzo del 6 maggio 2015 su Giornalettismo.com)

22 Risposte

  1. Spera sei ” in grande spolvero” come si dice a Bologna !

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    1. Carissima,
      alé, bellissima espressione bolognese.
      Grazie. Un abbraccio.

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  2. Uno che ha fatto “sognare” gli italiani, c’è stato! Per quasi 20 anni! Figurati che nel momento più nero per il Paese, lui vedeva ristoranti pieni e aerei diretti verso mete esotiche, altrettanto pieni! Alla fine, però, s’è visto bene quanto è costato agli italiani “sognare”!

    Oggi, indubbiamente, ce n’è un altro che fa “sognare”, degno figlio di quella “berlusconizzazione” del Paese che portata avanti con dovizia scientifica, ha reso gli italiani quello che sono. La maggioranza, almeno!

    E qua, mi riallaccio alla tua replica al commento da me lasciato nel precedente post, quando affermi che “…continuiamo a puntare il dito contro quella minoranza di sinistra perché non deve diventare una riserva indiana, ma sforzarsi di cambiare atteggiamento, idee, e fare proposte innovative e non solo critiche…”

    A parte il fatto che se uno vuole vivere in una “riserva indiana”, non capisco che cosa possa interessare alla “maggioranza” entusiasta dello stato di fatto e vincente.

    Ma a parte questo, Spera quale sarebbero le “proposte innovative”? Un Senato della Repubblica abolito? Un altro Senato composto da nominati di cui non si capiscono funzioni e scopi? Una Repubblica Democratica che da parlamentare si trasforma in presidenziale? Una riforma del lavoro che priva i giovani delle tutele e garanzie costituzionali? Una riforma della scuola che attribuisce ad un “preside” potere di vita e di morte sul corpo docente? Candidati del Pd che sono talmente impresentabili, da fare vergognare anche uno forte di stomaco?

    Fammi capire Spera, cosa c’è di “innovativo” in ciò che sta facendo questo pseudo Governo di centrosinistra?

    E poi, e concludo, ma chi ti ha detto che la “minoranza” non fa proposte? Semmai, è Renzi che per troncare le gambe alle opposizioni (leggasi, non sentire ragioni) ha fatto ricorso al voto di fiducia anche per leggi costituzionali come la legge elettorale! Non c’è un provvedimento di questo Governo che non sia stato sottoposto a voto di fiducia! Ma che ti vuoi proporre?

    Comunque, guarda, i risultati delle politiche che stai sostenendo sono sotto gli occhi di tutti, proprio oggi: l’affluenza alle urne per questa tornata di regionali (più alcune comunali) è ulteriormente calata. Poi che possa vincere ancora il Pd, conta poco! O meglio, conterà per quel 20-25% di italiani che l’ha votato… perché sono propensi a sognare!

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    1. Carissimo Carlo,
      mi riferivo a quella parte di gente che si definisce sinistra. Sono quelli da cui mi aspetto di sognare, finalmente, una bella vittoria.
      E invece. ci si rintana sempre sulle solite cose. Ci speriamo, io per esempio, stimavo molto Barca, ho anche tentato di leggere i suoi programmi, ma per la verità non c’ho capito niente.
      Mi piaceva Vendola, quando vinse alla Regione Puglia, per come si esprimeva, lo trovavo (e lo trovo tuttora) un poeta, ma del tutto non cresciuto in politica.
      Anche Landini, i primi tempi, poi quando ha cominciato a capire che poteva anche diventare un politico, ha attivato tutta una polemica che, almeno a me è diventato insopportabile.
      Ho ammirato la Camusso, finalmente una donna ai vertici del più grande sindacato del paese, ma è diventata una delusione già prima di Renzi, perché tutto quello che è riuscita a fare è stato “aprire dei tavoli”. Andava a nozze quando c’era Bersani, ma poi che ha concluso, che non ha fatto fare neppure un’ora di sciopero contro la legge Fornero.
      Ma più di tutti è stato Bertinotti, il salottiero, che mi ha deluso, mentre ho apprezzato Mussi, o Cesare Salvi.
      Lascio a tutti la convinzione che in queste ultime elezioni regionali, il Pd abbia perso, pur vincendo in cinque regioni su sette. Ognuno mette i numeri dove vuole, ma se si dipingono di rosso le Regioni dove governa il Pd, si ha un risultato attuale di 17 a 3. Mi correggo: 15 a 5 perché le province di Trento e Bolzano e Aosta, non sono regioni. Se questo significa perdere, non so cosa significa per gli altri vincere.
      Ciao Carlo. Un abbraccio Spera.

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  3. GRANDI maestri del distrugge
    PD= collusi
    un saluto

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    1. Carissimo Gile
      poche, semplici parole.
      Le ho capite perfino io.
      Un saluto. Spera.

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  4. L’elenco sarebbe molto più lungo, ma per carità di patria, lasciamo perdere e diciamo: Matteo stai sereno!

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    1. Carissimo,
      arriverà presto anche il suo turno di “stare sereno” visto che, almeno stando ai vari commentatori, è un perdente.
      Sono curiosa di sapere chi prenderà il suo posto.
      Ciao, un abbraccio. Spera.

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  5. Non ti preoccupare Spera la nostra “sinistra chic e radical”, per ricordare il grande Enzo Tortora, se le elezioni si potessero equiparare ad un esame d’urina sarebbe considerata TRACCE!

    E per continuare più dolcemente per farti sorridere … Una citazione di una famosa poesia di William Butler Yeats (1865-1939), tratta dalla raccolta «Il vento e le canne».

    Se avessi il drappo ricamato del cielo
    intessuto dell’oro e dell’argento e della luce
    i drappi dai colori chiari e scuri
    del giorno e della notte
    dai mezzi colori dell’alba e del tramonto
    lì stenderei sotto i tuoi piedi
    Invece, essendo povero, ho soltanto sogni
    e i miei sogni ho steso sotto i tuoi piedi…
    Cammina leggera, perché cammini sui miei sogni

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    1. Carissima,
      davvero bella questa poesia. Grazie.
      Anch’io mi sento povera, ma piena di sogni e mi dispiace quando qualcuno fa di tutto per rompere questi sogni.
      Un abbraccio.

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  6. Io mi ritengo di centrosinistra, però credo che questo governo (da Giovanardi e Formigoni a Verdini) credo sia di centro, spesso di centrodestra, una specie di nuova DC. Io non mi posso riconoscere nello Sblocca Italia, nell’Italicum e nei metodi nel quale è stato fatto approvare, nella riforma della scuola, che sfiora solo i veri problemi (per esempio non parla di borse di studio, non è ripristinata la possibilità del tempo pieno, non affronta il problema delle università di serie A e B, i finanziamenti sono ancora minimi ecc.); inoltre non posso accettare i continui slogan, quando a oggi sono stati pagati solo i due terzi dei debiti della PA verso le imprese mentre dovevano essere saldati entro Settembre 2014, e annunci vari propagandistici. I renziano non possono stupirsi (mentre è legittimo lo stupore della minoranza a certi comportamenti) se la sinistra dem critichi nuove trivellazioni, inceneritori o il senato inelettivo, proposte mai fatte da Renzi in campagna elettorale per le primarie PD del 2013, quindi riforme mai legittimate e totalmente distanti dal programma di Bersani con il quale e per il quale sono entrati in Parlamento Gotor, Cuperlo, D’Attorre ecc… chi come me che ha degli ideali assolutamente distanti da quelli di Renzi e del suo Governo deve sostenerlo solo per la sigla PD (a mio parere totalmente discriminato)?? questa è una mia considerazione (lo so, non ha niente a che fare, o in minima parte, con l’articolo, e di questo mi scuso) ma rispetto assolutamente i tuoi punti di vista 🙂 Soprattutto ammiro quelli contro Lega e Salvini…

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    1. Capisco le tue perplessità su Renzi e sulla sua politica che, a parere di molti, sembra di destra, o meglio di centrodestra. Ma lui vuole dire addio al berlusconismo e all’antiberlusconismo. Vuole fare capire che gli anni che vanno dal 1994 al 2014 (20 anni) sono finiti. E sono finiti anche gli anni dei girotondi in cui Moretti diceva “D’Alema dì qualcosa di sinistra” e quelli del veltroniano che non voleva mai nominare Berlusconi e lo chiamava il “leader dello schieramento avversario”, ed anche quelli del bersaniano “smacchiamo il giaguaro”: tutte e tre subalterne alla figura del padrone di Mediaset.
      Renzi si trova a operare, in un momento di transizione in cui la seconda Repubblica è morta e la terza non è ancora nata. Così si piega anche la fretta sulla legge elettorale e sul nuovo Senato, per suggellare istituzionalmente il passaggio di fase. Lui ha certamente bisogno di ravvivare il senso di una novità rispetto al passato, e non è solo una questione di narrazione, è un progetto politico generale.
      I più critici e più acrimoniosi sostengono che Renzi vuole annullare le differenze fra gli schieramenti e teorizzano la continuità fra Berlusconi e Renzi, ma a Renzi non interessa di dare un giudizio su Berlusconi, gli interessa di più oltrepassare la stagione della sua egemonia. Sorpassare l’egemonia di Berlusconi è sempre stato il sogno del Pd, e quindi nel lavoro di Renzi, ora non vedo un Pd snaturato, ma semmai rafforzato.
      Quando Renzi ripete (e lo fa spesso) che, malgrado le legittime contrapposizioni politiche, “si deve lavorare tutti insieme per il bene dell’Italia”, esprime un concetto che, da una parte, recupera il senso nazionale dell’impegno di tutte le formazioni politiche, come fu nei momenti cruciali della storia repubblicana e dall’altra probabilmente allude ad una visione meno conflittuale della politica.
      Bisogna anche tenere conto che la visione del premier è tutta dentro lo schema classico del bipolarismo: chi vince governa e chi perde sta all’opposizione e si prepara a prenderne il posto. Per cinque anni l’opposizione fa le sue battaglie ma non si mette di traverso.
      Adesso, invece, assistiamo addirittura a cose mai viste, ci si mette di traverso anche contro il proprio partito che governa. E io credo che coloro che si comportino così non abbiano capito né Renzi, né il progetto politico e neppure che stiamo finalmente sorpassando e lasciandoci alle spalle un’era berlusconiana che non ha portato niente di buono a questo paese. In più dobbiamo ricordarci che Berlusconi ha sempre governato con la Lega, il peggior disastro politico nato 30 anni fa e che ancora vive a scrocco sulle disgrazie della gente.
      Un abbraccio.
      Spera

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      1. Ma superare il berlusconismo non può significare concludere ciò che lui non era riuscito a fare e non aprire un’era a sinistra, ma proseguire quella di centrodestra… poi sul fatto che Renzi faccia il bene del Paese ho moltissime perplessità, le aspettative erano ben altre…

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        1. Carissimo,
          il mio è solo un commento, ma una sinistra, come tu la vorresti, non c’è mai stata in Italia. Non c’era prima di Berlusconi, non ha vinto Berlinguer, e da quando il popolo ha scelto l’antipolitica nella persona dell’affarista di Arcore, tutto quello che l’opposizione ha prodotto, è stato un antiberlusconismo perdente. L’abbiano constatato anche con le elezioni semiperdute del 2013. Il Parlamento di oggi è lo specchio di quella sconfitta. Dobbiamo cambiare lo stato delle cose e forse qualcosa di buono si riesce a combinare. Se fosse per me, dovremmo tornare a votare il più presto possibile.

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          1. Ok, cara Spera, allora per ora vediamo il lato condiviso, siamo entrambi contro Salvini e non demagogici 🙂

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            1. Carissimo,
              sì, pienamente d’accordo e complimenti per quello che hai scritto.
              Ti ho inserito tra i preferiti, così vengo a trovarti facilmente.
              Un abbraccio
              Spera

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    1. Grazie,
      un bellissimo articolo che avevo già inserito nella mia piccola raccolta personale degli articoli che mi piacciono di più.
      Spero che lo apprezzino anche i lettori.
      Ciao. Un saluto.

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